Il vuoto bla bla del Governo Meloni pomposamente chiamato “Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026”

di Filippo Astone e Alberto Falchi ♦︎ Pubblicato l’ennesimo documento dell’ennesima commissione ministeriale. Un elenco di cose già note, di vaghe buone intenzioni e di luoghi comuni, senza parlare dell’unica cosa che servirebbe davvero: gli investimenti. Peccato, perché l’Intelligenza Artificiale determinerà il benessere economico e sociale di tutti. Dopo un editoriale del Direttore sulla vacuità di tutto ciò, un articolo di Alberto Falchi che riassume i contenuti del documento

Nel 2022 gli Stati Uniti hanno investito 50 miliardi nell’Intelligenza Artificiale, la Repubblica Popolare Cinese 10 miliardi e l’intera Unione Europea 5 miliardi. Essendo l’Intelligenza Artificiale la principale tecnologia che determinerà il corso delle nostre vite e del nostro benessere economico nei prossimi 30 anni, queste cifre dovrebbero destare estrema preoccupazione nell’Unione Europea come istituzione e anche nei singoli Stati. Invece no. L’Unione Europea si preoccupa soprattutto di normare e di dettare linee etiche (in questo, e in altri ambiti, vale la pena aprire una parentesi su come l’Unione si ponga come una sorta di “Stato Etico”) e va addirittura fiera del suo primato mondiale dell’etica con l’AI Act, come se mai ci fosse davvero qualcuno che poi ne seguirà l’esempio. Tra l’altro, l’AI Act è stato recentemente bocciato dalla Corte dei Conti Europea, che ne ha messo in risalto la proprio la velleitaria vuotezza. E i singoli Stati, come l’Italia, producono vaghi documenti strategici destinati a comunicati stampa, a due minuti di TG in cui non si capisce niente, e poi a prendere polvere.

Il vuoto bla bla questa volta si chiama “Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026”, un documento pubblicamente disponibile a questo indirizzo che dovrebbe delineare l’approccio italiano all’adozione dell’IA. È stato realizzato da un comitato di esperti coordinato da Gianluigi Greco, professore di informatica all’Università della Calabria e presidente di AIxIA, ente afferente alla Presidenza del Consiglio di cui il 99% (approssimiamo per difetto) degli imprenditori, dei manager, degli uomini di scienza e tecnologia ignorava totalmente l’esistenza fino alla uscita di questo documento. E il 98,9% (siamo generosi, sempre per eccesso) continuerà tranquillo e sereno a ignorarla anche durante e dopo.







Gianluigi Greco, professore di informatica all’Università della Calabria e presidente di AIxIA, coordina il comitato di esperti che ha redatto la “Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026″.

Del comitato di esperti fanno parte perlopiù docenti universitari e qualche divulgatore scientifico. Con poche eccezioni (che non diciamo quali sono per non rischiare querele da parte degli altri) sono perlopiù nomi di non di primissimo piano a livello internazionale e scientifico sul tema. E non si sa bene se tutti i 14 “esperti” ci abbiano lavorato davvero oppure, come tante volte accade in queste situazioni, abbiano dato una lettura distratta, qualche suggerimento per fingere di aver partecipato, e poi la firma.

Il documento dovrebbe riflettere «l’impegno del Governo nel creare un ambiente in cui l’IA possa svilupparsi in modo sicuro, etico e inclusivo, massimizzando i benefici e minimizzando i potenziali effetti avversi». A parte la parola “inclusivo” – che nel conformismo contemporaneo di massa viene sempre infilata ovunque, dalla pubblicità del tonno in scatola fino a ogni comunicato stampa – stupisce l’estrema vacuità del tutto. Tanto che non manca (e come mai poteva?) la «volontà di indirizzare l’intelligenza artificiale anche sul fronte del benessere sociale» e l’attenzione al «made in Italy». Non risulta (ma il documento non l’abbiamo letto tutto per cui magari c’è) che si parli della necessità di “fare squadra” e di “tutelare le diversità di genere e di orientamento sessuale”. Ne sentiamo la mancanza.

Fuor di apparenti facezie, spicca l’assenza di qualsiasi indicazione precisa su progetti concreti e su fonti di finanziamento. Si parla solo, genericamente, di fondi del Pnrr. Ma la tecnologia è un ambito in cui a fare la differenza sono i soldi, gli investimenti, il Concreto messo in atto. E di Concreto qui non si vede neppure l’ombra.

Se il Governo ritenesse l’Intelligenza Artificiale davvero strategica, dovrebbe in primo luogo trovare importanti e speciali fonti di finanziamento. Qualche miliardo da investire, facendo leva su eccellenze che, suo malgrado, questo Paese ha, come la Normale di Pisa, qualche area del Cnr, i supercomputer (come non ricordare i grandi sforzi fatti in Emilia Romagna per il supercalcolo, gli studi nella fisica. Poi dovrebbe lanciare una mobilitazione di massa sull’argomento, una chiamata alle armi, sottolineando quanto sia fondativo per il futuro economico e sociale di tutti cavalcare l’Intelligenza Artificiale. Ci vorrebbe persino un Ministero per lo Sviluppo dell’Intelligenza Artificiale (osiamo sognare). Invece, abbiamo questa polverosa strategia. Abbiamo questa AIxIA (?). E la delega sull’Intelligenza Artificiale è del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alessio Butti, che per la verità ha la delega generale all’Innovazione, che detiene insieme a tante altre deleghe delicate e strategiche. Almeno, negli altri Governi, c’era un Ministero dell’Innovazione. Nell’Italia di adesso del Governo Meloni, l’Innovazione è una delle tante deleghe di un sottosegretario.

Questo è, e almeno noi di Industria Italiana lo diciamo, mentre gli altri giornali passano la notizia della pomposa e vacua Strategia come se fosse qualcosa di importante e poi passano ad altri. Sarebbe bello se il neo-presidente di Confindustria Emanuele Orsini facesse sentire la sua voce su questo. O se lo facessero i pochi politici attenti a questi temi, come Carlo Calenda o come era una volta Antonio Tajani, quando si occupava di Industria da commissario UE. Ma siamo sempre nel libro dei sogni. Veniamo ora al concreto e, per chi proprio non ne può fare a meno, esaminiamo i contenuti del documento.

I contenuti della Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026

Di Alberto Falchi

Una commissione di 14 esperti coordinata da Gianluigi Greco, professore di informatica all’Università della Calabria , ha pubblicato la “Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026″. Un documento che inquadra l’IA come motore di sviluppo per il nostro Paese. Cinque le linee di intervento: infrastrutture, ricerca, PA, imprese, formazione scolastica. I fondi? Quelli del Pnrr. E sul rischio di frenare l’innovazione…

 «La strategia elaborata dal Comitato inquadra l’intelligenza artificiale come un concreto motore di sviluppo per il nostro Paese, valorizzando le nostre peculiarità e promuovendo lo sviluppo e l’adozione di soluzioni trasparenti e affidabili, in sintonia con i nostri  valori», spiega Gianluigi Greco, coordinatore del comitato. Comitato di cui fanno parte Viviana Acquaviva, Paolo Benanti, Guido Boella, Marco Camisani Calzolari, Virginio Cantoni, Maria Chiara Carrozza, Rita Cucchiara, Agostino La Bella, Silvestro Micera, Giuliano Noci, Edoardo Carlo Raffiotta, Ranieri Razzante e Antonio Teti.

Il mercato dell’IA in Italia

Prima di analizzare la strategia proposta dall’Italia, è bene comprendere il contesto di cui si sta parlando. Tenendo conto del fatto che l’IA non è una novità assoluta, anche se in questo periodo è il trend del momento. E l’Agid (Agenzia per l’Italia digitale) istituita nel 2012 dal Governo Monti e già nel 2018 aveva iniziato ad affrontare il tema definendo un’analisi sull’impatto delle tecnologie di IA nella società e, in particolare, sulla Pubblica Amministrazione. Nel 2020, il Ministero per lo Sviluppo Economico ha poi prodotto un documento di “Proposte per una Strategia italiana per l’intelligenza artificiale”, nato per definire una strategia focalizzata sul sostegno alla produttività del Paese in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. La nuova strategia redatta dal Comitato è solo l’ultimo passo di un percorso iniziato ben prima che si sentisse anche solo parlare di ChatGPT o del concetto di IA generativa.

Secondo uno studio di The European House – Ambrosetti e Microsoft, la sua adozione in Italia porterebbe a un incremento del 18,2% del Pil (312 miliardi di euro all’anno) a parità di ore lavorate.

Proprio la GenAI ha dato uno scossone al mercato mondiale, rendendo l’IA accessibile, e soprattutto utile, a tutti. Se prima serviva per abilitare la manutenzione predittiva dei macchinari o per fare complesse analisi, oggi chiunque può sfruttarla per adattare il tono delle proprie email, farsi riassumere testi, tradurli in un istante in più lingue, ma anche per generare immagini a partire da descrizioni testuali.

Secondo uno studio di The European House – Ambrosetti e Microsoft, la sua adozione in Italia porterebbe a un incremento del 18,2% del Pil (312 miliardi di euro all’anno) a parità di ore lavorate. Ma a oggi quanto vale? Secondo l’Osservatorio IA del PoliMI, nel 2018 valeva circa 200 milioni di euro, mentre nel 2023 il valore è arrivato a 760 milioni, con una crescita del 52% rispetto al precedente anno. Non a caso, questo importante incremento ha coinciso con il lancio di ChatGpt, che ha dato il via a questa rivoluzione.

La strategia italiana per l’IA

Sam Altman, ceo di OpenAI, l’azienda che con ChatGpt ha dato il via alla rivoluzione della GenAI. Fra i principali investitori dell’azienda Microsoft. Altman ha dichiarato che se la sua azienda non fosse in grado di rispettare le norme UE, potrebbe cessare di erogare i suoi servizi in questa area geografica.

Il documento redatto dal comitato parte da un presupposto fondamentale: già oggi è sempre più marcato il disallineamento tra le professionalità richieste dai datori di lavoro e quelle possedute da chi è in cerca di lavoro, e tra le competenze e le qualifiche richieste per la conduzione di un’attività specifica e quelle possedute da chi attualmente la gestisce, rendendo quindi essenziali lo sviluppo di programmi di upskilling e reskilling. Per questo la formazione è una delle aree chiave di azione della strategia proposta, che si articola in quattro punti chiave: la strategia per formazione, appunto, ma anche quella per l’imprese, per la PA e per la ricerca. Alla base di tutto questo le infrastrutture: è necessario «investire su quelle “fisiche” che consentano di sviluppare soluzioni di Intelligenza Artificiale sempre più all’avanguardia, mantenendo e migliorando il proprio livello di competitività a livello internazionale. Ma ancor più è necessario prendere oggi atto che i repository di dati e informazioni su cui i sistemi di IA possono essere addestrati rappresentano essi stessi una infrastruttura imprescindibile nello sviluppo di queste nuove tecnologie», si legge nel documento.

Il riferimento è quello ai sistemi utilizzati per l’addestramento (training) delle IA, che oggi rappresentano uno dei problemi più scottanti. L’IA ha bisogno di dati, tantissimi dati, e fino a ora le big tech hanno seguito un approccio che potremmo definire “libertino”, saccheggiando a piene mani i contenuti online. Facendo scraping da siti di informazione, come i quotidiani online, ma anche dai social network, da una quantità impressionante di libri su ogni tipologia di argomento e, più recentemente, anche dai video su Youtube e altre piattaforme. Il tutto senza chiedere esplicitamente il consenso, fatto che sta creando una serie di problemi relativi alla privacy. E anche di cause, come quella avviata dal New York Times contro OpenAI e Microsoft che, con oltre 13 miliardi di dollari sul piatto, è il principale investitore dell’azienda di Sam Altman.

La regolamentazione frena l’innovazione?

Luca de Meo, ceo di Renauilt Group, è fra i 150 firmatari dell’appello contro l’EU AI Act.

Se da un lato tutte le aziende a livello globale che operano nell’ambito dell’IA sostengono sia necessario mettere in piedi dei regolamenti chiari e precisi, dall’altro c’è sempre il rischio che regole troppo rigide vadano a minare alla base l’innovazione, frenandola. Non è un caso che, come anticipato, alcune novità sull’IA al momento siano disponibili solo all’etero. Lo stesso Sam Altman, ceo di OpenAI, ha dichiarato che se la sua azienda non fosse in grado di rispettare le norme UE, potrebbe cessare di erogare i suoi servizi in questa area geografica.
Ma a protestare non sono solo i colossi Usa: 150 leader tecnologici europei, infatti, hanno firmato una lettera aperta al parlamento europeo, alla Commissione e agli Stati Membri nel quale si critica l’AI Act, che secondo i firmatari potrebbe mettere a rischio la competitività e la sovranità tecnologica dell’Europa. Fra questi Christian Bruch, ceo di Siemens Energy Bernard Charlès, chairman di Dassault Systèmes, Michel de Carvalho, executive director di Heineken, Luca de Meo, ceo di Renault.

Che l’iper regolamentazione possa essere un rischio è scritto nero su bianco anche sul documento strategico, nel quale si specifica che «l’AI Act dovrà definire precisamente un quadro regolatorio armonizzato con i confini entro cui l’Intelligenza Artificiale dovrà essere utilizzata, delineando regole semplici ma certe per produttori e utilizzatori, anche con riferimento alle più recenti evoluzioni tecnologiche. Calando il contesto regolatorio europeo a livello nazionale, si dovrà evitare di costruire ulteriori sovrastrutture normative nella definizione delle azioni strategiche, adoperandosi invece nella direzione di promuovere l’AI Act con linee guida e percorsi agili e a misura di impresa e di cittadino».

E gli investimenti?

La visione complessiva della strategia sin qui delineata è molto ambiziosa. Centrare gli obiettivi strategici enucleati per ciascuna delle quattro macroaree (Ricerca, Pubblica Amministrazione, Imprese, Formazione) richiederà un grande sforzo organizzativo e, soprattutto, una sapiente e mirata azione di coordinamento.

Il documento strategico traccia la strategia da seguire e definisce anche gli organi di controllo sul suo andamento. Manca però un riferimento specifico ai fondi. Da nessuna parte sono indicate cifre e investimenti e il riferimento è sempre generico al Pnrr. Che, lo ricordiamo, a oggi non è ancora stato messo del tutto a terra: al momento, sono stati spesi solo 51 dei quasi 200 miliardi previsti dal piano.

La strategia per l’infrastruttura

La strategia per l’infrastruttura descritta nel documento è incentrata sul rafforzamento delle infrastrutture fisiche e digitali necessarie per sostenere l’innovazione e lo sviluppo dell’IA in Italia.

La necessità di azioni legate al potenziamento delle infrastrutture è del tutto evidente in un contesto applicativo così fortemente dipendente dalla disponibilità di grandi risorse di calcolo dedicate all’analisi di enormi moli di dati.

Questi i punti salienti:

  • Investimenti nelle infrastrutture fisiche: La strategia riconosce l’importanza di continuare a investire in infrastrutture fisiche avanzate per sviluppare soluzioni di IA all’avanguardia. Questi investimenti sono cruciali per mantenere e migliorare il livello di competitività a livello internazionale.
  • Creazione di repository di dati: Una parte significativa della strategia è dedicata alla creazione di repository di dati e modelli, considerati una “nuova dimensione infrastrutturale” essenziale per l’addestramento dei sistemi di IA. Questi repository consentiranno la condivisione e il riuso di dataset e modelli, facilitando lo sviluppo di soluzioni IA specifiche per il contesto italiano.
  • Potenziamento delle reti di comunicazione: La strategia prevede specifiche azioni per migliorare e ampliare l’infrastruttura di rete, specialmente nelle aree ad alta densità di traffico. Si promuoverà lo sviluppo di reti intelligenti che possano adattarsi dinamicamente alla domanda in tempo reale, favorendo la collaborazione tra il settore pubblico e privato per affrontare le sfide legate alla congestione di Internet.

 La strategia per la ricerca

“La ricerca italiana dovrà, quindi, essere supportata con investimenti paragonabili a quelli del panorama internazionale, orientandosi sia alla ricerca fondazionale dell’IA in continua evoluzione e alla ricerca blue-sky ad alto rischio e a lungo termine, sia alla ricerca che privilegi la sostenibilità in termini ecologici, sociali, etici e legali propri dell’Italia e dell’Europa, sia infine alla ricerca multidisciplinare e alla ricerca applicata in diretta relazione con le imprese”, specifica il documento redatto dal comitato.

Sei le azioni strategiche individuate dal comitato per la ricerca sull’IA:

  • Consolidamento dell’ecosistema italiano della ricerca
    La strategia punta a rafforzare l’ecosistema italiano della ricerca, già molto vivace e distribuito sul territorio nazionale, coinvolgendo università, centri di ricerca, e imprese, con particolare attenzione alla Fondazione Fair e al Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica (Lab AIIS). Questo ecosistema si estenderà ulteriormente grazie ai finanziamenti a cascata​. Sarà essenziale coinvolgere nel partenariato il tessuto produttivo e imprenditoriale, caratterizzando l’iniziativa come ecosistema pubblico-privato, luogo di incontro e di naturale scambio di competenze e conoscenze tra le università, i centri di ricerca, le imprese ICT che operano nello sviluppo di sistemi di IA e quelle che nelle loro specifiche attività possono beneficiare delle innovazioni tecnologiche.
  • Trattenere e attrarre talenti
    Misure specifiche saranno adottate per mantenere i talenti in Italia e attrarne dall’estero, migliorando l’attrattività delle università e dei centri di ricerca italiani. Secondo il comitato, «per mantenere alto il livello di competitività sulla ricerca, sarà necessario un piano straordinario di assunzione nelle università, negli enti di ricerca e nelle imprese, su vari livelli. Servirà un piano straordinario di ricercatori Tenure Track, PA e PO su tematiche fondazionali e applicative legate alla IA, che permetta: (i) di assorbire i più eccellenti tra i molti RTDa/TD (formatisi grazie alle iniziative Pnrr e non solo); (ii) di rispondere alle nuove necessità di formazione e ricerca che emergeranno nei prossimi anni; (iii) di ritenere e attrarre talenti dall’estero».
  • Progettazione di Llm ed Lmm italiani
    A oggi, i Llm (large language model) ed Lmm (Large multimodal model) sono prevalentemente in mano a imprese private, per lo più americane. Il comitato spiega che «l’Italia non può tuttavia arretrare su questo importante fronte di competizione tecnologica, e deve rendersi competitiva in Europa, ove spiccano gli investimenti di Germania e Gran Bretagna, rispettivamente per 500 milioni di euro e 100 milioni di euro (in questo caso per modelli fondazionali “safe”). Si dovrà dunque dispiegare programmi su base competitiva per il finanziamento, anche in sinergia con soggetti privati, di progetti di ricerca collaborativa per la realizzazione di Large Language Model (LMM) e Large Multimodal Model (Llm) basati sull’italiano e multilingue. Lo sviluppo si dovrà concentrare su applicazioni specifiche e contestualizzate in importanti domini applicativi per il nostro Paese, ad esempio nella Pubblica Amministrazione o nell’ambito della salute, che rispondano pienamente ai valori e alle regolamentazioni europee».
  • Progetti interdisciplinari per il benessere sociale
    La promozione di progetti interdisciplinari per il benessere sociale sarà cruciale, con iniziative su base competitiva che puntino a avanzamenti scientifici in vari domini, coordinando competenze multidisciplinari​. Fra i temi chiave, «la tutela paesaggistica, del mare o dell’ambiente; la ricerca sulle nuove sfide create dall’IA su temi come il copyright, deepfake, disinformatione online, e responsabilità; la ricerca su etica e IA; lo studio degli impatti socio-economici dell’IA su temi come disuguaglianza economica, discriminazione sociale e monopoli; l’applicazione del machine learning in altre discipline (con progetti di AI4Science); la sicurezza nazionale e delle persone; l’ottimizzazione delle risorse ambienti ed energetiche; pilot di sistemi di digitali/IA e sociali per guidare la trasformazione digitale centrata su persone e società ed abilitata dall’IA; soluzioni a supporto del patrimonio intellettuale e culturale digitalizzato».
  • Ricerca fondazionale e blue-sky per l’IA di prossima generazione
    La ricerca fondazionale e i progetti blue-sky mireranno a sviluppare nuove tecnologie e approcci innovativi nel campo dell’IA, mantenendo un equilibrio tra rischi e potenzialità a lungo termine. Sarà necessario avviare un programma di ricerca ispirato alla struttura delle challenge di ricerca nordamericane, focalizzato su ricerca fondazionale con il potenziale di creare un salto generazionale a livello tecnologico-scientifico e generare innovazione dirompente.
  • Potenziamento delle collaborazioni internazionali
    L’autarchia non è mai una soluzione. Avere un certo grado di indipendenza è estremamente importante. La strategia delineata dal comitato prevede di promuovere ricerche congiunte con almeno una altra nazione Europea o Extra Europea, prevedendo scambi di ricercatori in ingresso e in uscita e la realizzazione di documentazione che possa diventare un riferimento internazionale e nelle relazioni istituzionali dei paesi coinvolti.

La strategia per la Pubblica Amministrazione

L’Intelligenza Artificiale può diventare un fattore centrale nella trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, per il suo potenziale che può esprimere sia in termini di strumenti atti a rendere più efficienti le attività interne, sia in termini di servizi più vicini alle esigenze dei cittadini.

Due gli obiettivi principali della strategia sull’IA per la PA: supportare i processi amministrativi attraverso le tecnologie di intelligenza artificiale e favorire la fruizione dei servizi della Pubblica Amministrazione per cittadini e imprese, attraverso soluzioni e tecnologie di IA. Anche in questo caso la strategia è articolata in sei punti chiave:

  • Linee Guida per Promuovere l’Adozione dell’IA: Sviluppare linee guida per orientare la PA nell’utilizzo delle piattaforme IA, promuovendo la conoscenza delle best practices e case study specifici. Le linee guida definiranno i passi metodologici per implementare l’IA, trattando questioni tecnologiche, competenze, rischi, e definendo i framework etici e regolatori necessari
  • Linee Guida per il Procurement: Definire linee guida specifiche per il procurement di soluzioni IA che rispondano alle esigenze funzionali della PA, garantendo sicurezza e conformità alle normative regolamentari​.
  • Linee Guida per la Realizzazione di Applicazioni di IA: Promuovere la capacità della PA di sviluppare soluzioni IA proprie, aderendo alle normative nazionali e dell’Unione Europea e formando il personale per migliorare le competenze su soluzioni tecnologiche avanzate​.
  • Semplificazione per Cittadini e Imprese: Investire nella progettazione di strumenti e metodologie che semplifichino l’interazione dei cittadini con i servizi della PA, utilizzando tecnologie come deep learning e Multimodal Foundation Models, e garantendo l’affidabilità dei sistemi attraverso specifici assessment​
  • Efficientamento della PA: Definire iniziative per sviluppare e adottare sistemi IA che migliorino i processi interni della PA, come la verifica della conformità degli atti amministrativi e la digitalizzazione automatica dei documenti.
  • IA nelle Scuole per la PA: Promuovere percorsi di formazione avanzata per il personale della PA, istituendo un Dipartimento dedicato all’IA nella Scuola Nazionale dell’Amministrazione e prevedendo corsi post-laurea di eccellenza​.

La strategia per le imprese

Secondo il comitato “la progettazione di una strategia per l’IA in Italia deve essere fortemente ancorata alle specificità del nostro sistema sociotecnico e fare leva sulle iniziative già in corso di trasferimento tecnologico verso le PMI e sulla loro collaborazione con grandi imprese, università e organismi di ricerca”.

La strategia per le imprese delineata nel documento è focalizzata su diverse iniziative chiave per stimolare l’innovazione e l’adozione dell’Intelligenza Artificiale (IA) nel tessuto imprenditoriale italiano. Gli obiettivi? Intercettare i bisogni di Innovazione, finanziando e supportando un ecosistema centrato sull’IA che sia in grado di valorizzare l’eccellenza delle imprese italiane attraverso soluzioni tecnologiche innovative​, e sostenere il comparto Ict, promuovendo il ruolo abilitante delle imprese Ict italiane per la definizione di nuove applicazioni di IA.

Di seguito, le linee di azione suggerite:

  • Facilitatori per l’IA nelle Pmi. Secondo il comitato, è necessario definire un ecosistema di facilitatori radicati sul territorio che supportino le PMI nell’adozione di soluzioni IA. Questi facilitatori saranno in sinergia con università e centri di ricerca, coprendo diverse filiere produttive e promuovendo l’innovazione tecnologica.
  • Sostegno allo sviluppo e all’adozione di soluzioni di IA, aiutando le imprese nello sviluppo e nell’adozione di soluzioni di IA, focalizzandosi su settori verticali specifici come automazione, agroalimentare, arredo, abbigliamento, turismo, settori chimico e farmaceutico, e aerospazio​.
  • Laboratori per lo sviluppo di applicazioni IA in contesti industriali. L’idea è quella di creare laboratori dedicati allo sviluppo di applicazioni intelligenza artificiale in contesti industriali, coinvolgendo imprese, università e centri di ricerca, per promuovere la collaborazione e l’innovazione tecnologica​​.
  • Sviluppo di start-up in ambito IA. Incentivare la creazione e lo sviluppo di start-up innovative nel campo dell’IA, facilitando il loro accesso a capitali pubblici e privati e promuovendo il loro coinvolgimento con il sistema delle imprese utilizzatrici di IA​​.
  • Servizi per le Aziende Ict sull’IA. Offrire servizi di supporto alle aziende Ict per lo sviluppo di soluzioni IA, riducendo gli oneri della compliance normativa e delle certificazioni, e promuovendo l’accesso alle sandbox regolatorie​.

Strategia per la formazione

Per sfruttare i benefici dell’IA, sono tuttavia necessarie elevate competenze professionali in grado di sviluppare e gestire algoritmi e sistemi di Intelligenza Artificiale. La disponibilità di queste competenze è, però, di gran lunga inferiore alla domanda in Italia, fattore che determina un forte rallentamento nell’adozione di queste soluzioni.

La formazione è uno degli aspetti sui quali il comitato insiste maggiormente. Comprensibilmente, anche: visto l’impatto dirompente che l’IA avrà nei prossimi anni, è fondamentale a insegnarne l’utilizzo già a partire dalle scuole. Promuovendo percorsi formativi universitari, ma anche negli istituti primari e secondari.

Nello specifico, la strategia delineata dal comitato prevede di lavorare su:

  • Percorsi per l’avvicinamento all’IA nelle scuole, mirati ad alfabetizzare sia i docenti sia gli studenti all’IA già dalle scuole primarie e secondarie​.
  • Mobilità come strumento per la formazione sull’IA: promuovere tirocini, internship, e programmi di mobilità per favorire lo scambio di competenze tra università, imprese e PA, incentivando percorsi di alta formazione e ricerca.
  • Didattica diffusa sull’IA nei corsi di laurea universitari: Integrare l’insegnamento dell’IA in tutti i corsi di laurea universitari per garantire una formazione interdisciplinare e trasversale.
  • Potenziamento del dottorato nazionale in IA: rafforzare il dottorato nazionale in Intelligenza Artificiale per formare ricercatori altamente qualificati, pronti a diventare leader nell’adozione dell’IA in vari settori.
  • Programmi di upskilling e reskilling per imprese e PA: implementare programmi di aggiornamento delle competenze per i lavoratori, per garantire che siano in grado di utilizzare efficacemente le nuove tecnologie e migliorare la produttività​.
  • Educazione all’utilizzo degli strumenti di IA: promuovere l’educazione all’uso degli strumenti di IA attraverso campagne informative e corsi di formazione, rivolti a tutte le fasce della popolazione.
  • Corsi Its focalizzati sull’IA: sviluppare corsi specifici negli Istituti Tecnici Superiori (Its) per formare tecnici specializzati nell’uso e sviluppo dell’IA​.













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