Abi Archivi - Industria Italiana https://www.industriaitaliana.it/tag/abi/ Analisi e News su Economia Reale, Automazione, Innovazioni, Tech Tue, 22 Nov 2022 15:22:40 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 Federcostruzioni: edilizia a rischio defaut se si allungano i tempi per scontare i crediti Superbonus https://www.industriaitaliana.it/federcostruzioni-edilizia-rischio-defaut-crediti-superbonus/ https://www.industriaitaliana.it/federcostruzioni-edilizia-rischio-defaut-crediti-superbonus/#respond Tue, 22 Nov 2022 15:22:40 +0000 https://www.industriaitaliana.it/?p=88692 Si parla di almeno 6 miliardi di euro. La decisione del governo non convince banche e imprese

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Per risolvere il problema dei crediti bloccati nei cassetti fiscali di imprenditori e professionisti, il governo ha inserito nel Decreto Aiuti Quater (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 novembre 2022) la possibilità di rimodilare i tempi per i lavori derivanti da Superbonus, che è stato fissato con la nuova modifica al 90%. La decisione del governo non convince banche e imprese, da giorni in prima linea per promuovere una proposta condivisa da Ance ed Abi. «Siamo davvero in una situazione grave che rischia di innescare una pericolosa bomba sociale ed economica» afferma la presidente di Federcostruzioni Paola Marone «questa soluzione finisce per creare ulteriori costi per chi ha già acquistato crediti, che con la ridistribuzione dovrebbe registrare perdite a bilancio e dall’altra accedere a finanziamenti in una fase di crescita dei tassi d’interesse. Stiamo parlando di almeno 6 miliardi di euro di crediti da smaltire».

Secondo il decreto pubblicato in Gazzetta, in sostanza, i crediti di imposta derivanti dalle comunicazioni di cessione o di sconto in fattura inviate all’agenzia delle entrate entro il 31 ottobre 2022 e non ancora utilizzati potranno essere rimodulati in 10 rate annuali di pari importo in luogo della primaria rateazione fissata in 4 anni, tramite l’invio di una comunicazione all‘agenzia delle entrate. Ricordiamo che allo stato attuale, il Dl Rilancio (art.119 comma 1 Dl34/2020) prevede che la detrazione per gli interventi che danno diritto al Superbonus va ripartita in 5 quote annuali e per le spese sostenute dal 1° gennaio 2022 in 4 quote annuali.

La presidente Paola Marone conclude «Federcostruzioni ha chiesto fin dell’avvio di questo nuovo governo la costituzione di un tavolo con la parti sociali per affrontare le emergenze dell’intero settore delle costruzioni, che ricordo contribuisce al Pil nazionale per quasi 500 miliardi di euro. Insieme al problema dell’energia, vi è la priorità di affrontare il tema dei bonus e della cessione del credito per non ritrovarci nell’inverno con cantieri bloccati e i libri in tribunale».

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Cdp: Davide Bertone nuovo ad di Fondo Italiano d’Investimento Sgr https://www.industriaitaliana.it/cdp-davide-bertone-nuovo-ad-fondo-italiano-dinvestimento-sgr/ https://www.industriaitaliana.it/cdp-davide-bertone-nuovo-ad-fondo-italiano-dinvestimento-sgr/#respond Tue, 10 May 2022 15:08:16 +0000 https://www.industriaitaliana.it/?p=78483 Succede ad Antonio Pace che ha guidato la società nell'ultimo triennio

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Davide Bertone è stato nominato nuovo amministratore delegato di Fondo Italiano d’Investimento Sgr, Cassa Depositi e Prestiti (Cdp): lo rende noto il consiglio di amministrazione. Fii Sgr è una società che gestisce attualmente 13 fondi di investimento mobiliari chiusi riservati a investitori qualificati, con Asset Under Management per oltre 3 miliardi di euro, partecipata a maggioranza da Cdp Equity e nel cui capitale figurano gli azionisti Intesa Sanpaolo, Unicredit, Fondazione Enpam, Fondazione Enpaia, Abi, Banco Bpm e Bper Banca.

Bertone, laureato in Economia e Commercio all’Università di Torino, proviene da Mediobanca dove nell’arco di venti anni ha avuto incarichi di crescente responsabilità fino a ricoprire, dal 2019 fino ad oggi, il ruolo di co-head of mid-corporates and financial sponsor solutions. In precedenza, dal 1998 al 2002, ha lavorato per Fiat Group (ora Stellantis), fino ad assumere l’incarico di cfo di Fiat Auto Argentina.

Per la designazione di Bertone in seno al cda di Fii Sgr si è dato corso alle prescritte comunicazioni al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il consiglio di amministrazione di Cdp ringrazia Antonio Pace, amministratore delegato uscente di Fii Sgr, per il lavoro svolto nell’ultimo triennio.

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Bankitalia avvisa Conte sul Recovery Fund. Serve un salto di qualità https://www.industriaitaliana.it/bankitalia-abi-conte-recovery-fund-banca-economia/ https://www.industriaitaliana.it/bankitalia-abi-conte-recovery-fund-banca-economia/#respond Wed, 16 Sep 2020 15:21:59 +0000 https://www.industriaitaliana.it/?p=47633 di Aldo Agosti ♦︎ L’intervento del governatore al comitato esecutivo dell’Abi. Una banca pubblica in Italia? Anche no

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Il governatore della Banca d’ItaliaIgnazio Visco è intervenuto questa mattina in occasione del comitato esecutivo dell’Abi, l’associazione delle banche, il primo dopo la pausa estiva. Un’occasione ghiotta per lanciare precisi messaggi al governo, che proprio oggi ha alzato il velo sul piano di riforme su cui veicolare le risorse del Recovery Fund.

“Le conseguenze della gravissima crisi globale causata dalla diffusione del nuovo Coronavirus sono ancora molto difficili da valutare. La portata di questo evento senza precedenti nella storia recente è evidente nei costi che tuttora produce in termini di vite umane, di relazioni sociali, di risultati economici. L’incertezza sulle prospettive incide negativamente sulle decisioni di spesa delle famiglie e delle imprese; nonostante una recente, leggera, tendenza al miglioramento, la fiducia rimane, non solo in Italia, su valori molto bassi”, ha scritto Visco nelle 12 pagine di intervento. Però c’è una buona notizia. “Per l’economia italiana al momento gli andamenti che stiamo osservando restano a grandi linee coerenti con il risultato per l’anno prefigurato in quello scenario: una caduta del Pil di poco inferiore al 10%, con una successiva, molto graduale, ripresa”.

Di sicuro la pandemia cambierà radicalmente il modo di consumare. “Sulle prospettive di crescita gravano ancora importanti rischi che richiedono chiarezza sull’orientamento delle politiche, anche nel medio periodo. La pandemia non sta evolvendo, a livello globale, come molti avevano sperato. Se protratto, l’elevato risparmio precauzionale, diffuso anche in altri paesi avanzati, può frenare la ripresa globale nei prossimi mesi, rischiando di radicarsi nei comportamenti delle famiglie e delle imprese. La propensione alla riduzione delle spese considerate comprimibili, quali quelle per viaggi, vacanze, ristoranti, cinema e teatro, sembra interessare finora non solo i nuclei con maggiori difficoltà economiche, ma anche una quota rilevante di famiglie che non sono incorse in perdite di reddito significative e che non prevedono di subirle neanche in futuro”.

Ma occhio al Recovery Fund. “La decisione europea di costituire un fondo volto a garantire il benessere delle nuove generazioni è un passo avanti di importanza storica: con le risorse del programma Next Generation EU si può, e si deve, contribuire a cambiare l’ambiente economico e sociale, favorire la nascita e la crescita di imprese che aiutino a rispondere in modo efficace alle sfide prodotte dalle modifiche delle abitudini di consumo, di interazione sociale, di organizzazione dell’attività produttiva. In tutti paesi vanno individuati percorsi di riforma volti a innalzare il potenziale di crescita, garantendo l’equità e la sostenibilità, non solo finanziaria, dello sviluppo economico”.

E, “a questo scopo, nel nostro Paese occorre guardare ai progetti che le ingenti risorse messe a disposizione dai programmi europei rendono possibili non nell’ottica di una ordinaria legge di bilancio, ma concentrandosi su quegli interventi in grado di farci recuperare i ritardi strutturali che più hanno ostacolato, e ancora ostacolano, la ripresa della crescita e la creazione di occasioni di lavoro, qualificate e stabili. A essi può accompagnarsi la risposta dell’intero tessuto produttivo”.

Visco ne ha avuto anche per il progetto, tutto grillino, di una grande banca pubblica. “Si discute anche, in questi giorni della possibilità che lo Stato intervenga nel sistema bancario assumendo direttamente la proprietà di quegli intermediari che stanno cercando di completare difficili processi di ristrutturazione e rilancio, al fine di creare un polo bancario pubblico che contribuisca al supporto dell’economia reale, soprattutto nel Mezzogiorno e nei confronti delle piccole imprese. La questione è complessa e si può discutere del nesso tra la natura della proprietà e i risultati che si possono ottenere nella conduzione dell’attività di impresa, ma l’esperienza delle gestioni bancarie pubbliche si è non di rado caratterizzata per gravi inefficienze nei processi di allocazione delle risorse”.

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Il marzo horror dell’industria italiana https://www.industriaitaliana.it/il-marzo-horror-dellindustria-italiana/ https://www.industriaitaliana.it/il-marzo-horror-dellindustria-italiana/#respond Wed, 15 Apr 2020 17:08:53 +0000 https://www.industriaitaliana.it/?p=41034 Bankitalia fa i primi conti del lockdown: produzione giù del 15% a marzo. Gelata delle banche, ancora soldi bloccati

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Arriva il bilancio di Bankitalia sul primo mese di lockdown. “A marzo la produzione industriale avrebbe subito una contrazione pari a circa il 15%”, hanno spiegato il capo della Vigilanza di Bankitalia,  Paolo Angelini, e il responsabile del servizio Stabilità finanziaria, Giorgio Gobbi, ascoltati in commissione di inchiesta sul sistema bancario, questa mattina. Gli indicatori ad alta frequenza “usati per l’analisi congiunturale concordano nel suggerire un calo dell’attività economica di proporzioni eccezionali in tutto il mondo. In Italia a marzo i consumi di elettricità e di gas nel settore industriale si sono ridotti di circa il 15% rispetto a un anno prima”.

Imprese ferme però non vuo l dire solo crollo della produzione, ma anche liquidità che si assottiglia. Anche su questo Bankitalia ha lanciato un allarme. “Le nostre stime indicano che tra marzo e luglio il fabbisogno aggiuntivo di liquidità delle imprese possa raggiungere i 50 miliardi (Confindustria, pochi giorni fa ne aveva stimati 30, ndr ). All’avvio dell’emergenza sanitaria l’economia italiana non si era ancora interamente ripresa dalla doppia recessione degli scorsi decenni ed era in sostanziale stagnazione. Pure in questo contesto, le condizioni finanziarie di famiglie e imprese erano complessivamente solide e le banche, che avevano superato una lunga fase di difficoltà, stavano rafforzando i propri bilanci”.

Di qui, invito al governo. “È necessario assicurare un rapido dispiegamento degli strumenti di contrasto dell’emergenza approvati dal governo, ad esempio potrebbero essere considerate modalità di tracciamento dei finanziamenti erogati, quali l’obbligo di convogliare i finanziamenti con garanzia pubblica su conti dedicati”.

Per quanto riguarda il sistema bancario, secondo Bankitalia “i chiarimenti in materia di capitale consentono alle banche di tirare su risorse patrimoniali per un ammontare pari a quasi quattro punti percentuali di CET1 ratio (il rapporto tra il capitale di qualità primaria e le attività ponderate per il rischio). Il capitale così liberato dovrà essere utilizzato per sostenere l’economia mantenendo intatta la robustezza del sistema”.

Proprio sul fronte della liquidità, Abi-Mise-Tesoro-Mef-Sace e Fondo di garanzia per le Pmi stanno andando avanti nel lavoro per far arrivare in fretta i prestiti con la garanzia pubblica allo Stato. La controllata della Cdp, che darà le garanzie per le imprese più grandi, ha inviato alle banche il disciplinare contenente la descrizione del processo di richiesta della garanzia Sace e tutte le informazioni utili nella gestione delle richieste, dalla prima domanda sino all’erogazione del finanziamento garantito da Sace (“Garanzia Italia”) e contro-garantito dallo Stato fino a un ammontare massimo di 200 miliardi di euro di cui almeno 30 per le Pmi.

Peccato che Le banche non riescono ancora ad effettuare le anticipazioni di liquidità. Lo segnala l’Abi in un comunicato al termine del Comitato Esecutivo in videoconferenza sotto la presidenza di Antonio Patuelli. Il comitato esecutivo sottolinea che “le dichiarazioni di immediata disponibilita’ delle forme di anticipazione di liquidita’ non hanno tenuto conto degli adempimenti, non dipendenti dalle banche, non sempre ancora completati e che impediscono alle banche di attuare, fino ad ora, le misure di liquidita’, che necessiterebbero di semplificazioni”.

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Appalti, arriva l’alt da parte di banche e imprese https://www.industriaitaliana.it/appalti-arriva-lalt-da-parte-di-banche-e-imprese/ https://www.industriaitaliana.it/appalti-arriva-lalt-da-parte-di-banche-e-imprese/#respond Tue, 11 Feb 2020 10:55:27 +0000 https://www.industriaitaliana.it/?p=38142 Dalle nuove norme sulle ritenute sussiste il rischio blocco attività per interi settori. Lettera da Abi, Ance, Assonime, Confindustria e R.E TE. Imprese al Ministro Gualtieri

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C’è il rischio concreto che la nuova disciplina sugli appalti possa bloccare interi comparti. È questo il pensiero comune del mondo imprenditoriale e delle banche, che ha deciso di interpellare direttamente Roberto Gualtieri.

Abi, Ance, Assonime, Confindustria e R.E TE. Imprese Italia (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti) hanno infatti scritto una lettera al Ministro dell’economia e delle finanze per chiedere la soppressione delle nuove regole in materia di ritenute negli appalti o, almeno, di procrastinarne l’entrata in vigore al 1° luglio 2020, applicandole ai contratti stipulati dal 1° gennaio 2020, rivedendone i meccanismi di applicazione.

Ci sono ancora molti profili che richiedono ulteriori approfondimenti per consentire l’adeguamento dei processi gestionali e amministrativi, sia delle imprese committenti sia di quelle esecutrici. Infatti poter confidare su un quadro regolatorio chiaro in tutti gli aspetti è un presupposto imprescindibile per consentire alle imprese di riorganizzare, una volta per tutte, i processi amministrativi e gestionali e di eseguire correttamente i nuovi adempimenti che, altrimenti, si pretenderebbe di ottenere “al buio” dal prossimo 17 febbraio.

Inoltre, secondo gli industriali, è necessario un sistema automatizzato e digitalizzato di rilascio dei certificati per evitare il rischio ingolfamento degli Uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate.

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Manifatturiero a Brescia: produzione a -4,5% tra luglio e settembre 2019 https://www.industriaitaliana.it/manifatturiero-a-brescia-produzione-a-45-tra-luglio-e-settembre-2019/ https://www.industriaitaliana.it/manifatturiero-a-brescia-produzione-a-45-tra-luglio-e-settembre-2019/#respond Tue, 12 Nov 2019 08:58:29 +0000 https://www.industriaitaliana.it/?p=34515 L’Associazione Industriale Bresciana, dopo 23 rilevazioni consecutive positive, si arrende e accende l’alert: meccanica tradizionale e mezzi di trasporto perdono l’1% in termini di output, meccanica di precisione e apparati elettrici l’1,2%; metallurgia e siderurgia frenano con un - 2,9%. E il futuro non è roseo

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Le indagini congiunturali dell’Ufficio Studi e Ricerche Aib (Associazione Industriale Bresciana) e del Servizio Studi della Camera di Commercio con i risultati al terzo trimestre 2019 non lasciano scampo: nel periodo tra luglio e settembre 2019, la produzione industriale delle imprese manifatturiere bresciane segna un calo pari al -4,5% sul trimestre precedente (congiunturale); è negativa anche la variazione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, pari al -0,9% (tendenziale).

Quest’ultimo dato risulta negativo per la prima volta dal terzo trimestre del 2013, dopo 23 rilevazioni consecutive positive. Risente del progressivo rallentamento della congiuntura nazionale e internazionale dovuto a molteplici fattori di incertezza: dalla guerra dei dazi, alle tensioni geopolitiche, al tormentato iter della Brexit.

 

“I risultati del trimestre estivo confermano le sensazioni negative sull’andamento dell’economia bresciana e, purtroppo, certificano la situazione di crisi e di fragilità dell’intero Sistema Paese – è il commento di Giuseppe Pasini, Presidente di Aib -. Rispetto al resto dell’Italia, tuttavia, il nord è fortemente esposto all’andamento delle esportazioni, e risente di quanto sta avvenendo a livello globale. Non solo il nodo tedesco, ma anche incertezze di lungo corso come il tema dei dazi tra Stati Uniti e Cina e la questione Brexit. E province come Brescia – che rappresenta il secondo cluster dell’automotive in Italia, dopo Torino – ne risentono maggiormente. In prospettiva sembra difficile ipotizzare un’inversione rapida di questa tendenza-

 

Il campione dell’indagine Aib

L’indagine Aib viene effettuata trimestralmente su un panel di 250 imprese associate appartenenti al settore manifatturiero. L’indagine sull’artigianato della Camera di Commercio, la cui fonte è l’indagine congiunturale Unioncamere Lombardia, ha coinvolto 191 imprese della provincia, pari a una copertura campionaria del 100%.

Focus sui settori

Con riferimento ai settori, l’attività produttiva è diminuita significativamente nei comparti: metallurgico e siderurgico (-6,7%); meccanica tradizionale e costruzione di mezzi di trasporto (-5,9%); meccanica di precisione e costruzione di apparecchiature elettriche (-4,9%); legno e mobili in legno (-4,7%). È diminuita con minore intensità nel tessile (-4,0%); carta e stampa (-4,0%); calzaturiero (-2,2%), agroalimentare e caseario (-1,8%); chimico, gomma, plastica (-1,4%); maglie e calze (-1,4%); abbigliamento (-0,6%). È aumentata solo nel comparto dei materiali da costruzione ed estrattive (+3,2%).

La crisi dell’automotive ferisce Brescia

Dai settori più strettamente legati al mondo dell’auto, arriva dunque il colpo di freno principale.

Le difficoltà di assorbimento dei mercati internazionali sono ben visibili nei dati Istat, che nel secondo trimestre registrano per Brescia (quarta provincia esportatrice italiana) 4,33 miliardi di controvalore, in calo del 3,2% rispetto allo stesso periodo del 2018. Risultato però di un trend in progressivo peggioramento, con aprile stabile, maggio in calo del 2,7%, giugno giù di oltre nove punti. Se nella media in Italia il primo semestre per l’export si chiude in crescita del 2,7%, la presenza più massiccia di aziende legate alla filiera meccanica spinge Brescia in rosso dell’1,4%.

Dalla componentisca all’ acciaio e ghisa, dalle lavorazioni di metalli ai tubi, insieme ad altre specializzazioni qui si produce 10,9 miliardi di valore aggiunto manifatturiero. Cifra a rischio alla luce degli ultimi trend: a prevedere altri cali di produzione è il 20% delle aziende, solo 18 al momento ipotizzano una crescita.

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Intesa Sanpaolo e Confindustria: sale a 100 miliardi plafond per Pmi https://www.industriaitaliana.it/intesa-sanpaolo-e-confindustria-sale-a-100-miliardi-plafond-per-pmi/ https://www.industriaitaliana.it/intesa-sanpaolo-e-confindustria-sale-a-100-miliardi-plafond-per-pmi/#respond Fri, 20 Sep 2019 16:45:48 +0000 https://www.industriaitaliana.it/?p=31886 Intesa Sanpaolo e Confindustria aumentano il plafond per le Piccole e medie imprese portandolo a 100 miliardi di euro dai 90 dell’ultimo accordo 2016-2019. La rinnovata partnership tra la Banca e Confindustria Piccola Industria rappresenta, come tutti gli accordi precedenti, uno stimolo per le imprese. L’annuncio è stato dato durante la celebrazione dei 10 anni dal primo […]

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Intesa Sanpaolo e Confindustria aumentano il plafond per le Piccole e medie imprese portandolo a 100 miliardi di euro dai 90 dell’ultimo accordo 2016-2019. La rinnovata partnership tra la Banca e Confindustria Piccola Industria rappresenta, come tutti gli accordi precedenti, uno stimolo per le imprese. L’annuncio è stato dato durante la celebrazione dei 10 anni dal primo accordo-quadro che si è svolta a Matera nella sala congressi di Casa Cava, a cui hanno partecipato tra gli altri Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria, Carlo Robiglio, Presidente di Confindustria Piccola Industria, Alberto Baban, Past President di Confindustria Piccola Industria e Stefano Barrese, Responsabile della Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo.

L’ultimo accordo tra Intesa Sanpaolo e Confindustria è stato sottoscritto nel 2016 ed è ancora in vigore: prevede in tre anni un plafond di 90 miliardi di euro, che come detto è stato portato a 100, ed è dedicato alla competitività e alla trasformazione delle imprese per cogliere le opportunità offerte dalla “Quarta rivoluzione industriale”. Il Gruppo e l’Associazione hanno annunciato che in futuro punteranno ulteriormente su temi quali la sostenibilità, la circular economy, la patrimonializzazione, la diversificazione delle fonti finanziarie e l’internazionalizzazione delle imprese.

La collaborazione tra Intesa Sanpaolo e Confindustria è nata in piena emergenza nel 2009, quando la crisi stava decimando il nostro sistema imprenditoriale. In quel delicatissimo momento furono concordate una serie di misure tempestive per dare ossigeno alle imprese a cominciare dal rinvio delle rate di mutuo e di leasing, e dall’attivazione di una serie di interventi sul capitale circolante e sulla patrimonializzazione. Le soluzioni introdotte dall’Accordo del 2009 consentirono a Intesa Sanpaolo di intervenire a supporto della liquidità delle imprese e fecero da apripista alle successive intese, nella cosiddetta moratoria tra Abi, Mise, Confindustria e le altre organizzazioni imprenditoriali, diventando poi patrimonio comune dell’intero Paese. Intesa Sanpaolo ha contribuito alla moratoria, dal 2009 ad oggi, complessivamente con oltre 96.000 operazioni.

«La partnership con Intesa Sanpaolo è nata per rispondere all’emergenza di credito e liquidità che ha interessato il nostro tessuto produttivo durante la crisi. Nel corso del tempo questa preziosa collaborazione ha saputo trasformarsi per cogliere tutti gli aspetti necessari allo sviluppo del sistema industriale – sottolinea Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria – Oggi, infatti, la finanza tradizionale non basta e serve una platea più ampia di strumenti in grado di rispondere alle esigenze dell’economia reale. Negli ultimi 10 anni Confindustria ha dedicato attenzione prioritaria, anche grazie a questa partnership, allo sviluppo della finanza quale funzione strategica per le imprese e parte del processo di innovazione. Molto è stato fatto per estendere e diversificare le fonti di finanziamento delle imprese, aumentarne la patrimonializzazione e avvicinarle ai mercati. Attraverso il Programma Elite abbiamo lavorato insieme per accrescere la cultura finanziaria e organizzativa delle Pmi. Oggi questo processo va completato. In particolare, bisogna rafforzare ulteriormente il fondo di garanzia potenziando le misure introdotte del Decreto Crescita a supporto delle Pmi più strutturate e si dovranno sbloccare i PIR riattivando un flusso di risorse a vantaggio del sistema produttivo».

Con gli accordi successivi si è ampliata la sfera d’azione degli interventi: dal rafforzamento dimensionale all’internazionalizzazione, dall’innovazione alla finanza per la crescita, dalla cultura d’impresa alla sostenibilità economica, sociale ed ambientale. La collaborazione, infatti, si è trasformata nel tempo facendo diventare gli accordi sottoscritti dei veri e propri piani di politica industriale di ampio respiro. Queste numerose iniziative hanno permesso in 10 anni l’erogazione di oltre 210 miliardi che la Banca ha destinato alle imprese.
In particolare, tra gli elementi di maggior rilievo, l’accesso al credito, la finanza per la crescita, l’innovazione e la nuova imprenditorialità. Su queste linee guida è stato sviluppato un piano d’azione, guidato dai rispettivi vertici, che ha portato a individuare una serie di fattori qualitativi intangibili. In tal modo è stato possibile misurare il posizionamento competitivo delle imprese e le reali prospettive di sviluppo, modificando radicalmente la tradizionale relazione banca-impresa, esclusivamente basata sulla valutazione dei dati storici di bilancio.

Grazie a questo importante lavoro Intesa Sanpaolo ha adottato un questionario qualitativo nella valutazione creditizia per valorizzare elementi immateriali diversamente non quantificabili: l’appartenenza ad una filiera, la presenza di certificazioni di qualità e ambientali, il possesso di marchi e brevetti, gli investimenti in ricerca ed innovazione, la cura del capitale umano, il rispetto della legalità, la presenza di coperture assicurative e di piani di sviluppo aziendali, la struttura manageriale e l’attenzione al passaggio generazionale, fattori che sono espressione di una capacità dell’impresa di crescere e orientare la propria azione verso investimenti che portano ad una solidità e sostenibilità prospettica.

«La crescita delle Pmi è per noi un mantra, un concetto che si arricchisce ogni giorno di nuovi significati – afferma Carlo Robiglio, Presidente Piccola Industria di Confindustria – Il lungo percorso fatto con Intesa Sanpaolo ci ha permesso di ampliare sempre di più la sfera d’azione comune per poter accompagnare e sostenere le nostre aziende nelle sfide quotidiane, per dotarle di una cassetta degli attrezzi sempre più complessa e specializzata. In questa cornice è stato sviluppato l’ultimo Addendum all’Accordo 2016-2019 che ha puntato un faro sulla cultura d’impresa intesa a 360 gradi. La nostra collaborazione continua ad ampliarsi e ad arricchirsi, stiamo già lavorando al nuovo Accordo che sarà siglato nei prossimi mesi. Le Pmi devono saper lanciare il cuore e la testa oltre l’ostacolo ed essere pronte ad adattarsi, a cambiare, a rispondere alle emergenze cercando di trasformarle in opportunità. Bisogna favorire le aggregazioni, le filiere per aumentare il peso specifico delle piccole imprese e la loro capacità di operare nel mercato estero, aiutarle ad aprire la governance e a cogliere le occasioni di crescita offerte dalla finanza innovativa. Bisogna aiutare quel 60% di imprese italiane in fase di transizione a fare il salto dimensionale e competitivo. Bisogna trasformare questo reparto scelto in un esercito con l’aiuto di un formidabile alleato come Intesa Sanpaolo».

Tali aspetti sono entrati a far parte a pieno titolo del nuovo modello di rating corporate validato nell’aprile 2017 dalla Bce. Dall’avvio ad oggi per oltre 33mila clienti-imprese è stato possibile valorizzare nella determinazione del rating almeno uno degli elementi qualitativi. La consapevolezza che la crescita delle imprese passa attraverso processi di digitalizzazione, rapporti di filiera e investimenti sostenibili ha delineato iniziative volte ad accompagnare gli investimenti Impresa 4.0 partendo innanzitutto da un processo di diffusione culturale sulla sostenibilità economica, sociale e ambientale, tra cui l’economia circolare e la resilienza, al fine di rendere le aziende capaci di adattarsi al cambiamento e di coglierne tutte le opportunità.

I finanziamenti erogati per Industria 4.0, a circa 10.000 imprese, sono stati pari a 3,3 miliardi. I contratti di Filiera sottoscritti sono oltre 660 con oltre 93mila dipendenti, un potenziale di oltre 15.600 fornitori e un giro d’affari di oltre 70 miliardi di euro. Più recentemente l’attenzione si è rivolta allo sviluppo del capitale umano e ai processi di crescita dimensionale e di patrimonializzazione. È in corso un importante accompagnamento al Programma Elite di Borsa Italiana, che in un solo anno ha visto la partecipazione di oltre 100 imprese di eccellenza; è inoltre operativo il supporto delle startup innovative attraverso l’adozione di un modello di valutazione appositamente dedicato a cogliere gli aspetti industriali e non solo finanziari dei progetti imprenditoriali.
I 10 anni di collaborazione hanno profondamente modificato il rapporto banca – impresa.

Partendo da punti di vista distanti e contrapposti durante le fasi di difficoltà creditizia e di liquidità connessi alla grande crisi economica si è arrivati a lavorare in tandem per un obiettivo comune: avere imprese più forti per un Paese più forte, sostenibile e competitivo. Ci sono ora le condizioni per destinare ulteriori sforzi a sostegno degli investimenti e della patrimonializzazione delle imprese, in particolare a quelle che riservano attenzione alla sostenibilità – anche in ottica di economia circolare e di resilienza – e che guardano ai mercati internazionali. Per accompagnare questo processo la Banca eleverà a 100 miliardi il plafond di 90, in attesa di siglare con Piccola Industria Confindustria il prossimo accordo di collaborazione.

«A distanza di dieci anni dal primo accordo, la collaborazione con Confindustria Piccola Industria continua e si rafforza. Lo dimostrano anche i numeri. Nel primo semestre di quest’anno il Gruppo ha erogato circa 11 miliardi di euro a favore del mondo imprenditoriale – sottolinea Stefano Barrese, Responsabile della Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo – confermando il proprio ruolo di motore dello sviluppo dell’impresa italiana, con la finalità di accrescere il valore del made in Italy nel mondo. Al centro della nostra azione c’è un nuovo modo di fare banca, attraverso la valorizzazione dei fattori qualitativi nella valutazione delle imprese, frutto di un lavoro svolto congiuntamente con Confindustria. L’obiettivo condiviso è quello di promuovere lo sviluppo dell’impresa in un contesto di sostenibilità economica, sociale e ambientale, favorendo processi di crescita qualitativa e dimensionale delle imprese, per renderle capaci di adattarsi al cambiamento e di saperlo governare»

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di Marco de’ Francesco ♦ IoT, cloud, cyber-security tirano il mercato, ora a quota 69 miliardi. Ma sulle previsioni  future grava l’incognita della rimodulazione delle misure del Piano Calenda. Quanto ha influito la crescita digitale per comparto e cosa succederà in futuro? Parlano Marco Gay, Luca Grivet Foiaia di EY, Paolo Baile di Accenture  e Marco Spimpolo di Omron

Come incideranno sul mercato Ict i nuovi incentivi a Industria 4.0? Che peso avranno la rimodulazione dell’iperammortamento, che è destinato a premiare gli investimenti minori, o il colpo di spugna sul superammortamento? Quale ruolo svolgerà l’innovation manager, l’evangelizzatore digitale studiato per piccole aziende e reti di impresa? Lo si inizierà a capire quando la legge di Bilancio sarà approvata, tra qualche giorno. Intanto, l’analisi del settore racconta l’avanzata del digitale in Italia, ora a quota 69 miliardi. Un rialzo deciso, sia per l’anno passato che per quello in corso, del 2,3%, determinato dal progresso dall’area degli abilitatori digitali – IoT, cloud, la cyber-security, il mobile business – la cui domanda è prevista in crescita da qui al 2020 del 16,5% ogni anno. Con punte dell’80% per le blockchain. Peraltro, anche i servizi sono destinati ad avanzare; per quelli cloud è previsto un aumento medio da qui a due anni del 20,3%.

Vanno segnalate almeno altre due circostanze: a causa dell’attinenza del fenomeno con Industria 4.0, l’avanzamento è dovuto più al business che al consumer; e poi, giacché per gestire l’innovazione occorre massa critica, capacità di investimento e di inserire nuovo personale, permane un gap digitale tra le piccole aziende e quelle medie e grandi. Secondo il rapporto “Il Mercato Digitale in Italia” 2018 di Anitec-Assinform, l’associazione nazionale imprese dell’Ict e dell’elettronica di consumo, il mercato promette di raggiungere quota 75 miliardi nel 2020. Ma a una condizione: la permanenza di un quadro incentivante. Secondo la ricerca, infatti, è questa l’incognita: se gli effetti dei nuovi incentivi saranno paragonabili a quello del Piano Calenda, per il digitale la crescita continuerà, altrimenti no. Come finirà? Ne abbiamo parlato con il presidente dell’associazione, Marco Gay, con Luca Grivet Foiaia di EY, con Paolo Baile di Accenture e con Marco Spimpolo di Omron.

 

Marco Gay_Vicepresidente Esecutivo Digital Magics_web
Marco Gay, presidente Anitec-Assinform

 

L’Ict a quota 69 miliardi miliardi: le ragioni della crescita nel Piano Calenda

«Un mercato che cresce due volte il Pil» – mette in evidenza Gay, presidente di una associazione di aziende che rappresenta 21 miliardi di fatturato complessivo e circa 70mila addetti, un terzo di quelli di comparto. L’Ict, in effetti, ha fatto segnare un rialzo del 2,3% nel 2017, e le proiezioni dicono che per l’anno in corso la percentuale sarà la stessa. Ma cos’è, esattamente, l’Ict? È un termine vasto, che ricomprende più attività. Sta per “information and communications technologies” e si riferisce alle strutture internet e mobile, alle reti aziendali, a componenti fisiche come computer e data center, e a tutti gli sviluppi della comunicazione digitale come le piattaforme cloud, i siti web, i motori di ricerca, le app mobile, la realtà virtuale, e tantissimo altro. «Oggi – continua Gay – questo mercato vale in Italia quasi 69 miliardi di euro, e promette di valerne 75 nel 2020». Secondo le proiezioni indicate nel rapporto, infatti, il digitale crescerà del 2,8% nel 2019 e del 3,1% nel 2020. Uno sviluppo irresistibile?

Per Gay, l’impressione è che la manovr riservi poco rilevo alla tecnologia. «Con un grosso caveat – afferma Gay -: la continuità dei piani nazionali di stimolo all’innovazione. Da questo punto di vista, c’è preoccupazione. Per mesi non si è capito molto di ciò che il governo intende fare a proposito del Piano Calenda. L’impressione è che in una manovra da 37 miliardi poco sia riservato alla tecnologia, e molto ad iniziative, come il reddito di cittadinanza, che non hanno impatto sullo sviluppo del Paese». Un’incertezza che ha pesato molto sugli ordini relativi ad un altro settore, quello delle macchine utensili: quelli indoor sono precipitati del 15% al terzo trimestre rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Accadrà lo stesso con l’Ict? Questo è un argomento che affronteremo dopo. C’è invece da chiedersi, subito, quali siano le ragioni dell’impennata del digitale.

«Il Piano Calenda ha senz’altro rimesso al centro l’argomento del digital – afferma Grivet Foiaia, Technology Enterprise Transformation Leader di EY -: se ne è parlato in tante occasioni, si sono tenuti convegni, e vecchi dossier aziendali, tenuti nei cassetti per mesi, sono tornati in auge. Si è tornati ad investire perché si è capito che grazie all’Itc si raggiungono risultati di business. Poi, indubbiamente la leva fiscale ha contribuito ad alimentare il fenomeno, e diversi imprenditori hanno preso la palla al balzo per trasformare l’azienda in vista dell’efficienza».

Secondo il Managing Director e Strategy, Communications Media & Technology Lead di Accenture Paolo Baile «il fatto è che la tecnologia digitale rappresenta infatti una componente fondamentale del business di diverse aziende italiane. A confermarlo anche la nostra survey Technology Vision che rileva una spesa in abilitazione digitale delle aziende italiane di 14 miliardi di euro. È aumentata anche la richiesta di brevetti specifici sulle tecnologie digitali, precisamente si è registrato un incremento del 4,3%, rispetto ad una media europea del 2,6%. Il mercato italiano è ricettivo e il 48% dei dirigenti afferma che il budget relativo alle nuove tecnologie crescerà fino al 10% con un ritorno stimato del capitale investito superiore all’80%».

Per Marco Spimpolo, Regional Marketing Manager Omron, non è però solo merito di Calenda: «Nel manifatturiero il Piano Calenda non è stato l’elemento primario della scelta: l’investimento degli imprenditori è avvenuto per necessità di innovare, per rimanere su un mercato orientato all’innovazione; tuttavia bisogna ammettere che gli incentivi hanno incrementato la fiducia nelle azioni di trasformazione digitale».

 

IoT
Lo IoT tra i digital enabler che spingono la crescita dell’ Ict

Gli abilitatori digitali come moltiplicatori della crescita dell’Ict

All’interno dell’Itc c’è un’area, assai incline all’innovazione, molto vivace sul mercato. È quella dei cosiddetti digital enabler, cioè quella delle tecnologie di punta adottando le quali le aziende potrebbero conseguire gli obiettivi di maggiore flessibilità, velocità, produttività, qualità e competitività. Sono espressamente indicate nel Piano Calenda. Tra queste, ad esempio, l’IoT, il Cloud, la cyber-security, il mobile business. Il fatto è che, mentre per l’Ict “tradizionale” è previsto un tasso medio annuo di crescita della domanda dello 0,9% tra il 2017 e il 2020, e nello stesso periodo l’area degli abilitatori dovrebbe far registrare, secondo le previsioni un tasso del 16,5%. È prevista peraltro un’avanzata spettacolare delle blockchain, a quota 80%, e dell’intelligenza artificiale, attorno al 50%; ma in termini di valore di mercato i numeri saranno ancora bassi. La differenza di passo con l’Itc consolidato è comunque molto consistente.

L’idea è che gli abilitatori contino molto più di quanto non appaia contabilmente, circa un sesto del mercato; perché sarebbero in grado di stimolare la domanda. Secondo Grivet Foiaia «la crescita dei digital enabler può in effetti trascinare quella dell’area “tipica”, perché quest’ultima e quella innovativa sono contesti che si toccano, e c’è integrazione tra attori di comparto. Per esempio, se un’azienda intende applicare l’IoT, deve disporre di un sistema “core” aggiornato e in grado di sostenere validamente l’internet delle cose. Ora si va verso il Cloud, che è un digital enabler: ciò sta comportando la rivoluzione della componente infrastrutturale delle aziende, ed è un bel segnale di rinnovo».

I servizi legati al cloud raggiungeranno anche in futuro un elevato tasso di crescita

L’avanzata dei servizi

Più che i prodotti, avanzano i servizi. Il maggior tasso medio annuo di crescita per il periodo già indicato è quello previsto per i servizi legati al Cloud, che raggiungeranno quota + 20,3%. Ma tutta l’area software e soluzioni Ict, legata a applicazioni IoT, big data, social, IT management & governance è previsto in crescita del 7,3%. Anche meglio andrà la pubblicità digitale, a quota 7,7%. In generale, i servizi relativi all’Ict segneranno un rialzo del 5,3%; d’altra parte, il comparto ha già raggiunto gli 11 miliardi di euro. Ciò non sorprende Grivet Foiaia. «L’avanzata dei servizi – afferma – è legata al processo di servitizzazione in corso. Il prodotto non viene più proposto da solo, ma viene erogato in associazione con un servizio a pagamento, che è sempre più rilevante. Inizialmente, la fornitura di servizi era parte di strategie dell’azienda per offrire un valore aggiunto e differenziarsi dai concorrenti. Ora, già nel contesto della trasformazione digitale, l’azienda immagina, in quanto business, una combinazione di prodotti nuovi e servizi collegati. Oggi è un elemento molto importante per mantenere al fiducia dei clienti».

 

 

Grivet Foiaia, Technology Enterprise Transformation Leader di EY

Meno tablet e più wearable. La frenata dei servizi di rete

Secondo la ricerca, i dispositivi e i sistemi di rete faranno registrare un andamento medio annuo in crescita del 2,2%, nel periodo considerato. Da una parte si assisterà ad un rallentamento di Pc, stampanti e tablet, dall’altra ad un’avanzata di componenti legate ai nuovi paradigmi digitali, come i server di fascia alta, i grandi apparati di storage, i dispositivi mobili (+8,3%) e quelli indossabili (wearable, +29%). I servizi di rete, invece, sono previsti in calo per 2,2%. E la frenata riguarda non solo la rete fissa, ma anche quella mobile. Cresceranno, invece, quei servizi di connettività e trasmissione che sono legati al Cloud. Secondo Grivet Foiaia, d’altra parte, «l’investimento in reti “fisiche”, in cavi locali, si sta riducendo; ad esempio, la gente tende a non collegarsi alla rete Lan locale (rete informatica di collegamento tra più computer) nei luoghi di lavoro, dal momento che si può disporre del wi-fi. E anche la rete domestica sta gradualmente scomparendo. L’investimento in connessione è sempre più evidente e fa sì che l’utilizzo dei cavi si stia riducendo. Ciò ha delle conseguenze pratiche: una diminuzione del lavoro materiale di installazione e un risparmio di materiali».

 

Rallentamento del mercato per Tablet, Pc e stampanti

Più una faccenda di business che di consumer

Utility e filiere trainano la crescita. Dal momento che l’avanzata dell’Ict è legata al Piano Calenda, il tasso medio annuo di crescita per il periodo considerato della domanda business sarà del 4,3%, contro lo 0,6% di quella consumer. Ma in quali business? Un ruolo considerevole, nel rialzo, lo svolgeranno le utility (+ 6,5%) seguite dalle filiere industria e servizi grazie a progetti legati all’IoT, agli indossabili, all’intelligenza artificiale, e alla cyber sicurezza, che faranno segnare un avanzamento del 6%. Come si spiega il ruolo delle utility? Secondo Grivet Foiaia «Le utility sono in genere paragonabili a industrie, quanto a tassi di crescita. Ora stanno cogliendo l’opportunità offerta dall’IoT, per la distribuzione e la gestione dei servizi. A mio avviso, è molto interessante il controllo dei consumi di energia e di acqua attuato grazie all’IoT, e cioè grazie a contatori connessi e periferici, perché consente precisione real time nelle bollette. Tutto ciò era impensabile, sino a poco tempo fa, quando c’era un tecnico addetto a ispezioni periodiche; oggi, peraltro, si possono monitorare le perdite, con sensori piazzati sugli end-point delle forniture. In definitiva, si erogano servizi incrementali al cliente, e questo spiega l’avanzata delle utility nel comparto Ict».

Tra gli altri settori destinati a crescere, quello delle banche ed assicurazioni (+ 6%), mentre il rialzo sarà meno accentuato nell’ambito delle telecomunicazioni e dei media (+ 2,3%); mentre non c’è da aspettarsi molto dalla Pubblica amministrazione: in generale, la domanda è prevista a crescita zero in quella centrale e in calo in quella locale. Ci si attende un po’ di dinamismo solo nella Sanità, che farà registrare un rialzo del 3,1%. Secondo lo studio, la Pubblica amministrazione è rallentata da vincoli normativi e burocratici.

Quanto conta il fattore dimensionale

Le piccole crescono ma a ritmi inferiori rispetto alle medie e alle grandi. La notizia, in fondo, è che l’avanzata dell’Ict non riguarda solo le medie e grandi imprese, ma anche, finalmente, le piccole. Secondo la ricerca, da qui al 2020 il tasso medio annuo di incremento della domanda delle aziende con oltre 250 addetti è stimato al 4,8%, superiore a quello delle aziende con 50-250 addetti (+4,4%) e, ancora di più, a quello delle piccole sotto i 50 addetti (+3%). Per Grivet Foiaia «c’ è di mezzo un fattore strutturale: per gestire l’innovazione occorre massa critica, capacità di investimento e di inserire nuovo personale. In una Pmi il turnover è necessariamente limitato, e pertanto l’azienda ha prospettive più locali, ridotte, con meno chance di contaminazione. Le grandi aziende possono sperimentare di più, a costi non eccessivi, “scalando” il costo delle operazioni su tutta l’azienda. E poi ogni sperimentazione può comportare dei rischi: una pmi ha minore capacità di sostenerli».

Secondo Grivet Foiaia «va comunque salutata favorevolmente la crescita nelle piccole aziende. Va peraltro sottolineato che l’avanzata è legata alla cosiddetta consumerizzazione del digitale: in pratica, dal momento che la forza-lavoro ha una sempre maggiore dimestichezza con le tecnologie, ciò condiziona le scelte dell’azienda, perche spinge quest’ultima ad avvalersene. In parole povere: non è strano vedere un imprenditore che cerca di capire come utilizzare il digitali a seguito di una influenza consumer». E poi il Cloud aiuta. «Senz’altro, per via di causa di soluzioni modulari che ci consentono di iniziare con poco». A settembre Confindustria aveva chiesto al governo l’introduzione di un “temporary digital manager”, e cioè un esperto a disposizione di più piccole aziende per aiutarle ad intraprendere la strada della trasformazione digitale, identificando le tecnologie più adatte in vista di nuovi modelli di business. «Questa operazione di evangelizzazione digitale andrebbe benissimo, tanto più che le piccole aziende hanno sempre condiviso i fattori produttivi nei distretti industriali, spartendo i costi. La dinamica ricalcherebbe operazioni condotte in passato».

 

Marco Spimpolo, Regional Marketing Manager Omron

 

Riflessi della crescita del digitale sulle piattaforme di automazione e sui robot

«Le piattaforme di automazione hanno avvertito il trend di mercato – afferma Spimpolo -, che, d’altra parte, cerca modelli che possano connettersi con i layer IT». Omron, colosso nipponico da 6,5 miliardi di euro di fatturato la cui attività principale è la produzione e la vendita di componenti, apparecchiature e sistemi di automazione, dispone di una piattaforma, Sysmatic, che consiste in un unico software grazie al quale l’azienda cliente può programmare tutte le tecnologie della fabbrica, dal machine controller ai sistemi di visione e di controllo di qualità. Anni fa, per avviare una linea erano necessari otto computer, che andavano singolarmente programmati in rapporto alla tecnologia di riferimento. Oggi, grazie a piattaforme di automazione, l’azienda ha la governance dello shopfloor: si realizza un’integrazione completa.

 

Un robot al lavoro all’ interno dell’ Omron Innovation Lab di Milano

 

Secondo Spimpolo, il rinnovamento dei mezzi delle imlrese mprese italiane non può esaurirsiin due anni .«La connettività è un must» – continua Spimpolo. «Abbiamo ottenuto risultati importanti: + 15% per quanto riguarda le vendite di automazione. Quanto ai robot, che Omron ha ottenuto nel 2015 acquistando la californiana Adept, «hanno triplicato i numeri, così come i sistemi di visione artificiale. Stiamo peraltro lanciando robot collaborativi, e ci attendiamo numeri importanti». In generale, l’industria italiana dell’Automazione manifatturiera e di processo ha chiuso il 2017 con un fatturato complessivo di 4,8 miliardi di euro ed un incremento dell’11,6% rispetto all’anno precedente. «Negli ultimi anni si è rafforzato il contributo del canale estero, ma l’instabilità macroeconomica non aiuta: le aziende cinesi e statunitensi hanno investito molto, e ora sono un po’ sul “chi va là”. Nel mercato interno c’è stato un rinnovamento dei mezzi, ma dovrebbe essere solo un inizio: è una vicenda che non si può chiudere in due anni».

 

Ancora indietro con la banda larga, mentre il 5G spunta all’orizzonte

A proposito di reti, si parla di banda larga per indicare quelle con un’ampiezza maggiore rispetto alle precedenti. Consente di trasmettere, inviare e ricevere dati in maniera più rapida, e quindi di avere connessioni internet più veloci. Solo che le cose non sono andate come ci si attendeva: ad aprile 2018, si legge nella ricerca, le unità immobiliari raggiunte dalla banda ultralarga (varietà ancora più potente) erano solo il 52,4% contro l’obiettivo del 71% di fine 2018. Sempre secondo la ricerca, le ultime rilevazioni prospettano uno scenario 2020 con un aumento delle aree bianche (poco appetibili per gli operatori) fino all’8,2% delle unità immobiliari, una copertura complessiva del 24% per la banda ultralarga a un Gb e del 38% per la banda ultralarga a 30 Mbps. Si tratta di stimolare servizi di alto valore aggiunto nelle aree bianche o grigie, quelle per niente o poco servite: lavorano in tale direzione il Piano Impresa 4.0, il progetto Italia WiFi e le sperimentazioni dei servizi in 5G. Il decollo del 5G è previsto attorno al 2022, con una copertura significativa a partire dal 2023.

 

Paolo Baile,Managing Director e Strategy, Communications Media & Technology Lead di Accenture

 

 

Il 5G è un nuovo standard per la comunicazione mobile: assicura una velocità di download e upload molto elevata. Ma il 5G, secondo il Managing Director – Accenture Strategy, Communications Media & Technology Lead di Accenture Paolo Baile non è solo una nuova rete mobile: «Piuttosto, svolgerà il ruolo di collante e acceleratore degli abilitatori digitali, garantendo a questi migliori performance; e poi, sarà una vera e propria piattaforma abilitante di nuovi servizi, in cui tutti i digital enabler potranno essere orchestrati per offrire le applicazioni richieste nei nuovi e diversi ecosistemi industriali che nasceranno». Per Baile «gli abilitatori digitali non crescono in maniera isolata e non sono rappresentati soltanto dall’IoT, dal Cloud e dalla Cybersecurity. Le nuove tecnologie sono convergenti e stanno avendo un fortissimo impatto fino a trasformare il modello di business che sta evolvendo verso l’Impresa Intelligente. »

«A nostro avviso sono cinque i trend che stanno convergendo in questa direzione, descritti nella Technology Vision. Il primo lo abbiamo definito “Citizen AI”: l’intelligenza artificiale è sempre più diffusa, ma va educata a beneficio del business e della società, dal momento che le persone collaboreranno in sistemi sempre più complessi. Il secondo è la “Extended reality”: le tecnologie di realtà virtuale e aumentata stanno eliminando la distanza tra le persone, le informazioni e le esperienze, trasformando il modo in cui esse vivono e lavorano. Il terzo trend è rappresentato dalla “Data veracity”. Tutti conoscono l’importanza che l’analisi e la gestione dei dati hanno assunto. Ora, informazioni inaccurate possono invalidare intere indagini. E dal momento che il 75% dei manager intervistati afferma che i dati guidano le decisioni aziendali, è importante che questi siano precisi. Il quarto è il “Frictionless business”: le nuove tecnologie abilitano la possibilità di collaborazione con altre aziende anche di diversi settori con l’obiettivo di creare valore incrementale. Un passaggio possibile se si modifica il modello di business e di conseguenza le strutture di rete “Legacy”. L’ultimo trend è “l’Internet of Thinking”: bisogna creare sistemi intelligenti e distribuiti, dal “core” verso i terminali. L’80% dei manager italiani ritiene che si debba bilanciare il Cloud con l’edge computing. Con il mobile-edge computing (architettura di rete che consente funzionalità di cloud computing e un ambiente di servizio IT ai margini della rete cellulare) la potenza di calcolo sarà trasferita dal “centro” verso sistemi periferici. Come detto questa trasformazione che è già in corso sarà accelerata dall’implementazione del 5G, la piattaforma che consentirà di affermare appieno il paradigma di Impresa Intelligente».

L’Ict aumenterà solo in costanza di incentivi

Come si è detto, le rosee previsioni sull’incremento della domanda di Ict fino al 2020 sono strettamente legate alla permanenza di un quadro incentivante. Partendo dal principio che il Piano Calenda, Industria 4.0, ha senz’altro funzionato. I numeri descrivono il successo della strategia governativa. Infatti, si legge nella ricerca di Anitec-Assinform che l’anno scorso il mercato italiano Industria 4.0 ha sfiorato i 2,2 miliardi di euro, in crescita del 19,3%; e che la crescita maggiore si è registrata per i sistemi industriali connessi e intelligenti (+20,7%) – additive manufacturing, stampanti 3D e advanced manufacturing (sistemi industriali già connessi e sistemi robotici o automatizzati) – seguiti dai prodotti e servizi Ict (+18,1%) con industrial internet, cloud, cybersecurity, big data e analytics, sistemi e servizi per integrazione orizzontale e verticale, software di simulazione in 3d e la realtà aumentata e virtuale.

 

Il Ministro del lavoro e dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio (foto di Mattia Luigi Nappi)

 

Si legge che per il futuro è attesa una forte crescita da intelligenza artificiale e cobot. Quanto alla legge di Bilancio 2019, la manovra è attesa a Palazzo Madama per martedì 18 dicembre; una volta approvato, il testo tornerà a Montecitorio per il definitivo via libera. L’impressione è che i dettagli si conosceranno veramente a fine anno; nel frattempo, si inizia a capire un po’ di più sugli elementi che comporranno la nuova Industria 4.0. Circa l’iperammortamento, e cioè la supervalutazione degli investimenti in beni dispositivi e tecnologie abilitanti la trasformazione in chiave 4.0 acquistati o in leasing, a quanto se ne sa e allo stato degli atti viene premiata una aliquota per gli investimenti minori: 270% sino a 2,5 milioni; 200% tra 2,5 e 10 milioni e 100% tra i 10 e i 20 milioni. Quanto al superammortamento, e cioè la supervalutazione (prima al 130%) degli investimenti in beni strumentali nuovi acquistati o in leasing, viene cassato in via definitiva. Viene introdotta, però, una mini-Ires per chi investe o assume con aliquota al 15% e resta al 140% l’aliquota per i software su licenza. Viene confermata la Sabatini, misura a favore di Pmi e microimprese che sostiene gli investimenti per acquistare o acquisire in leasing macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, nonché software e tecnologie digitali. Consiste nella concessione da parte di banche e intermediari finanziari convenzionati con Mise, Abi (associazione bancaria italiana) e Cassa depositi e prestiti di finanziamenti nonché di un contributo da parte del Mise.

Il finanziamento può essere assistito dalla garanzia del “Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese” fino all’80% dell’ammontare e deve avere un importo tra i 20mila e i due milioni di euro. Circa il credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo, a quanto se ne sa viene sostanzialmente dimezzato: da 20 a 10 milioni di euro, il credito massimo che potrà essere fruito da ciascuna impresa. Allo stato, si sa che ci sarà una doppia aliquota (come in passato) del 25% e del 50%, a seconda della tipologia della spesa. In ogni caso, sarebbe stato ampliato il novero delle spese ammissibili. Quanto all’introduzione dell’innovation manager (che avrebbe quel ruolo di evangelizzazione digitale presso le piccole aziende di cui si è detto sopra) va detto che le risorse a favore dell’agevolazione sarebbero molto ridotte: attorno ai 25 milioni di euro all’anno. Il contributo, sotto forma di voucher, coprirebbe la metà delle spese ammissibili per le micro imprese, per le piccole aziende o per le reti di impresa; e il 30% per le medie imprese. Il contributo massimo sarebbe pari a 25mila euro, ma si arriverebbe ad 80mila in caso di adesione a contratti di rete.

Il testo che sarà presentata al Senato dovrebbe contenere anche il bonus formazione 4.0, che sarebbe stato rimodulato in funzione delle dimensioni dell’azienda che ne fruisce. Il credito sarebbe pari alla metà delle spese sostenute dalle piccole imprese; al 40% di quelle delle medie e al 30% di quelle delle grandi aziende. Si tratta sostanzialmente di un credito di imposta in attività di formazione 4.0; il bonus sarebbe stato rifinanziato per complessivi 250 milioni di euro. Sarebbero stati infine creati ex novo due fondi: uno per progetti blockchain e intelligenza artificiale, del valore di 45 milioni di euro per il triennio 2019-2021, e l’altro per un progetto europeo di microelettronica, per 460 milioni totali sino al 2024. Secondo diversi osservatori, mancherebbe una visione coerente e organica della materia.

Confindustria ha lamentato la scomparsa della cabina di regia, che fino a qualche mese fa ha coordinato ministeri e università, centri di ricerca e associazioni. Va ricordato che la crescita del mercato digitale nell’anno in corso era prevista al 2,6%, ma forse a causa dell’indecisione del governo in materia di rinnovo degli incentivi, si è ridotta la stima al 2,3%. «Una grande operazione di rinnovamento dell’industria italiana non si può chiudere in due anni – afferma Spimpolo –, periodo in cui tutte le tecnologie hanno virato nella direzione del 4.0; ma ora il governo ha deciso di mettere il Piano Calenda in cantina, rimodulandolo al ribasso». Com’è noto il ministro Calenda aveva previsto anche una fase due, già rinominata “Piano Impresa 4.0” e completata da patent box, centri di competenza ad alta specializzazione, centri di trasferimento tecnologico, credito di imposta sulla formazione ed altro.

Secondo la ricerca, se continuato, Impresa 4.0 potrebbe stimolare oltre 10 miliardi di euro di maggiori investimenti privati, un aumento di 11 miliardi nella spesa in ricerca e innovazione; e avere un impatto significativo sulle competenze, con 200 mila studenti e 3 mila manager formati sulle tecnologie 4.0 in capo a due anni. Sempre secondo lo studio, gli investimenti in tecnologie 4.0 sfiorerebbero i 3,7 miliardi di euro nel 2020 per un aumento medio della domanda nel periodo 2017-2020 del 19,2%. Questa crescita sarebbe ancora più intensa (19,6%) per i sistemi industriali e leggermente più bassa (18,9%) per i sistemi Ict, con un picco di crescita nel 2018 del 22,3% per i primi e del 21% per i secondi. Ma bisogna ancora attendere la fine dell’anno per capire che fine farà la nazionale strategia di crescita in fatto di 4.0.

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Credito: Zanetti (Confindustria), con Abi nuovo accordo cruciale per alleviare tensioni finanziarie delle imprese https://www.industriaitaliana.it/credito-zanetti-confindustria-con-abi-nuovo-accordo-cruciale-per-alleviare-tensioni-finanziarie-delle-imprese/ https://www.industriaitaliana.it/credito-zanetti-confindustria-con-abi-nuovo-accordo-cruciale-per-alleviare-tensioni-finanziarie-delle-imprese/#respond Fri, 16 Nov 2018 09:52:38 +0000 https://www.industriaitaliana.it/?p=21535 Matteo Zanetti, presidente del gruppo tecnico credito e finanza di Confindustria ha commentato favorevolmente la firma dell’intesa. «L’Accordo firmato con ABI e le altre Associazioni di rappresentanza, è uno strumento significativo per alleviare le tensioni finanziarie di quel 60% di imprese italiane che si trova ancora in una fase di transizione. I finanziamenti a medio […]

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Matteo Zanetti, presidente del gruppo tecnico credito e finanza di Confindustria ha commentato favorevolmente la firma dell’intesa. «L’Accordo firmato con ABI e le altre Associazioni di rappresentanza, è uno strumento significativo per alleviare le tensioni finanziarie di quel 60% di imprese italiane che si trova ancora in una fase di transizione. I finanziamenti a medio e lungo termine potranno essere sospesi e allungati a condizioni che consentano di limitare significativamente l’eventuale aumento dei tassi di interesse.»

Di grande rilievo – prosegue Zanetti – è inoltre la costituzione di un tavolo di confronto tra associazioni di banche e imprese per assumere posizioni condivise sulla regolamentazione finanziaria internazionale. Si tratta di un tema centrale ai fini dell’accesso al credito, su cui Confindustria, insieme ad Abi e alle altre associazioni delle imprese italiane ed europee, lavora da tempo per allentare la stretta regolamentare e giungere a un assetto di regole attentamente calibrato, senza però spiazzare l’offerta di credito.»

«Abbiamo ottenuto alcuni risultati importanti – conclude l’esponente di Confindustria – in particolare l’introduzione e la conferma del Pmi Supporting Factor. È ora essenziale continuare a lavorare insieme nell’interesse del Paese, su dossier strategici come il completamento dell’Unione bancaria, il backstop al fondo di risoluzione e le regole sugli accantonamenti a fronte degli NPL».

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di Marco de’ Francesco ♦ Finanza alternativa: si può fare, ora più di prima. Dall’alleanza  tra il programma di Borsa Italiana e il Comitato,  strumenti e idee per  favorire lo sviluppo delle imprese e aiutarle a posizionarsi nel mercato internazionale. Il ruolo di Simest e dell’ Ice, i Pir e l’Aim

Com’è noto, le aziende che prosperano sono quelle che avanzano lungo due direttrici: l’internazionalizzazione e la trasformazione digitale. Sono attività che richiedono finanziamenti, che però le piccole e medie industrie italiane faticano ad ottenere dalle banche, anche a causa di criteri restrittivi sulla concessione del credito imposti a livello europeo da Basilea II. Come se ne esce? Alla Borsa di Milano e con l’evento “Be Inspired. The key factors for growth”, il primo step della collaborazione tra il Comitato Leonardo, che promuove il Made in Italy e che riunisce aziende per un fatturato complessivo di 321 miliardi di euro, ed Elite, che aiuta le imprese a posizionarsi su standard internazionali e poi, eventualmente, quotarsi in Borsa. Si tratta di utilizzare l’ecosistema che ruota soprattutto attorno ad Elite, e che mette insieme private equity, la Borsa, il private debt e altro. Ma anche la Simest e l’Ice, attive nell’internazionalizzazione.

 

Luisa Todini
Luisa Todini, Presidente Comitato Leonardo

Imparare a utilizzare  strumenti diversi per finanziarsi

Secondo il Comitato Leonardo, le imprese devono imparare ad utilizzare gli strumenti per finanziarsi. Di qui la partnership con Elite, nel cui ecosistema non mancano i possibili finanziatori. «Che cosa manca alle aziende?» – si è chiesta la presidente del Comitato Leonardo Luisa Todini. «Quando noi leggiamo che il 95% delle aziende ha circa 10 addetti – ha continuato la Todini – ciò ci fa capire che dobbiamo avere la capacità di aggregare, e di utilizzare la leva della finanza per crescere: finanza pubblica, pubblico-privata e privata. Farsi supportare da istituti di credito e fondi di private equity non significa spogliarsi della propria esperienza e della propria storia, ma vuol dire poter varcare i confini in maniera più solida, con le spalle più forti e con la capacità di raccontare delle storie imprenditoriali che si rinnovano di continuo».

Secondo la Todini manca la capacità di agganciare strumenti di finanziamento già esistenti. «Bisogna usarli al meglio, bisogna non aver paura. In Italia, in effetti, ha ancora un ruolo un certo familismo con deriva padronale». Di qui l’aggancio al progetto Elite. «Ha una serie di stakeholder di carattere istituzionale – ha continuato la Todini – e una piattaforma che aiuta le aziende a capire quanto sia importante aprirsi al mondo della finanza per favorire lo sviluppo. C’è un circuito positivo, che unisce impresa, finanza e istituzioni». Sempre per la Todini, l’incontro di ieri ha rappresentato «il primo step di una collaborazione tra il comitato e Elite per favorire una sempre più efficace sinergia tra queste componenti».

 

Agnelli,_Gawronski_e_Montezemolo_(Torino,_1990)
Gianni Agnelli, qui con Gawronski e Montezemolo, tra i fondatori del Comitato Leonardo (Torino 1990)

Il Comitato Leonardo

Ma cos’è il Comitato Leonardo? È nato nel 1993 su iniziativa di Sergio Pininfarina e di Gianni Agnelli; ma anche di Confindustria, dell’Ice e di un gruppo di imprenditori. L’obiettivo, quello di promuovere e affermare la “Qualità Italia”nel mondo. Oggi associa 160 personalità tra imprenditori, artisti, scienziati e uomini di cultura. Tra i soci anche 160 aziende, il cui fatturato complessivo, nell’ultimo anno, è stato pari a 321 miliardi di euro, con una quota export media che supera il 53%. Sono 25 le imprese associate al comitato che sono anche quotate in Borsa.

Puntare su fonti alternative di finanziamento

La stretta sul credito bancario alle imprese non è destinata ad alleggerirsi. Bisogna puntare su forme alternative di finanziamento. Secondo il Direttore Generale per la politica industriale, la competitività e le Pmi del ministero per lo Sviluppo Economico, Stefano Firpo, «ci sono dei vincoli alla crescita delle aziende proprio adesso, nel periodo storico in cui occorrono risorse per la digitalizzazione e l’internazionalizzazione». Per Firpo, molte aziende conoscono solo il credito bancario, ma «a seguito degli accordi di Basilea (riguardanti i requisiti patrimoniali delle banche, in base al quale, le banche dei Paesi aderenti devono accantonare quote di capitale proporzionate al rischio assunto, valutato attraverso lo strumento del rating) si assisterà ad una ulteriore stretta proprio sulla concessione di credito bancario»; e quindi diventa necessario trovare altri canali di finanziamento.«Con i minibond si sono raccolti 20 miliardi; e anche con i Pir (piani individuali di risparmio: sono una forma d’investimento incentivata fiscalmente in Italia) i risultati sono stati molto positivi».

 

Stefano Firpo
Stefano Firpo, Direttore Generale per la politica industriale, la competitività e le Pmi del ministero per lo Sviluppo Economico

Nel futuro il credit crunch non si alleggerirà

Anche secondo il presidente del gruppo tecnico credito e finanza di Confindustria Matteo Zanetti, non è razionale immaginare per il prossimo futuro un alleggerimento del credit crunch: «Il lavoro delle banche per la riduzione dei crediti deteriorati non porta in questa direzione, in un contesto in cui la dipendenza delle aziende italiane dal credito bancario è più alta di 10 punti rispetto a quella delle imprese tedesche. L’erogazione del credito alle imprese, dal 2011 al 2017 è peraltro calata del 17%. È evidente che le aziende dovranno affidarsi alla finanza alternativa. Quanto alla Borsa, per le piccole e medie imprese italiane c’è l’Aim, che offre loro la possibilità di accedere in modo efficiente ad una platea selezionata di investitori focalizzati sulle small cap (paniere di quei titoli azionari a bassa capitalizzazione, che attualmente rappresentano il 4% della capitalizzazione di Borsa Italiana, l’1% di controvalore giornaliero totale e il 6% dei contratti totali di una seduta media)».

Il ruolo dell’ Aim

Secondo la Borsa, l’Aim «è concepito per offrire un percorso più rapido e flessibile alla quotazione, ma al contempo tutelare gli investitori, grazie ad un efficiente impianto regolamentare che risponde ai bisogni delle piccole imprese e degli investitori specializzati». Secondo Pablo Izquierdo, head of Europe Forum Members del World Economic Forum il momento attuale è quello in cui le aziende tradizionali devono sviluppare capacita digitali per sopravvivere: «Se non lo fanno – ha affermato ieri Izquierdo – forse non andranno in bancarotta, ma di certo la loro marginalità si ridurrà».

 

Luca Peyrano, ad Elite, London Stock Exchange

Elite, trampolino per l’internazionalizzazione

Grazie ad Elite, le aziende hanno accesso a tutte le opportunità di fund raising disponibili a livello locale e internazionale. Anzitutto, che cos’è Elite? Luca Peyrano, ad Elite, London Stock Exchange ricorda che «è un programma nato cinque anni fa dalla collaborazione tra Borsa Italiana e alcune istituzioni e organizzazioni italiane, come il ministero dell’Economia, l’Abi, la Bocconi, Cdp (Cassa depositi e prestiti) e Confindustria. Aiuta le imprese ad abbracciare le best practise per posizionarsi su standard internazionali e poi, eventualmente, quotarsi in Borsa. In sintesi, Elite crea le condizioni per accelerare la crescita delle imprese. Elite stessa si è sviluppata molto».

Oggi conta 880 imprese da 34 Paesi (per un fatturato aggregato di 60,5 miliardi di euro e per circa 295mila dipendenti) e da 35 settori dall’industria ai beni di consumo, dalla tecnologia alla chimica, alla salute e altri), 200 partner, oltre 200 investitori e 7 tra le migliori business school mondiali. Secondo la società, offre servizi di alto valore aggiunto: supporto nei cambiamenti organizzativi e manageriali, accesso ad un network internazionale, esposizione ai media nazionali e globali, sviluppo delle competenze chiave per il business e per il finanziamento dell’azienda e avvicinamento a diversi canali di finanziamento.

 

Growth

Come funziona Elite e che cosa fa ora

C’è una prima fase di training, in cui vengono definiti gli obiettivi di sviluppo; in una seconda fase l’azienda accede a strumenti sempre più sofisticati e sviluppa «competenze finanziarie e modelli di governance allineati ad altissimi standard qualitativi. Infine in una terza fase, l’azienda capitalizza i vantaggi dell’appartenenza al network, «accedendo ad un ventaglio di opportunità di business, finanziamenti, networking con business leader». Per entrare in Elite, un’impresa deve soddisfare questi requisiti: business ambizioso e di grande qualità, crescita storica, proiezioni di sviluppo convincenti e credibilità del management. Ma nella pratica cosa fa Elite per avvicinare le aziende al mondo della finanza?

Secondo Marta Testi, Head of Elite Growth Italy&Europe «Elite nasce dall’esperienza in Borsa Italiana; agli inizi, la prospettiva era quella di portare le aziende a quotarsi. Talvolta gli imprenditori non si sentivano pronti, essendo focalizzati sui prodotti e sui servizi. Ora la priorità è quella di sostenere l’imprenditore nella propria attività quotidiana, inserendolo in un ecosistema di competenze e opportunità. Di qui l’idea di una piattaforma con una vocazione internazionale. Uniamo le aziende in gruppi, in modo che possano condividere le sfide e contaminarsi vicendevolmente, con nuove idee e iniziative di sistema, visto che attorno ad Elite ruotano stakeholder in grado di supportare le imprese anche dal punto di vista finanziario».

Quanto al funding, «Elite non è un mero percorso in vista della quotazione; ha tuttavia l’obiettivo di far comprendere all’imprenditore che ci sono tanti strumenti per finanziare la crescita». Le società Elite, cioè, hanno accesso a tutte le opportunità di fund raising disponibili a livello locale e internazionale. Elite è un ponte per il mercato dei capitali e supporta le aziende nell’accesso alle fonti di finanziamento. Queste fonti sono: il private equity, il sistema bancario, la Borsa, il private debt (fondi comuni di investimento la cui politica si focalizza su strumenti finanziari di debito emessi dalle imprese tra cui obbligazioni, cambiali finanziarie, altre tipologie di strumenti di debito, nonché finanziamenti, sotto forma di trattativa privata), l’emissione di bond, l’Elite Club Deal e altre forme di investimento.  Elite Club Deal è una piattaforma con l’obiettivo di mettere in collegamento imprese in forte crescita con investitori professionali in modo da reperire nuovi capitali in un contesto efficiente. Le aziende possono contare sul supporto dei “Partners Elite” e cioè banche, consulenti finanziari, avvocati e revisori che aiutano le imprese a preparare l’informativa e la documentazione aziendale necessaria per operare sulla piattaforma. Tutta la documentazione societaria è presentata in un formato standard che consente di snellire il processo di investimento .

I finanziamenti, peraltro, sono serviti a realizzare «367 operazioni di corporate finance da parte di 163 società Elite – ha continuato la Testi -; il 35% di queste ultime è stato coinvolto in azioni di finanza straordinaria, per un valore complessivo delle transazioni, dal gennaio 2012, pari a 6 miliardi di euro. E stiamo parlando anche di Pmi. In particolare, sono state poste in essere 203 operazioni di M&A (mergers and acquisitions, attività di finanza straordinaria che portano alla fusione di due o più società, o con la nascita di una nuova società o con incorporazione, e cioè quando la società incorporante mantiene la propria identità giuridica annettendo altre imprese che cessano di esistere; ndr) da parte di 105 società. Anche oltre confine. Sono poi state concluse 65 operazioni di private equità con 52 società coinvolte. Ancora, sono state realizzate 43 emissioni obbligazionarie per una raccolta totale di 930 milioni di euro; e 11 Ipo (offerta pubblica iniziale: una offerta al pubblico dei titoli di una società che intende quotarsi per la prima volta su un mercato regolamentato) per una raccolta aggregata di oltre 190 milioni».

 

Alessandra Ricci Simest
Marta Testi, Head of Elite Growth Italy&Europe

Il primo partner strategico: Simest

Il primo partner strategico sia di Elite che del Comitato Leonardo è Simest del gruppo Cdp. La Simest, controllata al 76% da Sace (a sua volta controllata al 100% da Cassa depositi e prestiti, offre servizi di export credit, assicurazione dei rischi di mancato pagamento e altro; ndr) e partecipata da primarie banche italiane e associazioni imprenditoriali, offre finanziamenti a tasso agevolato a sostegno della internazionalizzazione, contributi agli interessi a supporto dell’export e partecipazione al capitale di imprese. Insieme, Simest e Sace costituiscono il Polo italiano dell’export e dell’internazionalizzazione. «Quanto al nostro rapporto con il Comitato Leonardo e con Elite – ha affermato Alessandra Ricci, Ceo di Simest – dal primo abbiamo assunto competenze; e con la seconda la relazione è stretta: il 50% delle aziende che hanno partecipato al programma Elite sono poi state parte di progetti con Simest, che è entrata nel capitale di queste imprese, per un valore complessivo di sottoscrizione pari a circa 150 milioni. Questo capitale di rischio ha sviluppato investimenti per 1,3 miliardi».

Il secondo partner strategico: Ice

Il secondo partner strategico sia di Elite che del Comitato Leonardo è l’Ice. L’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane è l’organismo attraverso cui il Governo favorisce il consolidamento e lo sviluppo economico-commerciale delle imprese sui mercati esteri. L’ente rende noto che l’Ice «agisce inoltre quale soggetto incaricato di promuovere l’attrazione degli investimenti esteri in Italia». In tutti i casi, l’Ice è oggetto di un forte cambiamento. «Prima – ha affermato il direttore dell’ufficio coordinamento e marketing dell’agenzia Antonio Laspina – la nostra attività era legata soprattutto alla promozione; ora accompagniamo le imprese sui mercati con un’offerta integrata di servizi». Tra gli strumenti messi a disposizione delle aziende, la multicanalità, il Crm (customer relationship management; metodo di lavoro e di gestione dei processi, pone il cliente e non il prodotto al centro del business), e-commerce strategico e supporto nella partecipazione a progetti e bandi internazionali.

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