Per i produttori di macchine si tratta di una grande opportunità di aumentare il volume d’affari ma anche i margini, che in futuro saranno quasi totalmente generati dai servizi. (e le macchine potrebbero diventare poco più di una commodity) E all’orizzonte ci sono nuovi business model, tutti da inventare. L’oem non deve pensare di rivoluzionare la sua ragion d’essere dall’oggi al domani, il passaggio può essere graduale negli anni: basta che sia ben definito il punto d’arrivo.
La maggiore richiesta di servizi si spiega anche con la tendenza degli utilizzatori finali di tutti i settori – dalla chimica all’automotive e a tutti i settori della meccanica – a delegare a terzi attività che prima venivano condotte in casa. Oltre che con la pervasività della digitalizzazione.
Il tema delle competenze può fare la differenza, perché i produttori di macchine conoscono bene la meccatronica, ma ideare, abilitare e vendere servizi (modificando di conseguenza il business model, oppure inventandone uno nuovo) è un mestiere completamente diverso, anche se complementare. Su questo, in partenza un nuovo corso proprio al competence center Made: https://www.made-cc.eu/it/scuola-di-competenze-4-0/servitizzazione/
L’intervista è stata rilasciata in margine a un evento al quale hanno partecipato oltre a Marco Taisch stesso anche Michele Viscardi (Cosberg), Lorenzo Minelli (Itemalab) e Davide Sacchi (Emmi Dessert). CI torneremo presto sopra anche con un articolo dettagliato.
Del resto il tema è di importanza enorme, per Industria Italiana (che ha scelto di fare del machinery una delle sue colonne portanti) e per la rilevanza del settore macchinari nell’economia del Paese. Non solo per i suoi 40 miliardi di valore, ma per l’impatto che ha nel manifatturiero, che è il settimo al mondo e soprattutto la base del sistema-Paese. Del resto, in campo macchinari l’Italia esprime realtà di grande rilievo. Tra i più noti ci sono i costruttori di macchine per il packaging, come Ima, Coesia, Marchesini, Sacmi, Goglio. E poi ci sono le macchine utensili di Prima Industrie, Camozzi, Salvagnini, Ficep, Breton, Mario Frigerio. E le eccellenze nella produzione di componenti e strumenti per tutto il settore del machinery, come Marposs, Gefran, Hsd, Rollon. E realtà più piccole ma vivaci come Buffoli Industries, Ghiringhelli, Gasparini. E le filiali italiane di grandi gruppi multinazionali come Renishaw, Bystronic, Soraluce, Amada, Fanuc, United Grinding, Hiwin, Trumpf, Schaeffler, Mazak, Dmg Mori, Danobat. Ultime ma non meno importanti, le filiali italiane di colossi multinazionali che vendono ai produttori di macchine di tutti i tipi le indispensabili tecnologie abilitanti, da Siemens a Rockwell Automation, da Abb a Schneider Electric, da Bosch Rexroth a Keb.
(Ripubblicazione dell’articolo del 3 aprile 2024)