Imprenditori 5.0: è ora di puntare verso l’estero. Il momento è propizio! Parola di Sace

di Barbara Weisz ♦︎ I beni intermedi come i macchinari industriali e la componentistica trainano le vendite all’estero. Un trend che proseguirà, soprattutto per meccanica strumentale e apparecchiature elettriche, nonostante una prima metà del 2024 sottotono. Il mercato principale per l'export? Gli Usa, ma anche Cina, India, Singapore, Vietnam, Emirati Arabi Uniti. Le imprese più favorite quelle che adottano tecnologie 4.0 e IA: previsto un aumento del 10%. Tecnologie low carbon: la Cina domina, ma l'Italia guadagna posizioni. Il caso Baxenergy. Ne parliamo con Simone Massaro, (Baxenergy), Alessandro Terzulli (Sace) e Sonia Bonfiglioli

Per affrontare la transizione digitale e sostenibile, le imprese di tutto il mondo devono acquistare tecnologie, macchinari, software. Per questo motivo, secondo il report “Doing export 2024” di Sace le prospettive in termini di esportazioni dei settori abilitatori di quello che in Italia si chiama 5.0 sono particolarmente positive.

I beni intermedi come i macchinari industriali e la componentistica trainano le vendite all’estero, con un progresso del 5,1%, superiore al pur positivo +3,7% delle esportazioni nazionali. Il trend proseguirà nei prossimi anni, in particolare concentrandosi su settori come la meccanica strumentale e le apparecchiature elettriche. Nel frattempo, vantiamo un ruolo chiave nel commercio internazionale delle cosiddette tecnologie low carbon, con scambi per 1,7 miliardi annui in crescita del 7,4% all’anno: siamo al secondo posto fra le economie europee, dopo la Germania, e settimi nel mondo, con circa 37 miliardi di dollari di beni esportati e una quota di mercato del 3%. E secondo Sonia Bonfiglioli, presidente dell’omonimo gruppo della componentistica e dei motori elettrici per i macchinari industriali, è strategico proseguire in questa direzione: «come aziende italiane, dobbiamo esportare anche sostenibilità. Così come oggi nessuno compra più bassa qualità, nel futuro non potremo limitarci a esportare green washing, ma vere soluzioni sostenibili».







Un caso emblematico è rappresentato da Baxenergy, che fra l’altro è appena finita in mani straniere, acquistata da Yokogawa, multinazionale giapponese dell’automazione industriale. Fondata nel 2010 da Simone Massaro, sviluppa tecnologie software che ottimizzano la gestione dell’energia rinnovabile prodotta. «Siamo partiti nel 2010 con un paio di persone – ci spiega il founder -. Oggi abbiamo circa 400 persone e contiamo di passare entro il 2030 dagli attuali 120 gigawatt a un totale di portfolio pari a 200 gigawatt di energia controllata, che è l’equivalente di due o tre nazioni come l’Italia».

Il momento per chi ha progetti di internazionalizzazione dovrebbe essere propizio: i condizionali sono d’obbligo, perché il 2023 ha segnato una battuta d’arresto e il 2024 è iniziato all’insegna di una perdurante debolezza, ma le stime di Sace per le esportazioni italiane di beni vedono un +3,7% per il 2024, e una progressione positiva anche per i due anni successivi: +4,5% nel 2025 e +4,2% nel 2026. In questo contesto, per tutte le aziende, indipendentemente dal settore, gli investimenti in tecnologie comportano migliori performance sui mercati internazionali, soprattutto se supportati da analoghi sforzi anche sulla formazione e sulle competenze. E l’intelligenza artificiale rappresenta sempre un valore aggiunto, anche perché può essere anche uno strumento utile per gestire le strategie di esportazione e internazionalizzazione.

le stime di Sace per le esportazioni italiane di beni vedono un +3,7% per il 2024, e una progressione positiva anche per i due anni successivi: +4,5% nel 2025 e +4,2% nel 2026. (Fonte: Elaborazioni Sace su dati Istat e Oxford Economics).

«Pensiamo per esempio all’efficienza e al risparmio di tempo nelle fasi di scouting informativo – segnala Alessandro Terzulli, chief economist di Sace – : dove risiedono le migliori opportunità per il mio business? Quali sono i maggiori player in questo settore? Come li posso intercettare? L’IA fornisce questi dati e consente all’imprea di concentrarsi sulle attività a maggior valore aggiunto, quindi la coltivazione della relazione e il modo in cui gestirla. La fase in cui si incontrano altre imprese estere richiede la presenza fisica. Ma l’intelligenza artificiale rappresenta un supporto che consente di ottmizzare anche questa fase».

Approfondiamo i dati del report “Doing export 2024” della controllata del ministero dell’Economia e guidata da Alessandra Ricci che supporta con strumenti finanziari e organizzativi le realtà del Made in Italy nel mondo con particolare attenzione al rapporto con le tecnologie 5.0, anche attraverso le domande poste al chief economist Alessandro Terzulli, all’imprenditrice Sonia Bonfiglioli, e al founder e ceo di Baxenergy Simone Massaro.

Le esportazioni ristagnano ancora ma dovrebbero crescere nella seconda metà dell’anno. pesa ancora la debolezza tedesca

Alessandro Terzulli, chief economist di Sace

I dati sull’export, come detto, vedono un 2024 che, sull’onda del deludente 2023 non è iniziato al meglio. I dati Istat di maggio evidenziano una perdurante debolezza: l’export ha segnato un calo su base annua dell’1,7% in termini monetari e del 3,4% in volume, per cui dall’inzio dell’anno la situazione è fondamentalmente stazionaria (-0,1%). Ma nella seconda parte dell’anno Sace vede un’accelerazione, per chiudere, come detto, con un progresso del 3,7% che salirà al 4,5 l’anno prossimo. Meglio del mercato i beni di investimento (+5,1% nel 2024 e +4,6% nel 2025), trainati quest’anno dai mezzi di trasporto (+7%, grazie in particolare a vendite di navi e imbarcazioni), e l’anno prossimo dagli apparecchi elettrici, con un progresso del 5,9%.

Perché questa positività a fronte di una situazione che per il momento non presenta numeri entusiasmanti? Terzulli sottolinea come sia il 2023 sia la prima parte del 2024 abbiano risentito della frenata tedesca. «La Germania, che è il nostro primo mercato di sbocco, rimarrà fiacca, ma nell’area euro stiamo compensando con la Spagna e con altri paesi». L’area extra UE sta invece andando meglio. Fra i grandi mercati su cui le previsioni Sace sono più positive, gli Stati Uniti. «Lo scorso anno sono diventati il secondo mercato di destinazione superando di nuovo la Francia. Si tratta di un paese a cui guardare sempre con interesse, è un mercato tradizionalmente importante. È chiaro che le aziende devono approcciarlo con attenzione, bisogna effettuare valutazioni sui singoli stati e sui prodotti». Il report vede un progresso del 5,1% nel 2024 e del 4,8% nel 2025.

L’azienda controllata dal ministero dell’Economia individua poi una serie di mercati definiti Gate, ovvero growing, ambitious, transforming ed emerging, che nel 2023 sono stati la destinazione di beni italiani per 80 miliardi di euro, e complessivamente sono visti in crescita del 5,4% quest’anno e del 7% nel 2025. (Fonte: Elaborazioni SACE su dati Istat e Oxford Economics).

Sull’interesse verso il mercato a stelle e strisce, concorda Sonia Bonfiglioli, la cui azienda nel 2023 ha realizzato nelle Americhe il 21,43% del fatturato (281,3 milioni di euro su un totale di 1,3 miliardi). «Se dovessi identificare un paese promettente a cui un’azienda medio o piccola si può rivolgere direi l’America del Nord, soprattutto gli Stati Uniti. Essere ben posizionati in un paese che, comunque vadano le elezioni del prossimo autunno, spingerà ulteriormente il Made in Usa, è cruciale. E tenuto conto che noi abbiamo delle eccellenze manifatturiere che in America non si trovano, può esserci una grande opportunità non solo di export, ma anche di internazionalizzazione delle nostre imprese».

Aleandra Ricci, ad di Sace.

L’azienda controllata dal ministero dell’Economia individua poi una serie di mercati definiti Gate, ovvero growing, ambitious, transforming ed emerging, che nel 2023 sono stati la destinazione di beni italiani per 80 miliardi di euro, e complessivamente sono visti in crescita del 5,4% quest’anno e del 7% nel 2025. Li elenchiamo: Cina, India, Singapore, Vietnam, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Turchia, Serbia, Egitto e Marocco nel solco del Piano Mattei insieme al Sudafrica come entry point nel Continente Subsahariano. E ancora: Brasile, Messico, Colombia.

Bonfiglioli, che invece in Asia nel 2023 ha fatturato 318 milioni di euro, e produce sia in Cina sia in India, propone sui due paesi un’analisi articolata. «La Cina, secondo me, dal punto di vista dell’industria e dell’export ha raggiunto la bottom line, non mi pare che possa andare molto peggio rispetto a questi ultimi due anni. L’India, superata la fase delle elezioni, che hanno confermato il presidente come da attese, rimane il grande paese su cui si stanno concentrando molti sforzi. Noi siamo in India dal 1999, e mi sento di dire che è un Paese in cui è difficile entrare». In definitiva, una destinazione fondamentale, ma che richiede preparazione, anche perché «la cultura è abbastanza diversa, e ha tempi lunghi».

Le imprese 4.0 esportano di più, e l’effetto intelligenza artificiale vale un aumento del 10%

Veniamo al rapporto fra export e digitalizzazione. Qui i dati sono del Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, che ha messo a confronto i risultati delle imprese che adottano tecnologie 4.0 rispetto alle altre.

Per le imprese che investono in intelligenza artificiale, l’indagine stima una maggiore probabilità di quasi il 10% di registrare un aumento dell’export nei prossimi anni. (Fonte: Centro Studi Tagliacarne-lJnioncamere).

Il 33% delle imprese digitalizzate attende per il 2025 un aumento della produzione, contro il 25% delle aziende che ancora non sono 4.0, o 5.0 che dir si voglia. E il 27% stima anche un aumento delle esportazioni, contro il 24% delle altre organizzazioni. Risultati simili a fronte di investimenti anche nella formazione digitale, con aumenti superiori alla media sia nella produzione, 36% vs 29%, sia nelle esportazioni, 29% vs 23%. Il gap si allarga ulteriormente se l’impresa ha investito in almeno due tecnologie 4.0.

E per le imprese che investono in intelligenza artificiale, l’indagine stima una maggiore probabilità di quasi il 10% di registrare un aumento dell’export nei prossimi anni. Questo “effetto IA” è più evidente per le piccole imprese, per le quali il boost alle esportazioni raggiunge il 17%.

In generale, esiste una relazione fra vocazione internazionale e utilizzo dell’IA. Il 6% delle imprese esportatrici utilizza stabilmente strumenti di IA, contro il 3% delle non esportatrici, e il 31% ha intenzione di introdurre applicazioni nei prossimi tre anni (vs 15%). Un’altra caratteristica delle imprese più votate all’internazionalizzazione è una maggior selettività di questi investimenti, che nel 44% dei casi sono rappresentati da applicazioni personalizzate, e non su tool standardizzati, contro il 34% delle non esportatrici.

I primi tre benefici dell’IA nelle relazioni commerciali internazionali sono la riduzione dei costi commerciali, una migliore pianificazione e resilienza delle supply chain e l’identificazione di nuove fonti di domanda.

Il mercato delle tecnologie low carbon: la Cina è leader internazionale, l’Italia guadagna posizione e le esportazioni crescono del 7% annuo

Turbine eoliche, pannelli fotovoltaici, batterie elettriche, biocarburanti, idrogeno: tutte le tecnologie che contribuiscono ad abbassare il livello delle emissioni si definiscono low carbon e, come detto, sono un settore in forte crescita. Gli scambi internazionali valevano 233 miliardi di dollari nel 2000, e oggi hanno superato i 1.200 miliardi (dato 2023), viaggiano con una crescita del 7,4% in media all’anno. Il primo paese esportatore è la Cina, seguita da Germania e Stati Uniti: la classifica è rilevante perché testimonia l’avanzata di Pechino nei settori tecnologici ad alto valore aggiunto. Dieci anni fa, era al decimo posto nel mondo, con una quota di mercato del 2,5%, oggi è in vetta alla graduatoria, e vale il 19,3% dell’intero settore. Una percentuale analoga a quella che, a inizio millennio, avevano gli Stati Uniti, che erano il primo paese produttore e oggi sono invece al terzo posto e rappresentano l’8,2% del mercato.

Il primo paese esportatore è la Cina, seguita da Germania e Stati Uniti: la classifica è rilevante perché testimonia l’avanzata di Pechino nei settori tecnologici ad alto valore aggiunto. (Fonte: Elaborazioni Sace su dati Fmi)

L’Italia invece sta guadagnano posizioni. È il secondo produttore europeo dopo al Germania, e il settimo a livello internazionale. Il valore dell’export è intorno ai 37 miliardi di dollari, con una quota del 3%. Le stime vedono un aumento dell’11,1% quest’anno, del 13,7% nel 2025, e un’accelerazione ulteriore nel biennio successivo al 17,8%.

La parte del leone spetta al machinery, che rappresenta il 55% del nostro export, ma crescono anche apparecchi elettrici e mezzi di trasporto. I primi tre mercati di destinazione sono Germania, Usa e Francia.

Il caso Baxenergy, le tecnologie software per la gestione delle energie rinnovabili in rete diventano giapponesi

Simone Massaro, founder e ceo di Baxenergy.

Si inserisce in questo settore Baxenergy, che sviluppa software per gestire in modo efficiente gli impianti di energia rinnovabile. Una giovane realtà italiana, che ha investito nelle Tlc nel 2010, oggi fattura 30 milioni di euro per il 90% grazie alle esportazioni, ma come succede a molte realtà anche del Made in Italy tradizionale è finita in mani straniere, con l’acquisto da parte dei giapponesi di Yokogawa Electric Corporation. Utilizza intelligenza artificiale per ottimizzare il funzionamento delle centrali di produzione di energia rinnovabile. «Parliamo di fotovoltaico, eolico, idroelettrico, geotermico, anche idrogeno verde» spiega il fondatore, Simone Massaro, che resta amministratore delegato della società. «Fra i nostri clienti ci sono in Italia Enel ed Eni, in Francia Edf, in India il gruppo Adani, e ancora a svedese Vattenfall. E poi diversi Governi, per esempio l’Angola, la Namibia».

In che senso il software prodotto dall’azienda siciliana ottimizza l’uso dell’energia? «Le rinnovabili hanno una sorgente naturale, quindi vento, sole, acqua, e dipendono dalle condizioni climatiche e meteorologiche. Questo le rende relativamente imprevedibili. Si può ragionevolmente ipotizzare che in Sicilia ci sia il sole a luglio, ma quando arriva un temporale non si produce energia solare». Prendiamo per esempio il Portogallo, ovvero un paese in cui le rinnovabili coprono il 70% del fabbisogno energetico. «In una giornata senza vento e senza sole, senza acqua rischia di andare in crisi» Il software smart è in grado di dare la priorità all’ammissione in rete alle energie in base alle condizioni climatiche, dando la priorità alle rinnovabili quando vengono prodotto in modo da sfruttarne al massimo il potenziale. «L’eventuale produzione in accesso rispetto ai consumi può essere immagazzinata in una batteria, oppure trasformata, ad esempio in idrogeno liquido. Noi prendiamo l’energia in eccesso, la mettiamo in un elettrolizzatore, quindi la trasformiamo in idrogeno liquido che viene conservato in una bombola. Successivamente, lo bruciamo all’interno di una turbina a gas per produrre nuovamente energia».

L’azienda fattura il 40-45% in Europa, il restante 55-60% dal resto del mondo. Le principali destinazioni? «L’India, l’area del Nord Africa e dell’Africa Sub Sahariana, economie emergenti come il Cile, il Perù. Il target fondamentalmente è rappresentato da aree in cui le condizioni delle reti elettriche non sono particolarmente sviluppate, c’è ancora un importante ricorso alla fonte fossile, ma c’è l’obiettivo di transitare verso le rinnovabili».














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