Valvitalia: la progressiva rinascita di un campione industriale italiano

di Laura Magna ♦︎ L’azienda fondata da Salvatore Ruggeri e controllata al 75% da Cdp è un leader internazionale nel settore delle valvole per oil & gas. Dopo anni di difficoltà, sta tornando agli antichi fasti. Grazie a un piano basato su ricapitalizzazione e diversificazione in settori promettenti, come l’idrogeno e la CO2 capture. Parla l’amministratore delegato Andrea Forzi

Sistema di metering prodotto nel quartier generale di Valvitalia

Valvitalia, caduta e rinascita di un campione industriale italiano in un settore strategico: le valvole per l’oil & gas. Bastonata dalla pandemia e dalla crisi delle materie prime, nonché da varie difficoltà precedenti, la società fondata da Salvatore Ruggeri sembra ora tornata agli antichi fasti. Grazie a un piano di rilancio approvato nel 2022 che oggi sta mostrando i primi frutti. «Le trattative con i soci e tutti gli enti finanziatori sono durate un anno ma hanno consentito di rinegoziare il debito e reperire le risorse finanziarie necessarie ad accompagnare il piano industriale al 2027», dice a Industria Italiana Andrea Forzi, manager di lungo corso nel settore dell’energia, con esperienze in colossi globali, nominato a maggio 2022 per guidare il risanamento di un’azienda che resta tra i maggiori produttori al mondo di valvole per l’oil & gas. Valvole altamente tecnologiche, di grandi dimensioni e a forte valore aggiunto che sono un plus dell’industria italiana in un settore che vale 3 miliardi di euro. Valvitalia ha diversificato negli anni nei raccordi per il settore dell’energia e nei sistemi antincendio per i settori navale e ferroviario: oggi ha 8 stabilimenti tra cui il quartier generale a Rivazzano del Garda, nel pavese, altri 4 in Italia, uno in Cina, uno in Gran Bretagna e l’ultimo in Canada. 

Dall’ingresso di Cdp, al record di fatturato, alla crisi del Covid

Salvatore Ruggeri, presidente di Valvitalia.

Ma l’azienda ha vissuto vicende alterne nell’ultimo decennio – che hanno portato nel 2013 all’ingresso di Cdp nel capitale in misura paritaria accanto alla famiglia Ruggeri e poi successivamente a ipotizzare una quotazione in Borsa che non è mai riuscita a verificarsi. Nel 2016 l’azienda ha raggiunto il record di fatturato a 440 milioni e poi, nel 2020, un tonfo clamoroso a 196 milioni (con l’Ebitda virato in negativo e con debiti totali per 226,3 milioni, dei quali 105,8 di debito bancario). Un tracollo che è proseguito: nel 2022 i ricavi erano scesi a 118 milioni contro un ebitda a -23 milioni. Il vento poi è di nuovo cambiato: nel 2023 i ricavi hanno registrato una crescita del 36% a 181 milioni e l’ebitda è tornato in positivo a 1 milione, superando anche le stime. Nel corso del 2023, infatti, Valvitalia ha sottoscritto contratti relativi a nuovi ordini per 174 milioni (+3% sul 2022) che spingono il portafoglio ordini a oggi a 240 milioni. «Siamo proiettati per tornare già a partire dal 2024 ai livelli pre Covid – prosegue Forzi – il piano di rilancio ha portato molte novità: un cambio della governance, una discussione fruttuosa con il ceto bancario, una nuova ripartizione delle quote societarie, ma soprattutto ha consentito di far sopravvivere più di 800 dipendenti e di avviare il piano industriale che si basa su cinque pilastri: il mercato e i clienti per far crescere i volumi, l’innovazione di prodotto, l’efficientamento della supply chain , il miglioramento dei processi, l’organizzazione e la valorizzazione delle risorse umane».







Storia di un risanamento: la nuova governance e la rinegoziazione del debito

L’operazione di risanamento è stata realizzata nella forma della procedura di composizione negoziata, un nuovo strumento di risanamento volontario in bonis previsto dal recente Codice della Crisi. L’accordo, siglato a marzo 2023, ha portato Cdpe Investimenti – controllata indirettamente da Cassa Depositi e Prestiti – a salire nel capitale dal 50% al 75% e ha consentito da un lato di appianare il vecchio debito e dall’altro di rifinanziarsi. 

Salvatore Ruggeri, che ha fondato l’azienda all’inizio degli anni 2000, continua a ricoprire la carica di presidente del consiglio di amministrazione e i figli Massimiliano e Luca quelle di vicepresidente esecutivo e direttore commerciale. Alla famiglia Ruggeri fa capo anche la Finvalv (che resta azionista al 25%).

Inoltre, sempre nell’ambito dell’accordo si è previsto, oltre al finanziamento del socio Cdpe Investimenti per 70 milioni, un consistente stralcio del debito bancario e il consolidamento dello stesso per 30 milioni e la concessione di linee di credito bancario per oltre 100 milioni. 

Il piano industriale: a tutta dritta sull’innovazione, dalla CO2 capture ai sistemi antincendio

Andrea Forzi, amministratore delegato di Valvitalia.

Credito che servirà per implementare il piano industriale al 2027 i cui pilastri sono da un lato gli investimenti sui nuovi prodotti, dall’altro una sempre maggior diversificazione. «Con l’avvio del risanamento abbiamo dato slancio all’innovazione portando sul mercato dei raccordi adatti a impianti di trasporto idrogeno, rivolti a Epc e end user in tutto il mondo». In questo modo l’azienda ha risposto a una domanda pressante in arrivo dal mercato e dai giganti del petrolio in particolare, che nel passare all’idrogeno hanno bisogno di adeguare gli impianti. «Stiamo valutando investimenti progressivamente crescenti – prosegue Forzi – anche per la CO2 capture». E intanto sul mercato l’azienda ha portato anche «un sistema di spegnimento incendi che consente importanti risparmi in termini di volume di acqua e di schiuma, sistemi che trovano la loro applicazione industriale nelle navi civili e industriali e nel trasporto ferroviario, con nomi come Fincantieri e Trenitalia», dice Forzi, specificando che si tratti di «prodotti innovativi in assoluto, nell’uno e nell’altro caso: i raccordi sono gli unici al mondo in grado di trasportare una concentrazione di idrogeno al 100% e dal punto di vista del risparmio energetico anche i nuovi ugelli e impianti anti-incendio non hanno rivali».

Il core business di Valvitalia: le valvole per l’oil&gas

Il core business di Valvitalia sono le valvole per oil & gas. Dispositivi particolari, che resistono ad alte e basse pressioni e a temperature estreme, che mantengono livello di perdita zero o di poche gocce per metro cubo.

Strade decisamente diverse rispetto al core business che è quello delle valvole per oil & gas, che vale in Italia 3 miliardi di euro e che contempla produttori di «valvole ingegnerizzate, che resistono a alte e basse pressioni e temperature estreme, che mantengono livello di perdita zero o di poche gocce per metro cubo, che hanno dimensioni industriali e spesso sono realizzate in collaborazione con il cliente finale, per la necessità di adattare al processo o al prodotto specifico», valvole che per l’80% sono destinate ai mercati internazionali.

In generale il settore delle valvole è molto eterogeneo e comprende oggetti banali come le valvole per i rubinetti casalinghi fino alle valvole per oil gas che sono enormi, tailor made e con un elevato grado di tecnologiche. A questa nicchia appartengono 140 su 800 imprese italiane che in complesso fatturano 10,6 miliardi. Le valvole progettate per consentire un flusso regolare e ininterrotto di liquidi e gas hanno funzioni diverse (per esempio, quella di far fluire le sostanze in due o più direzioni, di regolare i flussi o la pressione, di deviare o orientare un flusso). E devono essere costruite con materiali che sopportano la corrosione o le elevate temperature, l’alta pressione e la bassa pressione, come l’acciaio inox o il ferro forgiato. Inoltre hanno dimensioni importanti e pesi che variano da una ventina di chili fino alle 100 tonnellate.

Un mondo industriale e altamente hi-tech oltre che in trasformazione, perché nel medio termine l’industria del petrolio è destinata a perdere forza. In questa nicchia, secondo l’Osservatorio Ivs-Prometeia “The Oil&Gas Valve Industry in Italy” 2024 quasi 4 valvole per l’Oil&Gas su 10 prodotte in Europa sono state realizzate in Italia: e il nostro Paese mantiene la leadership del ranking settoriale UE, con oltre 8 punti di vantaggio sulla Germania e oltre 30 sul terzo in classifica (Francia). I numeri sono realizzati all’interno di ecosistema di 139 imprese (oltre il 90% del fatturato è realizzato in un raggio di 100 Km dalla provincia di Bergamo), che occupano oltre 10.000 addetti (in crescita rispetto ai 9.300 del 2021).

Un portafoglio altamente diversificato da cui ripartire per essere leader

Lo stabilimento di Rivanazzano Terme, nel quale vengono prodotte le valvole a sfera, le valvole a maschio e le valvole a farfalla è l’Headquarters del Gruppo. Misura 53.100 mq, di cui 24.600 mq coperti.

Complessivamente Valvitalia ha 8 stabilimenti, di cui 5 in Italia e 3 all’estero (Cina, UK e Canada), mentre i suoi prodotti sono distribuiti in 115 Paesi attraverso una rete diretta e indiretta di agenti; ogni stabilimento è specializzato in linee di prodotto. Completano la presenza globale uffici commerciali in aree strategiche, come la Cina, dal 2006, con Valvitalia (Suzhou) Valves Co. che risponde alle esigenze a minore complessità. E l’azienda ha alcuni uffici commerciali ad Alger, Abu Dhabi e Houston, tra gli altri. 

Dei circa 800 dipendenti, 650 presso gli stabilimenti italiani. Oltre ad una struttura specializzata dedicata alla ricerca e sviluppo, Valvitalia presenta cinque diverse business unit: Fire fighting (con i marchi Eusebi e Silvani), Flow control Italy, Flow control China, Tecnoforge e Broady UK. Dal marzo del 2023, Cdp Equity rappresenta l’azionista di maggioranza al 75%, mentre la Famiglia Ruggeri partecipa al 25% del Gruppo attraverso la holding Finvalv. Dal 2014 il Gruppo opera, oltre che nei segmenti tradizionali dell’energia e nel rinnovabile, nella prevenzione e nella riduzione del rischio d’incendio in ambito infrastrutturale, marittimo e ferroviario, tramite i marchi Eusebi e Silvani, che poi rimandano a due storiche aziende italiane nei cui stabilimenti ad Ancona ancora oggi. 

«Il nostro punto di forza è un portafoglio prodotto altamente diversificato, siamo il produttore con il maggiore range di prodotti differenti, valvola a sfera, a farfalla, check plug-in, di sicurezza; e ci siamo diversificati in ambiti anche diversi per cercare di bilanciare la volatilità dei mercati con diversificazione, per mantenere equilibrio». Un esito che deriva direttamente dalla genesi della società, nata nel 2002 dall’idea imprenditoriale di aggregare aziende italiane di valvole per andare sul mercato internazionale, «idea brillante e avveniristica per i tempi e per il Paese, tanto da aver consentito al gruppo di raggiungere un fatturato di 450 milioni in 15 anni – dice l’ad – e che di recente ha la forza di uscire dalla crisi. 

Il sito di collaudo antincendio del Gruppo Valvitalia consente di testare prodotti che lanciano liquidi fino a 170 metri e di gestire l’erogazione dell’acqua fino a 40.000 litri al minuto. 

Il risanamento è stato veloce anche perché il mercato dell’energia è tornato a trainare, il Medio Oriente sta investendo e ci sono progetti in nord America e Lat Am, tante opportunità per consentire una crescita accelerata del nostro comparto». Il buon vento non deve far dimenticare però che i rischi restano elevati. «Dobbiamo stare attenti ai competitor cinesi, dalla nostra abbiamo che la qualità italiana delle valvole è riconosciuta a livello mondiale. Dobbiamo però continuare a spingere sull’innovazione del prodotto e cercare di essere sempre un passetto avanti, cosa che forse nel passato è mancata ed è stata una delle ragioni per cui Valvitalia si è fermata. Oggi stiamo cercando anche di differenziare la supply chain per rafforzarla, tenendo comunque il costo basso. E investiamo sul modello di business: dobbiamo comprendere le problematiche dei clienti e lavorare per risolverle». 

Il modello di business: one stop shop per fornire soluzioni

Valvitalia ha 8 stabilimenti, di cui 5 in Italia e 3 all’estero (Cina, UK e Canada), mentre i suoi prodotti sono distribuiti in 115 Paesi attraverso una rete diretta e indiretta di agenti.

Valvitalia presidia parti importanti del processo produttivo: nelle valvole si occupa di assemblaggio, collaudi, saldature e test; fa inoltre lavorazioni meccaniche nello stabilimento di Vicenza. «Quando parliamo di raccordi, il processo produttivo è totalmente a carico nostro, dalla forgia, all’estrusione del tubo, ai trattamenti termici, alle lavorazioni meccaniche. Nella divisione degli impianti anti-incendio facciamo da Epc: ci occupiamo di progettazione, ingegnerizzazione e costruzione integrale degli impianti, di test e manutenzione. Abbiamo tanti processi e tecnologie differenti che funzionano diversamente». Ma al di là delle singole produzioni, quello che funziona da collettore è il modello di business dell’one stop shop. La diversità produttiva ne è l’essenza costitutiva. «Se Valvitalia è in grado di fare l’ingegneria e di fornire raccordi, tubi, T, valvole, attuatori diventa un reliable supplier – conclude Forzi – allora diventa un soggetto che può essere preferito perché consente al cliente di avere, a un costo competitivo, un project manager unico come punto di contatto per tutte le fasi del processo: dal progetto, all’ordine di tutti i componenti, alla digitalizzazione della macchina integrata, ai pezzi di ricambio. Non solo tutti i prodotti ma anche tutti i servizi. E la consulenza avrà un valore sempre crescente».














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