11 concetti chiave e sorprendenti su Transizione 5.0 che possono cambiare la vita a costruttori di macchine e gestori di fabbriche

di Filippo Astone e Laura Magna ♦︎ Lo sapevate che banche e altri enti possono anticipare i soldi del credito di imposta? Che non è possibile limitarsi a costruire impianti fotovoltaici in azienda? Che il software ha un ruolo fondamentale per misurare e certificare i risparmi energetici da portare in credito d'imposta? Che Transizione 5.0 abilita la servitizzazione? 11 idee non esaustive ma molto utili per trarre il massimo dal nuovo pacchetto di incentivi che, di fatto, saranno operativi da settembre. Nostra rielaborazione e scelta di alcune parti dell'ampio webinar sul tema. Con Marco Taisch, Alessandro Rivolta (Pirola Corporate Finance), Alberto Cantalù (Teamsystem), Riccardo Cavanna (Ucima) e...

Transizione 5.0, grandi opportunità ma anche insidie da non sottovalutare. Dal potenziale dirompente della strategia che sottende alla norma alla sua attuazione pratica, dalla mappatura dei consumi, alla misurazione, alle strategie correttive. E i livelli di attenzione richiesti per scongiurare i rischi: quello di execution, dagli impianti fotovoltaici trainati, alla documentazione e compliance. Abbiamo raccolto gli 11 concetti chiave su Transizione 5.0 che possono cambiare la vita a costruttori di macchinari e gestori di fabbriche. Non è un elenco esaustivo ma una serie di flash che cercano di mettere in evidenza chiari e scuri di una norma dirompente, ma ancora poco chiara negli effetti concreti che potrà avere per l’industria italiana. Gli 11 elementi chiave sono tratti da un webinar moderato dal nostro direttore Filippo Astone (che potete rivedere qui).

Introduzione: La lunga gestazione di Transizione e la messa a terra con il decreto attuativo. Una sintesi di cosa prevede il nuovo credito d’imposta e delle probabili ricadute sull’industria italiana

Una breve introduzione per ricordare il perimetro nel quale di troviamo. Transizione 5.0 è il nuovo credito di imposta contenuto nel decreto legge del 2 marzo 2024, convertito nella legge 59 del 28 aprile 2024. Si tratta di oltre 6 miliardi di incentivi stanziati per l’interconnessione dei macchinari, il risparmio energetico e la formazione, destinato a produttori di macchinari e industria manifatturiera, che sommandosi a Industria 4.0 (i cui crediti continuano a operare) fondano un “Piano Marshall” da 13 miliardi.







Con la versione finale del decreto attuativo, che risale al 15 giugno e consta di 24 articoli più allegati, ora al vaglio della Corte dei Conti, il quadro si è più o meno chiarito – anche se mancano ulteriori passaggi burocratici perché il processo si avvii compiutamente. Ma al di là degli ultimi dettagli operativi è possibile fare un primo bilancio e delle previsioni. Ed è possibile dare indicazione più circostanziate alle imprese che vorranno approfittare delle nuove agevolazioni.

Transizione 5.0 offre oltre 6 miliardi di incentivi per l’interconnessione dei macchinari, il risparmio energetico e la formazione. Target: i produttori di macchinari e gli utenti finali, in pratica tutto il manifatturiero italiano, che – considerando anche Industria 4.0 che continua – può così godere di una specie di Piano Marshall.

Il decreto attuativo del piano Transizione 5.0 potrebbe iniziare a operare, come annunciato dal ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, entro il 15 agosto. Dopo l’ok della Corte dei Conti il decreto sarà pubblicato sul sito del Mimit e nei dieci giorni successivi un ulteriore provvedimento del ministero fisserà i termini a decorrere dai quali le imprese potranno attivare la procedura.

I documenti richiesti, ben 8, dovranno essere trasmessi alla piattaforma informatica Transizione 5.0, accessibile tramite Spid, nel sito del Gse (Gestore servizi energetici). I modelli da utilizzare saranno disponibili entro cinque giorni dall’entrata in vigore del decreto.

L’impresa deve inviare le informazioni relative al progetto, corredate da una perizia asseverata sugli obiettivi di risparmio energetico. Il Gse entro cinque giorni rende noto il credito di imposta relativo all’investimento a progetto. Entro 30 giorni da questa comunicazione l’impresa dovrà inviare un documento che attesti che sia stato versato un acconto di almeno il 20% dell’investimento previsto. Al Gse sono concessi altri cinque giorni per le verifiche. Ma la maggior parte degli obblighi per l’impresa scattano alla fine del processo di investimento (e comunque entro il 28 febbraio 2026): l’impresa trasmette una comunicazione che attesti il rispetto degli obblighi previsti dal Pnrr; una certificazione sul conseguimento dei risultati preventivati in fase di progetto, una nuova perizia asseverata che testimoni l’avvenuta interconnessione dei beni strumentali acquistati; e di un documento che attesti che il pagamento sia stato completato.

1/ Per sfruttare Transizione 5.0 è necessaria una strategia. Le imprese devono dotarsi di una roadmap: dalla mappatura dei consumi energetici, alla misurazione dettagliata, alle strategie correttive. Tutti i passi per non sbagliare, secondo Marco Taisch (Polimi e Made)

Marco Taisch, full professor al Politecnico di Milano e presidente Made

Insomma, una prima indicazione che si può trarre è che per accedere agli incentivi di Transizione 5.0 le imprese dovranno stare attenti ai dettagli, misurando l’efficacia degli interventi realizzati e dimostrando il risparmio energetico ex ante e verificandolo ex post.

Da dove si inizia a fare efficienza energetica? Come devono muoversi le aziende? «Si inizia dalla strategia – dice Marco Taisch, direttore del Competence Center Made 4.0 e docente di macchie industriali al Polimi, uno dei massimi esperti di industria italiana – allora il primo passo è la mappatura. Spesso nelle imprese c’è un solo contatore per misurare il consumo energetico e dunque non si capisce in cosa si sta consumando, se per le utenze o le macchine. Ci sono aziende evolute che misurano invece il consumo di ogni singola utenza: questo è il punto di partenza». Il secondo passo è mettere questi consumi in correlazione con gli eventi che si verificano con la produzione effettiva. Il digitale, le piattaforme IoT disponibili consentono di mettere insieme queste dimensioni, queste facce della stessa medaglia. Da qui partono le azioni correttive. «Per il 5.0 – continua Taisch – misurare il prima e dopo è cruciale per dimostrare che c’è stata una riduzione. Le piattaforme digitali sono dunque strumento necessario per accedere al beneficio».

2/ la fruizione del credito avviene in compensazione dell’F24 in un’unica soluzione entro la fine del 2025. Oltre questa scadenza l’eccedenza viene compensata in cinque rate annuali. I dettagli del funzionamento fiscale e i termini da rispettare, nelle parole di Alessandro Rivolta (Pirola Corporate Finance)

Alessandro Rivolta, studio Pirola

«Transizione 5.0 si pone come obiettivo la promozione della transizione dei processi produttivi verso modelli più efficienti – commenta Alessandro Rivolta, partner di Pirola Corporate Finance – offrendo alle aziende un credito di imposta legato al risparmio energetico nei processi, che si attua con investimenti in beni e soluzioni innovative, gli stessi presenti negli allegati A e B del 4.0; con soluzioni di autoproduzione da fonti rinnovabili e formazione del personale per acquisire o consolidare le competenze utili per attuare la transizione».

Il credito di imposta prevede tre fasce:

  • Gli investimenti fino a 2,5 milioni sono incentivati al 35% se consentono un risparmio del 3% nell’intero impianto produttivo o del 5% per il processo produttivo oggetto dell’investimento; del 40% se il risparmio è del 6 o del 10%; del 45% se si risparmia tra il 10 e il 15%;
  • Gli investimenti superiori a 2,5 milioni e fino a 10 milioni sono incentivati – in base all’entità del risparmio, misurata come sopra, rispettivamente al 15%, al 20% o al 25%;
  • Gli investimenti sopra i 10 milioni e fino a 50 milioni (massimo importo agevolabile) prevedono un credito di imposta, infine, il 5 e il 15%.

L’agevolazione consiste in un credito di imposta in compensazione dell’F24 in unica soluzione entro la fine del 2025, con la possibilità di fruirne anche nel 2024 e comunque decorsi dieci giorni dalla comunicazione di fine investimento. Oltre la scadenza l’eccedenza viene compensata in cinque anni. Per fruire della detrazione del credito entro fine 2024, bisogna pagare almeno il 50% dell’importo complessivo entro fine anno e avere la consegna della macchina con il saldo entro aprile.

3/ Tempi stretti e differenti deadline a seconda della tipologia di bene agevolato: per gli strumenti per la digitalizzazione vale l’articolo 109 del Tuir, la data di fine lavori per quelli finalizzati all’autoproduzione di energia e per la formazione la data di superamento dell’esame finale

E poi c’è il tema delle tempistiche. A poter godere dell’agevolazione saranno i progetti avviati da inizio 2024 e completati entro fine 2025. Ma la data finale dell’investimento è diversa a seconda dell’oggetto dello stesso investimento: per quanto riguarda i beni strumentali materiali e immateriali fa fede l’articolo 109 del Tuir (che recita: “le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale”). Per i beni finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, vale la data di fine lavori degli impianti. E per la formazione, la data di superamento dell’esame finale. Per gli impianti di energia rinnovabile, l’entrata in esercizio può avvenire fino a un anno dal completamento del progetto. Ma i tempi sono davvero stretti e c’è una certa confusione che non aiuta.

4/ I rischi di Transizione 5.0: non è tutto oro quel che luccica! Per riuscire a beneficiare effettivamente del credito e non vedersi recapitare una richiesta di ristoro, bisogna valutare tutte le possibili insidie. Da quelle connesse all’execution, alla compliance, passando per la distinzione tra beni trainati e beni trainanti

E i rischi? Non mancano. «Esistono almeno tre generi di rischi: quello di execution, il fatto che gli impianti fotovoltaici siano trainati, alla documentazione e compliance. Dal punto di vista operativo questo è il punto più delicato», dice ancora Rivolta. «I rischi connessi all’ottenimento dell’agevolazione hanno come punto di partenza il percorso che le autorità devono completare per permettere di ottenere le circolari utili perché le imprese beneficiarie sappiamo ogni dettaglio delle procedure. Manca l’ok da parte del Mase e del Mef al decreto attuativo, poi sarà necessario che il Gse pubblichi la piattaforma e le circolari attuative. Nel momento in cui ci saranno le informazioni, le imprese e i professionisti saranno in grado di poter avviare l’attività di execution che però parte da quella che è la tempistica che un’azienda deve rispettare per perfezionare la macchina e l’anno di riferimento del credito di imposta che si potrà avere».

Pirola Corporate Finance assiste le aziende su tutti gli aspetti relativi alle fonti di finanziamento. Fra gli interventi finanziabili, i sistemi di autoproduzione di energia e di stoccaggio. Ma anche la formazione ai dipendenti sui temi del risparmio energetico. Le tempistiche da rispettare. Le modalità di calcolo del risparmio.

Poi bisognerà esaminare tutti gli aspetti che porteranno la fruizione del credito di imposta, per comprendere quali sono le tempistiche correlate e i livelli di efficienza. Non ci sono ancora però tutte le informazioni utili che servono ai tecnici per fare la nota da inviare al Gse. «Portarsi avanti è necessario, identificando la macchina idonea al risparmio energetico e alla definizione dell’accordo con il fornitore per gli aspetti relativi alla consegna e messa in opera e alla parte documentale utile all’ottenimento dell’agevolazione, partendo dalla certificazione ex ante. Valutare le macchine, fare calcoli sul risparmio e pre-valutazione degli investimenti da inserire nella comunicazione: questa è la chiave. Inoltre, è illusorio pensare di poter fare unicamente un investimento in impianto fotovoltaico, che è trainato e non trainante. Trainato dunque dall’investimento che porterà al risparmio energetico (di cui all’allegato A del 4.0) a cui potrà essere eventualmente associato l’impianto fotovoltaico. Anche per quanto riguarda la documentazione da produrre sono necessarie le circolari del Gse: oggi navighiamo a vista su quello che si auspicano essere requisiti minimi. Non esiste ancora una checklist circostanziata».

5/ Il valore della consulenza: l’importanza di conoscere tutte i possibili modi per finanziare l’investimento in Transizione 5.0 (e non perdere il credito di imposta) – i servizi di Pirola Corporate Finance

Un ulteriore dato rilevante è che gli investimenti possono essere finanziati con credito che deriva da fonti tradizionali o private debt. «In questo Pirola Corporate Finance – spiega Rivolta – funge da assistente con ottica integrata tra agevolazione e fonti di finanziamento che sono prodromiche per l’ottenimento del contributo. Nel momento in cui è identificato l’investimento, se ne quantifica l’ammontare complessivo e andiamo a ricercare le fonti di finanziamento con il più corretto piano di ammortamento. Mettere a disposizione fonti di finanziamento insieme a consulenza per ottenere l’agevolazione permette all’azienda di minimizzare i tempi di execution e di minimizzare i rischi».

6/ Il valore della consulenza 2: la tecnologia per minimizzare tempi di execution ed evitare i rischi di compliance e adeguatezza delle domande. Il caso di TeamSystem raccontato da Alberto Cantalù

Alberto Cantalù, business owner TeamSystem Manufacturing

E intanto da TeamSystem arriva anche una suite completa che assiste le imprese nella strutturazione delle procedure per ottenere l’agevolazione, dedicata all’industria. Si chiama TeamSystem Manufacturing «ed è una suite completa che va dalla fatturazione elettronica, fino all’interconnessione con sistemi di terze parti e fino all’interconnessione delle macchine utensili. Con un assetto modulare che consente alle imprese di scegliere quello di cui hanno bisogno», dice Alberto Cantalù (TeamSystem). «Il collegamento delle macchine è fondamentale per avere contezza dei tempi e dello stato di avanzamento degli ordini è stato un passo importante determinato dalla 4.0. La 5.0 ci chiedere di fare un passo in più: di raccogliere il dato anche del consumo energetico oltre che dello stato di avanzamento di lavoro. Nello specifico abbiamo anche un modulo di pianificazione a capacità finita, utile anche per attivare anche la 5.0. è un modulo software che può garantire un risparmio energetico, tipicamente con l’obiettivo di ottimizzare una serie di lavorazioni in azienda manifatturiera, risparmiando non solo tempi e materie prime ma anche efficientando i costi energetici, programmando le macchine in base ai picchi. Otteniamo due effetti: uno diretto in termini di efficienza del processo produttivo e il risparmio energetico, con la garanzia di misurarne che ammonti al 3-5% minimo richiesto per accedere al credito di imposta per Transizione 5.0. Offriamo la garanzia che i dati continueranno a fluire dalle macchine al sistema informativo, per fare report e KPI e per garantire il risparmio energetico. È un passaggio cruciale, perché la differenza tra 4.0 e 5.0 è che nel primo la fruizione del credito di imposta era automatica e qui invece si chiede di rendicontare che il risparmio misurato sia effettivo. Nella 5.0 dobbiamo stare al di sopra di un risparmio che ha una tara precisa».

7/ La visione dei produttori di macchine: secondo Riccardo Cavanna, presidente di Ucima racconta il ruolo delle macchine automatica nella decarbonizzazione delle filiere che servono e il futuro di un settore chiave per l’Italia, qual è quello delle macchine per il packaging

Riccardo Cavanna, presidente Ucima, presidente Cavanna spa

Cosa pensano di questo nuovo incentivo i produttori di macchine? Ovviamente che sia una grande occasione di rinascita dopo le turbolenze generate dal 2022 su materie prime ed energia, che hanno frenato gli acquisti da parte delle aziende clienti. Secondo Riccardo Cavanna, presidente di Ucima, costruttori di macchine automatiche (tra cui macchine per il packaging) e alla guida dell’azienda di famiglia che porta il suo nome, «per il settore il 5.0 è una grande opportunità lato domanda e lato offerta. Il nostro settore non è energivoro, ma siamo inseriti in un processo dove a monte delle macchine di confezionamento ci sono macchine energivore – a monte abbiamo per esempio il forno che costruisce biscotti che io devo confezionare. Questo stimola anche le nostre aziende a guardare con più attenzione la gestione dell’energia. Abbiamo, per esempio, un consumo dell’aria inefficiente e quindi lo stimolo del decreto è vedere nei nostri processi di confezionamento tutto ciò che può essere migliorato e ridisegnato per dare un vantaggio al cliente – dice Cavanna – Uno dei nostri scopi è dare efficienza. Ogni punto percentuale che miglioro, si traduce in minori scarti di prodotto e materiale e dunque si tira dietro tutto ciò che ho prodotto a monte. Nel calcolo del nostro saving dobbiamo tener conto di quello che sta a monte. Intanto, però il mercato italiano, che rappresenta il 20% del totale nel nostro settore è fermo: arrivavamo dal 2022 dove i settori di riferimento avevano dovuto gestire materie prime ed energia. Ci attendiamo ora un aiuto, un sostegno: il decreto va ad aiutare piccole e medie imprese, clienti finali per noi che potrebbero essere aiutati ad accelerare processo di digitalizzazione. Il problema è il lasso di tempo. Noi come Ucima chiediamo da anni interventi strutturali, con orizzonti di 2-3 anni perché le macchine hanno tempi di consegna che vanno da 6 a 9 mesi a seconda della complessità. Se i decreti attuativi escono a luglio, si inizia di fatto a settembre per consegnare tutto entro fine 2025… la finestra temporale è molto ridotta. Dovendo calcolare il 5% su tutto il processo, se un cliente sostituisce un solo pezzo su primario, secondario o terziario, di fatto quel processo deve essere a energia zero».

8/ La visione dei produttori di macchine: secondo Barbara Colombo, presidente di Ucimu, la grande spinta del nuovo incentivo è quella di portare le imprese a ragionare secondo logiche diverse che portano al green manufacturing

Barbara Colombo, presidente Ucimu, ceo Ficep spa

Al di là di questi dettagli, il momento è favorevole secondo Barbara Colombo (presidente di Ucimu e ad dell’azienda di famiglia Ficep). «Mai prima d’ora abbiamo visto strumenti di tale portata a disposizione delle aziende. Fondi che di fatto poggiano su risorse stanziate a livello di UE con vincoli temporali e regole diverse, ma che consentono di avere un bel plafond sul mercato – dice Colombo – Transizione 5.0 è uno strumento che apprezziamo perché spinge le aziende a ragionare in una logica diversa, in termini di produzione che deve includere risparmio energetico, avviandoci a una logica di green manufacturing, facendo un salto ulteriore rispetto alla digitalizzazione. Ed è ottimo che esista ancora il 4.0 che è valido fino a metà 2026, mentre il 5.0 arriva fino a fine 2025. La complessità e la necessità di misurare che non c’era nel 4.0 spaventa un po’, ma non frenerà. Questa transizione obbliga a confrontarsi con figure di certificatori, consulenti che fanno analisi ex ante ed ex post sul raggiungimento di obiettivi di risparmio energetico. Ma l’obiettivo è utilizzare queste risorse anche per non restituirle alla UE. Sono certa che si procederà perché questo avvenga».

9/ La transizione green abilita la servitizzazione e risponde alla domanda di sostenibilità sempre più insistente dei consumatori. Per questo, secondo Marco Taisch (Polimi e Made) il credito di imposta può diventare il vero game changer per l’industria italiana

Ma della norma, cosa ne pensano i massimi esperti italiani dei temi legati all’industria e ai suoi cambiamenti? È complessivamente positivo il giudizio di Taisch. «È una norma in continuità con Industria 4.0 è questo è un bene. Perché se la struttura del sistema degli incentivi non è diversa da prima: questo non crea difficoltà di accettazione e comprensione tra gli imprenditori. Ben venga che si dia una direzione alle imprese ovvero di investire in sostenibilità e riduzione dei consumi energetici e mettere sul mercato prodotti verdi che i consumatori chiedono con forza e che chiederanno sempre di più». In particolare i consumatori internazionali che sono rilevanti in quanto com’è noto il nostro è un Paese di esportatori. «Transizione 5.0 avrà un’norme ricaduta verso il mercato che non c’era nel 4.0».

Per fare efficienza energetica si deve portare la digitalizzazione a un livello superiore e questo apre le porte a un altro grande trend di mercato che è la servitizzazione: i consumatori cambiano processo di acquisto, dal possesso del prodotto all’utilizzo del servizio. Per riuscire a fare la servitizzazione è necessario interconnettere le macchine e raccogliere i dati al fine di usarle per costruire i servizi. Le imprese devono sbrigarsi a fare innovazione, perché «i mercati sono più dinamici del passato ed erratici nella loro dimensione. Se 20 anni fa facevamo le previsioni a tre anni sui volumi di vendita e le azzeccavamo, oggi non riusciamo a farle neanche a tre mesi. Bisogna essere pronti con una qualità della capacità produttiva e con la formazione delle competenze», conclude Taisch.

10/ I tasselli che mancano: ora serve un cambiamento strategico. L’industria deve essere resiliente, antropomorfica e sostenibile. La view dell’ex sindacalista Marco Bentivogli

Marco Bentivogli, fondatore di Base Italia

Secondo Marco Bentivogli, sindacalista ed esperto di industria e lavoro: «l’industria deve essere resiliente, deve essere antropomorfica e deve essere sostenibile. Ne deriva la necessità di aumentare il grado di sostenibilità lavorando sul risparmio energetico. Oggi con la potenza di fuoco di 13 miliardi stanziati tra Transizione 5.0 e Industria 4.0 abbiamo un’occasione unica. Il 5.0 accelera e potenzia il 4.0 che, per orientare la possibilità di reinvestire gli utili in azienda, inserisce lo sgravio di costi in tecnologia. Ma questi incentivi, se non configurati dentro un cambiamento complessivo dell’azienda, non generano una vera interconnessione e un vero cambiamento dei processi. Pertanto serve un cambio profondo di strategia, che faccia seguire all’acquisto di macchine nuove, piattaforme e software, tecnologie maggiori guadagni di produttività. Le norme devono essere assolutamente semplici. La complessità normativa rende difficile l’accesso agli incentivi, il rischio è che non abbiano effetto. Manca una diffusione sul territorio di enti di trasferimento tecnologico. Ok i competence center, ma dovremmo costruire una rete che diffonda in Italia la possibilità di abbassare la soglia di accesso agli incentivi».

11/ I tasselli che mancano: bisogna fare in modo che alla sostituzione delle macchine segua l’interconnessione, per far sì che aumenti la produttività. Parla Corrado La Forgia (Federmeccanica)

Corrado La Forgia, Amministratore Delegato di Vhit

Gli incentivi in questo contesto possono aiutare ma non possono essere l’unico ingrediente di una strategia che deve essere complessiva. Ne è convinto anche Corrado La Forgia, vice presidente di Federmeccanica, con delega alla Transizione Tecnologica ed Ecologica, nonché direttore generale della Vhit di Offanengo, storica azienda della componentistica auto che sta virando verso l’elettrico. «La Transizione 5.0 rischia di essere parzialmente efficace, così come è accaduto con il piano Industria 4.0. In linea di principio è una buona cosa, perché parliamo della visione strategica di riduzione dei consumi, ed è positiva in assoluto come lo era l’idea alla base del 4.0. Tuttavia nell’applicazione il rischio è che non si abbiamo gli effetti sperati: l’applicazione pratica del piano 4.0 non ha fatto aumentare la produttività cosi come ci sarebbe stato da aspettarsi; un’applicazione non corretta e consapevole della transizione 5.0 non renderà l’industria green».

Dunque, rinnovato il parco macchine e fatto girare l’economia, ma solo poche aziende hanno compiuto la connessione. «Questo si vede dalla produttività che non è aumentata ma è piatta, e dal rapporto Istat che ci dice che solo meno del 10% delle aziende hanno digitalizzato in maniera corretta. Aumentare la produttività significa avere cassa a fine anno da investire nella competitività dell’azienda. Non è questione di semantica o filosofia, ma di farsi furbi: se connetto le macchine e capisco come migliorarle, guadagno. Questa consapevolezza non è entrata nella mentalità corrente. Abbiamo linguaggi teorici e tecnologie anche superate, i competence center funzionano ma sono pochi e raggiungono numero limitato di aziende. Chi non digitalizza si rende responsabile anche del futuro».














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