Stefano Aversa, Alixpartners: che cosa sta succedendo all’industria europea dell’auto. Vincitori, vinti ed exit strategy

di Filippo Astone e Alberto Falchi ♦︎ Uno dei più autorevoli consulenti strategici in questo settore commenta con noi la crisi industriale che lo affligge, provocata in buona parte dal fatto che l’elettrico tutto e subito è una chimera e un errore. Sicuramente si arriverà a bloccare le multe da 15 miliardi che i car maker dovrebbero pagare nel 2025 per eccesso di emissione. E lo stop al termico nel 2035 verrà spostato in avanti. I cinesi arriveranno presto al 4% di quota di mercato UE e potrebbero puntare al 10%. Le strategie di Renault, Stellantis, Bmw, Volkswagen, Audi e…

Lo sciopero generale del prossimo 18 ottobre porterà la crisi dell’industria automobilistica su tutti i giornali e i tg, ma la questione – gravissima – è di attualità ormai da molti mesi. Stellantis, Volkswagen, Renault, Bmw, Mercedes e tutti i car maker europei annaspano. Il principale settore industriale italiano ed europeo perde soldi e distrugge posti di lavoro (recente l’annuncio dei 15.000 esuberi di Volkswagen) per una ragione molto semplice: si vendono meno auto. Le macchine costano di più e i cittadini europei – alle prese con una inflazione reale molto più alta di quella che emerge dai dati ufficiali – hanno meno soldi per comprarle. E soprattutto non vogliono acquistare le auto elettriche, che hanno un prezzo molto più alto (per i modelli economici è quasi il doppio) e sono enormente scomode da usare, facendo venir meno la principale motivazione per cui si acquista un autoveicolo: la libertà di movimento. Dopo un’iniziale entusiasmo, è crollato l’interesse verso le auto elettriche. La gente non le compra e, come se non bastasse – viste le incertezze future sulle regole di circolazione e i divieti – aspetta a cambiare la propria vecchia autovettura e non acquista nemmeno i modelli termini. Auto elettrica: primo caso nella storia economica europea di un cambio di paradigma tecnologico imposto per legge e non dal mercato.

Come se non bastasse, teoricamente le industrie automobilistiche europee dovranno prendere nel 2025 un’altra mazzata: circa 15 miliardi di multe per non aver rispettato i target di riduzione delle emissioni di Co2. Le severissime regole imposte da Bruxelles, infatti, prevedono multe di 95 euro per ogni grammo di Co2 in eccesso su ogni auto immatricolata. Tutto ciò, mentre le case automobilistiche cinesi – a cominciare da Byd, sbarcano in Europa e propongono vetture elettriche belle, funzionali e dal prezzo notevolmente competitivo rispetto a quelle di Renault, Stellantis, Volkswagen e degli altri oem del vecchio continente che arrancano e licenziano. Come si è potuto arrivare a tanto? E soprattutto, adesso che si fa? Industria Italiana ne ha discusso con Stefano Aversa, chair of Emea e vice chair global della società di consulenza strategica AlixPartners, ma soprattutto, a livello mondiale, uno dei più accreditati e autorevoli consulenti nel mondo automotive. A differenza di molti altri colleghi che operano nella consulenza – costretti alla prudenza e ai giri di parole per non perdere i clienti – Aversa è uno che parla chiaro. Lui dice le cose come stanno: è così autorevole che se lo può permettere.







Stefano Aversa, chair of emea e vice chair global della società di consulenza strategica AlixPartners.

Per Aversa, rispettare lo stop totale ai motori termici dal 2035 «non è pensabile». Come non sono pensabili le multe miliardarie che potrebbero arrivare per non aver rispettato gli obiettivi di riduzione della CO2, obiettivi mancati per la scarsi interesse del mercato verso le auto elettriche. Nel frattempo, i produttori devono sopravvivere, e chi ha fatto le scelte migliori sarà quello che ne uscirà meglio, anche se sempre con fatica. La strategia di Stellantis con Tavares era sensata, perché ha permesso all’azienda di accelerare sull’elettrico facendo leva sulle più evolute piattaforme francesi. Fatto che però ha condannato la produzione italiana e tutti i suoi componentisti. Volkswagen ha puntato su modelli di ottima qualità, ma ancora troppo costosi per il mercato europeo. Mentre Renault è probabilmente quella messa meglio, puntando sull’ibrido per la transizione. Rimane il fatto che la Cina domina, e lo farà ancora per qualche anno, nonostante i dazi europei e statunitensi. Misure che possono proteggere in qualche maniera il mercato, ma solo sul breve termine. Nel frattempo, Volkswagen licenzia e pensa di chiudere gli stabilimenti tedeschi. E probabilmente anche in Italia assisteremo a qualcosa di simile.

D. C’è un grande caos nel mondo dell’auto: Volkswagen che annuncia licenziamenti, la gente di cassa integrazione in Italia,e persino Maserati ha delle difficoltà. Che sta succedendo?

Dopo il primo giorno di colloqui per il rinnovo del contratto collettivo, Volkswagen e IG Metall hanno mantenuto le loro posizioni iniziali.

R. In Alixpartners avevamo previsto la diminuzione dei volumi di vendita dovuti non solo alla saturazione del mercato, ma anche all’aumento dei prezzi. Aumento dovuta da un lato all’inflazione, dall’altro allo spostamento sulle auto elettriche, che costano molto di più. E il rallentamento è sotto gli occhi di tutti. Un secondo punto è che la crescita dell’elettrico è inferiore alla previsioni più ottimistiche. Tanto che anche a Bruxelles si stanno interrogando sullo stop ai motori termici previsto per il 2035. Non solo: ci si aspetta una riduzione della CO2 del 15% con le normative Euro 7, ma queste previsioni sono state fatte nel 2019, quando si prevedevano maggiori vendite dei modelli elettrici. Ma all’appello mancano 500.000 auto elettriche, e per questo i costruttori rischiano multe.

D. Multe? E per cosa?

R. Sono delle penalizzazioni che dovrebbero pagare le case automobilistiche perché hanno una media di emissioni CO2 più alte di quelle previste nel 2020. Una cosa che secondo me non è accettabile: darebbe un altro colpo se non mortale, comunque tremendo, all’industria automobilistica europea. Già ci sono delle perdite di volumi e contrazioni di occupati.

D. Insomma: la notizia è che a dispetto delle previsioni, le auto elettriche non si vendono

R. La crescita iniziale era dovuta agli acquisti fatti dai consumatori pionieri. Erano auto molto costose, per la fascia alta del mercato. E per quelli che si vogliono prendere il rischio per poter dire “dire io sono moderno”. L’auto elettrica ha grandi vantaggi: tutti la amano quando la guidano. Qualcuno la odia quando deve ricaricare. Sul costo elevato, è vero che se fai tanti chilometri dopo 5 anni inizi a vedere un risparmio, ma intanto la devi pagare subito.

D. E poi c’è il fastidio della ricarica

L

Sindacati e lavoratori sono sul piede di guerra, soprattutto a Mirafiori, dove la produzione prosegue a singhiozzo. Ad aprile 2024 allo sciopero hanno partecipato 12.000 lavoratori. Ad ottobre, è previsto un altro sciopero di 8 ore che coinvolgerà tutti i lavoratori del settore automotive.

R. Sì, è un tema che io ho messo in evidenza e che è stato sottovalutato. In Italia viviamo in città vecchie e spesso densamente popolate, in cui non ci sono i parcheggi sotto casa dove puoi ricaricare. L’Europa del Nord, è attrezzata. Noi, i francesi e in parte anche gli spagnoli, abbiamo un altro approccio. Se abiti in un appartamento vecchio non hai il garage. Se abiti in un appartamento nuovo, molto spesso hai uno spazio comune ma devi convincere tutto il condominio a mettere delle colonnine.

D. E sulle colonnine?

R. La rete elettrica, specialmente nelle città vecchie, non reggerebbe un carico così forte, e quindi bisogna adeguarla interamente. Non si possono mettere trasformatori in mezzo al centro storico. Bisogna costruire delle sottostazioni, e tutto questo ha dei costi e, soprattutto, lentezze burocratiche e tecniche. Insomma: gli obiettivi del 2035 in Europa, in particolare in certe sue parti, non sono assolutamente raggiungibili. Dovranno cambiare. E dovranno dovrà esserci una mobilitazione e un coordinamento, da un lato sullo sviluppo della rete di ricarica e dall’altra dello sviluppo dell’auto elettrica stessa.

D. Si arriverà a spostare i termini del 2035?

R. Sarà necessario farlo. Se non vogliamo far fallire l’industria, qualche aggiustamento andrà fatto.

D. Ma veramente Volkswagen potrebbe ridurre 15.000 posti di lavoro? O è una minaccia che poi porterà a una trattativa e saranno magari 5000?

R. Penso di si. magari si punta un po’ più in alto per aggiungere l’accordo, ma l’ordine di grandezza purtroppo è quello. Non sono 1000, e nemmeno 5000.

D. E poi c’è l’agguerrita concorrenza della Cina, che fa investimenti con il denaro dello Stato e non ha l’obbligo dei car maker privati di arrivare a break even. Investe anche solo per creare occupazione e per conquistare fette di mercato. Oltretutto, è afflitta da una sovraproduzione interna, per cui è in qualche modo obbligata a esportare…

La cinese Byd ha sviluppato un’ampia gamma di veicoli elettrici per soddisfare le esigenze di trasporto di diverse comunità in tutto il mondo.

R. Già. I cinesi hanno sicuramente ricevuto incentivi, in qualche caso anche incentivi che da noi sarebbero proibiti. Questo li ha portati a creare una capacità produttiva estremamente elevata, molto più elevata di quanto il mercato interno può assorbire. A questo si unisce il fatto che l’economia cinese continua a essere essenzialmente un’economia di export: la crescita del consumo interno non è stata pari a quello che anche i governanti cinesi si aspettavano. Il Pil viene fatto essenzialmente con l’export, che sono obbligati a mantenere per far crescere il Pil. Adesso nell’auto, in particolare quella elettrica, hanno tecnologie che sono seconde solo a Tesla. Forse.

D. E i cinesi tengono bassi i prezzi…

R. Esatto. Si tratta di auto economiche e in questo momento c’è l’esigenza di costruire il mercato. Noi, invece, abbiamo i modelli premium molto costosi, da oltre 70.000 euro. Ma il mercato è fatto da auto fra i 25.000 e i 40.000 euro. E in questo segmento i cinesi sono competitivi anche in termini di offerta tecnologica. A parità di diciamo, offrono più tecnologia a prezzi più competitivi. Anche con un buon livello di qualità e di design.

D. Spazzeranno via le utilitarie elettriche europee?

R. Sicuramente prenderanno delle quote di mercato importanti. L’anno scorso la Cina è diventato il primo esportatore di auto al mondo con quattro milioni di vetture. Soltanto tre anni fa era al quarto questo posto. E sta crescendo ancora molto, con l’elettrico ma anche col termico. Eh, perché esportano molto. E non c’è solo l’Europa. l’auto cinese fa da padrone in Russia. E in tutta la parte del Sud Est Asiatico, oltre che in Australia. E la Russia. L’America sicuramente è l’ultimo mercato che i cinesi cercheranno di aggredire.

D. I dazi funzioneranno come strumento di difesa?

R. Sicuramente nel breve sì. Poi il gap comunque rimane, i i cinesi cominceranno (e hanno già iniziato) a fare delle fabbriche come le hanno fatte a loro tempo i coreani in America, così da bypassare i dazi. Il Governo italiano sta cercando di portare in Italia almeno uno di questi produttori così da creare posti di lavoro.

D. Ma una volta che hanno le fabbriche qua, non li ferma più nessuno…

R. Non fino a quando ci sarà della competizione. I cinesi avevano quota di mercato dello zero virgola qualcosa, e prevediamo possa essere intorno al 4% nei prossimi due anni. È chiaro che in un mercato stagnante come l’Europa, quando prendi quattro punti di conta di mercato non li vai a prendere dalla crescita. Li vai a sottrarre agli altri produttori. E quindi su 15 milioni di vetture, il 4% comincia a essere un valore molto importante. E non escludo che arrivino col tempo al 10%.

D. Quindi, qual è la morale della favola?

R. La morale della favola è che l’elettrico tutto e subito è una chimera ed è stato sicuramente un errore. Dobbiamo tornare a uno sviluppo più coordinato tra le diverse tecnologie, che sarà diverso in ogni Paese.

D. Come si sta muovendo Stellantis?

La joint venture tra Stellantis e il costruttore cinese Leapmotor: l’obiettivo è competere con i marchi cinesi già presenti in Europa. Carlos Tavares, ceo di Stellantis, e Jiangming Zhu, fondatore, presidente e ceo di Leapmotor.

R. Stellantis si è mossa in diversamente negli ultimi anni. Quando c’era Marchionne l’elettrico era una perdita di tempo, ma nell’ultimo anno della vita di Marchionne, lui diede una sterzata e cominciò a investirepesantemente sull’elettrico. Quando poi è stata creata Stellantis, e Tavares ha preso il comando, si è fusa con Psa. Peugeot e Citroen erano più avanti sulle piattaforme, quindi c’è stata un’accelerazione della elettrificazione Peccato che le piattaforme erano piattaforme essenzialmente francesi, quindi anche con fornitori francesi. E questo sta creando problemi non da poco alla componentistica italiana. L’atteggiamento di Tavares è del tipo “cari governi, se voi volete sviluppare l’elettrico dovete aiutare con incentivi alle vendite queste auto, perché l’elettrico non è ancora competitivo di per sé”.

D: Chi si sta muovendo meglio tra i gruppi europei?

R. Forse Renault, che ha calibrato meglio di altri la quantità di auto elettriche e di investimenti stabiliti nel tempo. Sull’elettrico il gruppo che ha investito di più è stato Volkswagen, ma poi c’è stata una forte frenata perché appunto non si vendevano in misura sufficiente. Volkswagen è stata quella che è andata più avanti, ma è anche quella che ora sta pagando lo scotto. Sull’ibrido, invece, è stata sicuramente Stellantis, che si trova con una gamma più bilanciata rispetto ad altri. La Bmw, che si era buttata molto sull’elettrico, ha fatto un po’ marcia indietro. Anche sui modelli in cui pensava di togliere completamente il motore a combustione.

D. E l’elettrico nel mondo delle auto premium?

R. Nel premium vedo bene Bmw, Mercedes e Audi, soprattutto nel supersportivo. Ma con l’ibrido, non l’elettrico puro. Perché il super sportivo va molto nei Paesi in via di sviluppo che difficilmente possono gestire un’auto totalmente elettrica. Ma il motivo principale è che un’auto sportiva può beneficiare dell’elettrico per quanto riguarda la coppia, l’accelerazione. Però chi compra un’auto di quel tipo vuole ancora la sensazione, le vibrazioni, il rumore di un motore a combustione. Parlando con i big del lusso, da Ferrari, Aston Martin, Lamborghini. ho sempre detto che l’elettrico puro sarebbe stata una super nicchia almeno per i prossimi 10, 15 anni. Chi spendeva da 300.000 € in su voleva avere un motore termico. E così sta succedendo. Detto questo, mettere invece un motore elettrico con una piccola batteria come c’è nella Formula Uno è un grande plus, perché ti permette sia di avere accelerazioni pazzesche E puoi fare il vectoring, che migliora la tenuta d’auto in curva.

D. Come vede la crisi di Bmw?

Tutte le conoscenze acquisite presso l’Rds ulla riciclabilità di componenti e materiali vengono già incorporate nello sviluppo dei prodotti del Bmw Group.

R. Non mi sembra una crisi. Teniamo presente che l’anno scorso i produttori hanno superato quasi tutti i record di profittabilità, quindi bisogna vedere da dove si parte. L’anno scorso è stato un anno assolutamente straordinario per tutti, compresa Stellantis. Quest’anno Stellantis fa -50%. Nell’auto puoi avere questi salti. Per Bmw la crisi è essenzialmente dovuta allo stesso problema di Volkswagen: hanno sovrainvestito sull’elettrico.

D. Parliamo di Renault…

R. Renault è fra quelli che sono stati molto “intelligenti” e ha sviluppato molto la tecnologia ibrida, ma un ibrido intelligente, che ha dato vita a una gamma estremamente competitiva. Sull’elettrico hanno puntato su modelli a basso costo, come la Lead, che producono in Cina. Hanno poi puntato sulla nuova Renault 5, che sarà un’auto estremamente competitiva, sicuramente tutti i 30.000 euro.

D. In ogni caso, è un brutto periodo per l’automotive

Con il lancio di 7 veicoli, il 2024 è un anno ricco di novità commerciali per Renault.

R. Diciamo che i prossimi due anni saranno difficili. Conto che le penalità del 2025 siano riviste, perché una penalizzazione simile dell’auto europea sarebbe una specie di suicidio collettivo per l’industria.

D. Ci saranno chiusure di fabbriche?

R. Sicuramente in Germania. Ma qualcosa avverrà anche in Italia, purtroppo.














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