Siderurgia italiana oggi in crisi: domanda in calo, prezzi volatili, costi energetici elevati. Nel 2025?

di Marco De' Francesco ♦︎ L'acciaio è strategico per l'Italia. Fra i big player Marcegaglia, Arvedi, Feralpi, Duferco, Ori Martin, Dalmine, Vender e il Gruppo Riva. Che nel 2024 soffrono più dei competitor europei. Per meno domanda, regionalizzazione dei mercati, volatilità dei prezzi. Per il 2025 si prevede una moderata ripresa. Ma bisogna innovare processi e prodotti. E decarbonizzare. Con Siderweb

Dopo un lungo periodo di difficoltà, l’industria siderurgica italiana intravede una timida speranza per il 2025. Non si parla ancora di certezze, ma di un cauto ottimismo che emerge tra importanti operatori del settore e dei comparti correlati, come ad esempio il ceo di Marcegaglia Antonio Marcegaglia e il chairman e cfo di Danieli Alessandro Brussi. Il contesto è tutt’altro che semplice. Ad agosto 2024, la produzione di acciaio in Italia è scesa a 764mila tonnellate, segnando un calo del 2,7% rispetto allo stesso mese del 2023, mentre nei primi otto mesi dell’anno si è attestata a 13,2 milioni di tonnellate, con una flessione del 5,2%.

Il settore siderurgico italiano include nomi di rilievo come la citata Marcegaglia, Arvedi, Feralpi, Afv – Acciaierie Beltrame, Cln, Duferco Italia Holding, Ori Martin, Fin Fer, Acciaierie Venete, Acciaierie Valbruna, Sofida, Dalmine, Vender, e il Gruppo Riva. Attorno a queste, le aziende che producono impianti e tecnologie per l’acciaio: ad esempio la menzionata Danieli e BM. Il fatto è che l’acciaio italiano soffre più dei competitor europei e cinesi, essendo maggiormente focalizzato sul ciclo secondario, particolarmente esposto all’aumento dei costi energetici innescato dalla crisi russo-ucraina. A pesare ulteriormente sono tre grandi tendenze globali: la debolezza della domanda, la regionalizzazione dei mercati e la volatilità dei prezzi.







Dunque, perché è lecito attendersi una (pur debole) ripresa nel 2025? Prima di tutto perché diversi Paesi stanno prendendo contromisure. Si pensi, per l’Italia all’Energy Release: questo decreto firmato a luglio dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, promuove e accelera gli investimenti in autoproduzione di energia rinnovabile nei settori a forte consumo di elettricità, con anticipazione del 50% dell’energia che verrà generata a seguito degli investimenti. Questa misura potrebbe aiutare le industrie della siderurgia secondaria. In Cina, poi, la crisi della domanda interna ha determinato la necessità di accelerare sul fronte delle esportazioni, destabilizzando il mercato globale e innescando una guerra di dazi. Ora, però, la recente definizione di “stimoli” da parte di Pechino potrebbe rimettere in funzione il motore interno dell’economia: è prevista nuova liquidità nonché il taglio dei tassi di interesse. Inoltre, la World Steel Association è moderatamente ottimista: prevede una crescita della domanda mondiale dell’1,7% nel 2024 e dell’1,2% nel 2025. Infine, si assiste ad un rientro verso una volatilità più “normale“: è considerato un segnale positivo per il mercato dell’acciaio, indicando che si sta riassorbendo l’anomalia degli ultimi anni, caratterizzata da oscillazioni eccessive e imprevedibili nei prezzi.

Questo articolo prende spunto dal “Siderweb Forum”, tenuto al Vicenza Convention Center giorni fa. Tra i partecipanti, oltre ai citati Marcegaglia e Brussi, il ceo di Metinvest Group Yurly Ryzhenkov; il presidente di Eurometal e ceo di Tata Steel Distribution Spain Fernando Espada, nonché i docenti al Politecnico di Milano Carlo Mapelli (meccanica) e Marco Imperadori (progettazione e innovazione tecnologica). L’evento ha preceduto l’Assemblea Pubblica di Federacciai. Anche i dati qui esposti sono elaborazioni Siderweb.

Acciaio: la complicata situazione italiana

  • Ordini negativi

Gli ordini degli operatori del settore siderurgico italiano sono stati costantemente negativi per la maggior parte del 2024. Secondo i dati rilevati mensilmente da Siderweb si registra una riduzione in sette delle otto rilevazioni mensili effettuate durante l’anno, con un picco negativo a luglio 2024 (di circa il 49%).

Ad agosto 2024, la produzione di acciaio in Italia è scesa a 764mila tonnellate, segnando un calo del 2,7% rispetto allo stesso mese del 2023, mentre nei primi otto mesi dell’anno si è attestata a 13,2 milioni di tonnellate, con una flessione del 5,2%. (Fonte: Siderweb)
  • La riduzione degli Stock

Le scorte degli operatori del mercato siderurgico italiano si sono ridotte nel 2024, in linea con il trend negativo della domanda e degli ordini. Molte aziende hanno adottato strategie di destoccaggio per contenere i livelli di inventario, un segnale della difficoltà nel mantenere elevati livelli di scorte in un contesto di domanda stagnante. I dati mensili hanno mostrato un blando ma costante processo di riduzione degli stock durante l’anno, con un picco negativo a maggio, attorno al 17%.

  • Consumo apparente in calo

Il consumo apparente si riferisce alla quantità totale di un materiale disponibile per l’uso all’interno di un determinato paese o regione, escludendo le esportazioni e includendo le importazioni. È una misura che permette di valutare la domanda interna di un prodotto di acciaio: in Italia a maggio 2024 è stato pari a 2,25 milioni di tonnellate, segnando un calo del 4,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

  • Importazioni ed esportazioni

Il commercio estero italiano ha visto un calo sia delle importazioni (-20,7%) sia delle esportazioni (-3,5%) a maggio 2024 rispetto allo stesso mese del 2023. Le importazioni di materie prime, semilavorati e prodotti finiti sono diminuite, con poche eccezioni, come un leggero aumento nell’importazione di tubi (+2,2%)​. Questa dinamica riflette una crescente difficoltà a livello internazionale e un mercato che si sta frammentando in compartimenti più regionali.

Le scorte degli operatori del mercato siderurgico italiano si sono ridotte nel 2024, in linea con il trend negativo della domanda e degli ordini. Molte aziende hanno adottato strategie di destoccaggio per contenere i livelli di inventario

Trend globali del mercato dell’acciaio

  • La stanchezza della domanda
Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi siderweb

A livello globale, si citavano le previsioni della World Steel Association; ecco, sebbene questi numeri rappresentino un miglioramento rispetto al recente passato, rimangono molto al di sotto della crescita media annua del 3% registrata nel decennio precedente. La principale causa di questo rallentamento globale da attribuire alla frenata della domanda interna in Cina, che è stata un motore fondamentale della crescita del consumo di acciaio negli anni passati. La Cina, con la sua enorme capacità produttiva, ha sperimentato un calo interno legato a settori chiave come quello delle costruzioni, a causa della crisi del mercato immobiliare e delle politiche governative restrittive.

In Europa, la situazione non è molto diversa. La domanda di acciaio è rimasta debole nel 2023 e 2024, in parte a causa delle difficoltà economiche derivanti da alti costi energetici e dalla transizione verso la decarbonizzazione. Questi fattori hanno reso la produzione di acciaio più costosa e meno competitiva rispetto ad altre regioni del mondo, come Asia e Medio Oriente, dove i costi operativi sono più bassi. Un altro fattore che ha contribuito alla debolezza della domanda è stato il calo degli investimenti in infrastrutture e costruzioni in molte nazioni europee, settori che storicamente sono grandi consumatori di acciaio. La Banca Centrale Europea ha adottato politiche di tassi di interesse elevati per contenere l’inflazione, il che ha ridotto la capacità di investimento in settori chiave, rendendo difficile una ripresa della domanda. Inoltre, l’aumento delle importazioni di acciaio dai paesi non europei ha ulteriormente messo sotto pressione i produttori europei.

Quanto all’Italia, si citava il picco negativo degli ordini a luglio 2024. In Italia il rallentamento della domanda è particolarmente evidente. Per Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi di Siderweb, «il quesito da porsi è se siamo di fronte a un riposizionamento strutturale o se, invece, stiamo toccando il fondo».

  • La regionalizzazione dei mercati

Si citava la regionalizzazione dei mercati dell’acciaio. Questo processo ha preso avvio diversi anni fa, in particolare nel 2015-2016, quando la Cina ha cominciato a esportare massicciamente acciaio, a causa di una riduzione della domanda interna. Ciò ha portato all’introduzione di misure protezionistiche, come i dazi imposti dagli Stati Uniti durante l’amministrazione Trump (Sezione 232), seguite da risposte simili in Europa. Il risultato è stato un calo del commercio internazionale: tra il 2011 e il 2015 il 29% della produzione globale di acciaio veniva esportata, mentre tra il 2020 e il 2023 la quota è scesa al 24%, con una perdita complessiva di circa 90 milioni di tonnellate di acciaio nel commercio globale.

A questo si aggiunge un marcato scollamento nei prezzi tra le diverse aree geografiche: la differenza di prezzo tra i coils cinesi e quelli statunitensi, ad esempio, è stata costantemente superiore ai 350 dollari a tonnellata negli ultimi tre anni. In Europa, il mercato è stato caratterizzato da una domanda debole, che ha influito negativamente sulle quotazioni dei prodotti tra luglio e agosto 2024. In Italia, il Carbon Steel Index è sceso del 3,89% nello stesso periodo, mentre lo Scrap Index ha subito un calo del 4,37%, evidenziando una forte correlazione tra la debolezza della domanda di prodotti finiti e i ritardi nella ripresa della produzione​

  • Riduzione della volatilità dei prezzi

Quanto alla menzionata volatilità dei prezzi, quest’ultima aveva raggiunto livelli estremi nel periodo 2020-2022. In quegli anni, la differenza tra il prezzo minimo e massimo dell’acciaio, in particolare dei coils a caldo, aveva superato i 700 euro a tonnellata. In confronto, il periodo 2017-2019 aveva visto una volatilità molto più contenuta, con differenze di prezzo che non superavano i 100 euro a tonnellata.

Nel 2023, il mercato ha mostrato segnali di normalizzazione, con livelli di volatilità più in linea con le dinamiche storiche. Nel 2024, in particolare, la volatilità si è ridotta in modo significativo, soprattutto per i prodotti lunghi, dove le variazioni sono rimaste modeste.

Per Emanuele Norsa, coordinatore contenuti di Siderweb «si osservano a livello internazionale alcuni segnali (soprattutto provenienti dall’Asia) che indicano una potenziale stabilizzazione dei livelli di prezzo, in preparazione forse di una ripresa nell’ultima parte dell’anno. Certo, è ancora presto per ipotizzare che il 2025 sarà di effettiva ripresa, ma è plausibile pensare che, se non ci saranno nuovi imprevedibili sconvolgimenti legati alla politica internazionale, il prossimo anno porterà un riallineamento verso l’alto di alcuni valori e della domanda europea».

Le ragioni di un moderato ottimismo per il 2025

  • L’acciaio ha toccato il fondo, un rimbalzo è possibile
Antonio Marcegaglia, ceo e presidente di Gruppo Marcegaglia

Il ciclo dei prezzi dell’acciaio ha probabilmente raggiunto il fondo, e per il 2025 si prevede una moderata ripresa. Per Antonio Marcegaglia «i costi strutturali elevati in Europa, inclusi quelli energetici e legati alla decarbonizzazione, richiedano prezzi dell’acciaio più alti per garantire la sostenibilità economica delle imprese siderurgiche». In pratica, se ciò non accadesse per le aziende di settore sarebbero guai.

Per Marcegaglia occorre però innovare processi e prodotti e di trovare una maggiore flessibilità per adattare i livelli di produzione alla domanda, che non sarà elevata, e alla riorganizzazione dei consumi. L’Europa deve recuperare competitività per evitare di essere emarginata a livello globale; e serve una leadership politica forte e coraggiosa per affrontare le sfide future». In particolare la decarbonizzazione deve essere realizzata, ma con pragmatismo, evitando approcci ideologici o soluzioni tecnologiche imposte dall’alto.

Riguardo al Cbam (Carbon Border Adjustment Mechanism; mira a imporre un costo per le emissioni di carbonio incorporate in alcuni prodotti importati nell’UE, allineandolo ai costi che i produttori europei devono sostenere per le emissioni di CO2 nell’ambito del sistema europeo), per Marcegaglia l’attuale approccio è «un fardello amministrativo che rischia di non raggiungere l’obiettivo di supportare la decarbonizzazione europea e di impoverire la domanda di prodotti industriali a valle». Inoltre, pur essendo giusto difendere le produzioni europee da importazioni sleali, «alzare barriere non è una soluzione praticabile: interrompere le catene di fornitura globali potrebbe danneggiare ulteriormente l’industria europea senza risolvere le questioni legate ai cambiamenti climatici».

  • Il mercato dell’acciaio è ciclico e ci sono stimoli governativi
Yurly Ryzhenkov, ceo di Metinvest Group.

Il mercato dell’acciaio è ciclico e il settore sta attraversando una fase di recessione più lunga rispetto al passato. In pratica, prima o poi quest’ultima deve finire. Certo, il conflitto in Ucraina ha contribuito al calo della domanda, oltre all’aumento dei costi energetici e all’incertezza economica globale; tuttavia, per Yurly Ryzhenkov si può mostrare cauto ottimismo riguardo al 2025, «confidando nelle misure governative che potrebbero stimolare il mercato». Il riferimento è al citato pacchetto di stimoli economici introdotto dal governo cinese per sostenere la domanda interna, mirato a rilanciare la crescita economica, che potrebbe avere un impatto positivo anche sulla domanda globale di acciaio; ma anche agli interventi del governo statunitense, come il taglio dei tassi di interesse e altre politiche di sostegno economico, che potrebbero contribuire a stimolare il settore siderurgico e più in generale l’economia. C’è peraltro la necessità di ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di materie prime dalla Russia: la promozione di una produzione indipendente per garantire la stabilità economica e politica è un fattore strategico.

  • La crisi riguarda la domanda apparente: quella reale sta per bussare alla porta
Fernando Espada, ceo di Tata Steel Distribution Spain.

Guardando il mercato dell’acciaio dall’angolazione del commercio e della distribuzione, emergono molte incertezze. Nella prima parte dell’anno il mercato era in un buon momento, non come il 2021 e il 2022, ma comunque ha permesso alle aziende del comparto del commercio di avere margini. Tuttavia, la citata riduzione della domanda nella seconda metà dell’anno è paragonabile a quella di fine 2008. Ma c’è una differenza. Per Fernando Espada «allora la crisi aveva colpito tutte le attività, mentre ora sembra coinvolgere solo la siderurgia. La cosa che dà ottimismo per il futuro è che si tratta di una crisi di domanda apparente e, perciò, prima o poi la domanda reale dovrà tornare a essere consistente. Credo che siamo vicini a questo rimbalzo». La domanda apparente è la quantità totale di un bene disponibile per il consumo all’interno di un paese o di una regione, considerando la produzione interna e le importazioni, e sottraendo le esportazioni. In pratica, si tratta di una misura che fornisce un’indicazione della domanda interna di un prodotto, senza tener conto delle variazioni nelle scorte o magazzini.

  • Le aziende globali hanno chance fuori del continente

Negli ultimi anni, il comparto ha avuto ottime opportunità di mercato negli Stati Uniti; ora, secondo Alessandro Brussi «è lecito attendersi una crescita da parte del Giappone, dell’India, del Nord Africa e di tutte quelle aree nelle quali è prevista una crescita del consumo di acciaio nei prossimi anni». Queste zone del pianeta, che potranno sfruttare una maggiore disponibilità di materie prime, alimenteranno anche la crescita della siderurgia europea. Per chi come noi fornisce tecnologia, un potente driver di sviluppo è rappresentato anche dalle necessità di decarbonizzazione, che necessita sia di capitali privati sia di contributi governativi per poter trainare il cambiamento tecnologico dell’industria siderurgica.

L’acciaio del futuro

Carlo Mapelli, docente al dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano

Non ci sarà un cambiamento radicale nelle categorie di acciaio, poiché esistono già numerose tipologie di materiali per diverse applicazioni. Tuttavia, la ricerca si sta concentrando sull’ottimizzazione delle proprietà degli acciai esistenti, cercando di produrli in modo più efficiente e con una maggiore attenzione all’impronta ecologica. Per Carlo Mapelli «un esempio interessante riguarda l’acciaio ad alto contenuto di manganese e alluminio, già prodotto in Corea del Sud per applicazioni speciali come quelle militari».

Nell’automotive, la sfida dell’acciaio in questo contesto è di produrre materiali più leggeri e resistenti, capaci di competere con materiali come l’alluminio, soprattutto nelle applicazioni automobilistiche e meccaniche. Nel settore energetico, l’acciaio deve rispondere alla necessità di materiali che possano sostituire le superleghe di nickel nelle alte temperature e garantire affidabilità nei sistemi di rigassificazione, fondamentali per l’approvvigionamento energetico dell’Italia.

Nell’edilizia, soprattutto residenziale, l’uso dell’acciaio nei sistemi stratificati a secco sta prendendo piede. D’altra parte negli ultimi dieci anni, l’impiego di acciaio strutturale in edilizia è passato dal 18% al 35%, e ci sono ulteriori margini di crescita. Per Marco Imperadori «l’acciaio offre nuove possibilità di progettazione, con l’industrializzazione delle costruzioni, dove edifici vengono costruiti off-site con componenti prefabbricati e assemblati sul luogo, come un’auto o un aereo».














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