E se l’Italia diventasse la prima industria siderurgica decarbonizzata al mondo entro il 2030?

di Marco De' Francesco ♦︎ Attualmente, circal'85% dell'acciaio italiano viene prodotto con forni elettrici, mentre la media europea si attesta su valori decisamente più bassi, intorno al 40%. Nel resto del mondo domina ancora il carbone. Questo mette l'industria siderurgica italiana nella condizione di poter decarbonizzare il settore. Investire sulle fonti rinnovabili è fondamentale ma non basta: servono gli smr, piccoli reattori nucleari modulari. L'Italia vanta anche nomi importanti nel ciclo secondario dell'accacio, come Marcegaglia, Arvedi, Feralpi, Duferco, Ori Martin, Fin Fer, Acciaierie Venete, Acciaierie Valbruna, Sofida, Dalmine

Gli Smr sono piccoli reattori modulari che possono essere installati accanto ai siti industriali, fornendo energia a "basiload" (ovvero continua) necessaria per stabilizzare i costi energetici e ridurre l'impatto ambientale

E se quella italiana diventasse la prima industria siderurgica decarbonizzata al mondo, entro il 2030? Può sembrare un’ardita scommessa, anche considerando il momento difficile che il settore sta passando nel Belpaese: nei primi otto mesi del 2024 la produzione di acciaio ha conosciuto una flessione del 5,2%. Ma si parte con un primato globale: attualmente, circa l’85% dell’acciaio italiano viene prodotto con forni elettrici, mentre la media europea si attesta su valori decisamente più bassi, intorno al 40%. Nel resto del mondo, poi, prevale quasi dovunque l’altoforno a carbone. L’Italia vanta nomi importanti nel ciclo secondario, quello che riutilizza il rottame: si pensi, tanto per farne qualcuno, a Marcegaglia, Arvedi, Feralpi, Afv – Acciaierie Beltrame, Cln, Duferco Italia Holding, Ori Martin, Fin Fer, Acciaierie Venete, Acciaierie Valbruna, Sofida, Dalmine, Vender. Quanto al ciclo integrale, è rappresentato da poche storiche (ma importanti) aziende come Acciaierie Italiane (ex-Ilva): per loro il governo sta studiando un progetto di rilancio e decarbonizzazione.

Tuttavia, per rendere completamente “green” l’acciaio, è necessario che l’energia elettrica utilizzata provenga da fonti rinnovabili. In questo contesto, l’Energy Release, un meccanismo introdotto dal governo italiano, gioca un ruolo chiave, offrendo alle imprese energivore energia pulita a prezzi calmierati. Ma tutto ciò non basta: occorre il nucleare.







Le fonti rinnovabili come il fotovoltaico e l’eolico, pur essendo essenziali, non garantiscono una fornitura costante di energia, poiché sono soggette all’intermittenza (sole e vento non sono sempre disponibili). Il nucleare, invece, può fornire una produzione stabile e continua di energia, necessaria per alimentare i processi industriali come la produzione di acciaio nei forni elettrici. Pertanto Il governo (ma anche Federacciai nel suo ambito) sta esplorando l’installazione di piccoli reattori modulari, noti come Smr.

Antonio Gozzi, presidente di Duferco e Federacciai.

La corsa alla decarbonizzazione dell’acciaio italiano è però ostacolata da due fattori: la carenza di rottami ferrosi e l’impatto delle normative europee, come il sistema Ets e il Cbam. Queste ultime in particolare, volte a ridurre le emissioni di CO2, rischiano di penalizzare le imprese italiane, aumentandone i costi operativi e rendendole meno competitive rispetto ai produttori extraeuropei. L’esecutivo italiano punta ad una revisione delle norme Eu in materia, perché si tenga conto delle esigenze dell’industria italiana e delle specificità del contesto nazionale, senza compromettere gli obiettivi di sostenibilità.

Questo articolo trae spunto dagli interventi del presidente di Federacciai e ceo di Duferco Antonio Gozzi, del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin, di quello delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nonché di quello del presidente di Confindustria Emanuele Orsini; discorsi tenuti alla Assemblea pubblica di Federacciai, a Vicenza qualche giorno fa.

Perché la siderurgia italiana può diventare leader mondiale nel green

  • Il primato italiano nel ciclo secondario dell’acciaio

Si citava il primato italiano nel ciclo nel ciclo secondario dell’acciaio. Questo pone il paese in una posizione di leadership globale per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di CO2 nel settore siderurgico; e diventa ancora più rilevante in un contesto globale che punta alla neutralità carbonica. In pratica, la capacità del Belpaese di produrre acciaio con una minore impronta ecologica permette alle aziende italiane di allinearsi meglio con le normative ambientali europee ed internazionali, preservando competitività sui mercati globali.

  • La produzione di energia rinnovabile e l’Energy Release

Come si diceva, per decarbonizzare completamente l’acciaio prodotto nei forni elettrici, è essenziale che l’energia utilizzata provenga da fonti rinnovabili. In questa direzione, l’Italia sta già lavorando su diversi fronti. Anzitutto Federacciai sta sviluppando progetti con il Gse (Gestore dei Servizi Energetici) per aumentare la quota di energia verde disponibile per il settore siderurgico. Un esempio importante è il progetto del cavo elettrico con la Tunisia, che consentirà di importare energia solare ed eolica prodotta in Nord Africa, alimentando così le industrie italiane con energia pulita.

In particolare, il citato l’Energy Release è un meccanismo introdotto dal governo italiano per aiutare le imprese che consumano molta energia a ridurre i costi dell’elettricità, incentivandole nel contempo a investire in fonti di energia rinnovabile come il fotovoltaico o l’eolico. In parole semplici, il governo, tramite il Gse (Gestore dei Servizi Energetici), fornisce energia elettrica a un prezzo più basso (calmierato) a queste imprese. In cambio, però, le aziende si impegnano a costruire o potenziare impianti che producono energia da fonti rinnovabili entro un certo periodo di tempo (40 mesi). Questo meccanismo dura 3 anni, durante i quali le imprese possono ricevere fino al 50% dell’energia di cui hanno bisogno a prezzo ridotto. Le imprese devono poi restituire l’energia ricevuta, non in termini fisici ma pagando un prezzo stabilito per un periodo più lungo (fino a 20 anni). Il governo mette anche a disposizione contributi fino a 300mila euro per aiutare le imprese a coprire i costi di questi progetti, come ulteriore incentivo per favorire la transizione energetica.

  • Il ritorno del Nucleare, fattore di stabilizzazione del sistema energetico green
Il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin

Si menzionava il nucleare, considerato una risorsa fondamentale per rendere possibile la produzione di acciaio green. Per raggiungere questo obiettivo, l’industria siderurgica italiana ha bisogno di energia pulita e continua, che possa sostituire le fonti fossili tradizionali, come il carbone, utilizzate negli alti forni. Secondo Gilberto Pichetto Fratin, «con la crescente domanda di energia prevista per il 2050, l’Italia deve puntare su fonti stabili come il nucleare per evitare di dipendere solo da energie rinnovabili intermittenti come il fotovoltaico e l’eolico». In altre parole, il nucleare garantirebbe un apporto energetico costante e sicuro, essenziale per l’industria pesante come la siderurgia.

Per raggiungere questi obiettivi, Federacciai ha siglato un Memorandum of Understanding con Edison e Edf (Électricité de France), Ansaldo Energia e Ansaldo Nucleare per esplorare l’uso del nucleare nella produzione di acciaio decarbonizzato. Per Gozzi «questa collaborazione mira a sostenere l’installazione di Small Modular Reactors (SMR) o altre tecnologie nucleari di nuova generazione in Italia, in modo da garantire energia a basso costo e senza emissioni di CO2. Gli Smr sono piccoli reattori modulari che possono essere installati accanto ai siti industriali, fornendo energia a “basiload” (ovvero continua) necessaria per stabilizzare i costi energetici e ridurre l’impatto ambientale».

La possibilità di stipulare contratti a lungo termine per l’approvvigionamento di energia nucleare potrebbe aiutare le aziende siderurgiche italiane a stabilizzare i costi energetici, rendendo più prevedibile e sostenibile la produzione di acciaio green.

Gli Small Modular Reactor potrebbero avere un ruolo chiave nella decarbonizzazione di un settore hard to abate come la siderurgia.

Per Adolfo Urso il governo sta lavorando per creare un quadro legislativo che consenta la produzione di energia nucleare in Italia, «tramite la realizzazione di reattori nucleari di terza generazione avanzata e quarta generazione (Smr). L’obiettivo è di definire un progetto specifico entro la fine del 2024, che preveda l’installazione di questi impianti accanto a siti industriali strategici, favorendo così la transizione energetica».

In generale, per Emanuele Orsini «occorre peraltro neutralità tecnologica, cioè della libertà per le imprese di adottare le soluzioni più adatte per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità». Per Orsini ci sono in Europa approcci ideologici e normative che impongono soluzioni uniche, tendenti a cambiare tecnologia con un decreto.

  • Il consorzio per il preridotto

Un altro aspetto essenziale per raggiungere la leadership nella produzione di acciaio green è lo sviluppo di impianti per la produzione di preridotto (Dri), un processo che permette di ridurre il minerale di ferro senza l’utilizzo di carbone. Federacciai ha promosso la creazione del Consorzio Elettrosiderurgici Italiani per il Preridotto (Ceip), che mira a esplorare la fattibilità di impianti di DRI sia in Italia che all’estero. L’obiettivo è ridurre la dipendenza dai rottami di ferro, che sono sempre più scarsi, e garantire una fornitura stabile di materiale di qualità per la produzione di acciaio green. Per Gozzi «il consorzio sta studiando possibili siti in Italia, come Taranto e Ravenna, ma anche in paesi esteri come Libia, Algeria, Egitto e Brasile. Questa diversificazione geografica potrebbe permettere all’Italia di avere accesso a risorse strategiche anche in tempi di carenza di materie prime».

  • Innovazione sostenibile a lungo termine

Il progetto di diventare leader europeo dell’acciaio decarbonizzato non è solo una questione di tecnologie energetiche, ma richiede anche innovazione continua nei processi industriali e nei prodotti. Le aziende siderurgiche italiane devono continuare a investire in ricerca e sviluppo, migliorando l’efficienza dei loro impianti e introducendo soluzioni innovative per ridurre ulteriormente le emissioni.

Per Gozzi serve «sviluppare una leadership industriale giovane e preparata, che sia in grado di guidare il settore verso il futuro. Il coinvolgimento delle nuove generazioni e la loro formazione saranno fondamentali per mantenere alta la competitività delle imprese italiane».

  • L’idrogeno verde

Un altro passaggio cruciale per decarbonizzare la produzione di acciaio è l’utilizzo di idrogeno verde nei processi industriali. Questo gas, prodotto da fonti rinnovabili, può sostituire il carbone nel processo di riduzione del minerale di ferro, permettendo così di eliminare una grande parte delle emissioni di CO2.

Federacciai ha già avviato collaborazioni con diverse aziende energetiche per l’utilizzo di idrogeno nei forni di riscaldo, con bruciatori che possono utilizzare fino al 15% di idrogeno miscelato con gas naturale. Tuttavia, la vera sfida è aumentare la disponibilità di idrogeno verde e abbatterne i costi. La siderurgia italiana può diventare un pioniere nell’uso dell’idrogeno se riesce a sviluppare una catena di approvvigionamento stabile e competitiva, in collaborazione con aziende energetiche e il governo.

Progetti di rilancio e decarbonizzazione di impianti esistenti

ora stabilimento ArcelorMittal Italia di Taranto|Lavori all'ex Ilva
L’ex Ilva, di Taranto sarà trasformata in un impianto più sostenibile grazie a nuovi investimenti e all’adozione di tecnologie green.

Ci sono peraltro progetti chiave per la decarbonizzazione e il rilancio degli impianti siderurgici italiani, anche riferibili al ciclo integrale.

Si pensi a Taranto (Acciaierie d’Italia, ex-Ilva).  Per Urso «il governo ha salvato l’azienda dall’imminente collasso e ha rilanciato la produzione», con un focus sulla decarbonizzazione. Il sito, un tempo leader europeo nella produzione di acciaio, sarà trasformato in un impianto più sostenibile grazie a nuovi investimenti e all’adozione di tecnologie green. Al 20 settembre 2023 l’impianto ha ricevuto 15 manifestazioni di interesse per la sua acquisizione o per collaborazioni industriali. Tra queste manifestazioni, 3 sono proposte per l’intera compagnia, da parte di importanti gruppi industriali internazionali, mentre le altre 12 riguardano specifici settori o asset dell’impianto. Questo processo è stato avviato dal governo italiano e dai commissari straordinari per identificare nuovi partner o possibili acquirenti in grado di garantire un futuro sostenibile e competitivo per Acciaierie d’Italia. Le aziende interessate hanno ora accesso alla dataroom per esaminare i dati finanziari, tecnici e produttivi dell’impianto, al fine di formulare eventuali offerte vincolanti.

A Piombino, importante polo siderurgico italiano, si sta pianificando un rilancio industriale con un forte orientamento verso la produzione di acciaio green. Il progetto riguarda principalmente la Jsw Steel Italy, una controllata del gruppo indiano JSW Steel, che ha acquisito lo stabilimento nel 2018. Il sito di Piombino, specializzato nella produzione di rotaie ferroviarie e prodotti lunghi, ha un grande potenziale per essere rilanciato, ma ha bisogno di investimenti significativi per tornare competitivo, soprattutto nell’ambito della transizione energetica e ambientale. Per Urso c’è un progetto per rilanciare la produzione di acciaio piano di alta gamma, utilizzando tecnologie green. Entro pochi giorni, due società firmeranno accordi per l’utilizzo delle aree industriali, aprendo la strada a nuovi investimenti. L’obiettivo è creare un Polo Green che possa produrre acciaio destinato anche al settore automobilistico, con un impatto ambientale ridotto.

A Terni, il sito dell’Acciai Speciali Terni (Ast), uno dei più importanti impianti siderurgici in Italia, è al centro di un piano di rilancio e decarbonizzazione. L’obiettivo è fare di Terni un sito industriale altamente competitivo a livello internazionale, grazie alla produzione di acciai speciali ad alto valore aggiunto e realizzati con processi sostenibili. La transizione verde dell’impianto sarà cruciale per mantenere la sua rilevanza nel mercato europeo e globale, dove la domanda di prodotti siderurgici a basso impatto ambientale è in crescita.

Ostacoli al processo di decarbonizzazione dell’acciaio

  • Il problema dei rottami ferrosi

A causa della carenza di rottami ferrosi disponibili a livello nazionale, l’Italia è costretta a importare una quantità significativa di questi materiali dall’estero. Tuttavia, le importazioni possono essere costose e instabili, esponendo il settore siderurgico italiano alle fluttuazioni dei prezzi internazionali e alle difficoltà logistiche. Inoltre, la concorrenza globale per i rottami sta crescendo, con molti altri Paesi che stanno cercando di aumentare il proprio riciclo per migliorare la sostenibilità delle loro industrie. Questo aumento della domanda globale può portare a ulteriori difficoltà di approvvigionamento per l’Italia.

Per ridurre la dipendenza dai rottami, Federacciai ha promosso la creazione del Consorzio Elettrosiderurgici Italiani per il Preridotto (Ceip), che ha l’obiettivo di sviluppare la produzione di preridotto (Dri). Il preridotto è un materiale che può essere prodotto direttamente dal minerale di ferro senza l’uso del carbone, riducendo così le emissioni di CO2 e alleviando la dipendenza dai rottami ferrosi.

Inoltre, il consorzio sta esplorando la possibilità di costruire impianti di DRI sia in Italia che all’estero, in paesi come Libia, Algeria, Egitto e Brasile, per garantire una fornitura stabile di materie prime. Questa diversificazione geografica potrebbe aiutare l’Italia a superare eventuali carenze di rottami e contribuire alla transizione verso una produzione di acciaio più sostenibile.

  • Normative europee penalizzanti: Glì Ets e il Cbam
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

Il citato Ets (sistema di scambio delle emissioni) funziona su un meccanismo di “cap and trade“, stabilendo un tetto massimo alle emissioni di CO2 consentite per le aziende. Le imprese che superano questi limiti devono acquistare permessi di emissione, aggiungendo così un significativo costo operativo. Le aziende siderurgiche italiane, pur avendo già avviato processi di decarbonizzazione, come l’adozione dei forni elettrici, subiscono un forte impatto da questi costi aggiuntivi. Il prezzo dei permessi di emissione, infatti, aumenta il costo finale dell’acciaio prodotto, rendendo l’acciaio italiano meno competitivo rispetto a quello prodotto in paesi extraeuropei, come quelli asiatici, che non sono soggetti a sistemi simili.

In questo contesto, il Cbam (Carbon Border Adjustment mechanism) è stato introdotto per evitare il fenomeno del carbon leakage, ovvero lo spostamento della produzione in paesi con normative ambientali meno stringenti. Il Cbam prevede l’applicazione di un dazio climatico sui prodotti importati nell’UE da questi paesi. In teoria, questo dovrebbe livellare il campo di gioco, rendendo meno vantaggioso per i produttori extraeuropei esportare acciaio a basso costo nell’Unione Europea. Tuttavia, l’implementazione del Cbam presenta una serie di criticità: oltre ai costi amministrativi elevati, si teme che non sia sufficiente a compensare completamente il divario di costi tra l’Europa e le altre regioni del mondo. Inoltre, il Cbam sarà pienamente operativo solo nel 2026, lasciando nel frattempo le aziende europee esposte ai costi del sistema Ets senza un’adeguata protezione.

Le aziende siderurgiche italiane sono quindi sottoposte a una doppia pressione: da un lato, devono investire in tecnologie più pulite per rispettare le normative europee; dall’altro, si trovano a competere con produttori extraeuropei che non affrontano gli stessi costi ambientali. Questo contesto crea una situazione di dumping ambientale, in cui i produttori asiatici, non vincolati dalle stesse normative, possono produrre acciaio a costi inferiori e competere a livello globale con vantaggi ingiusti.

Emanuele Orsini, presidente di Confindustria

In risposta a queste sfide, è essenziale che l’Unione Europea riveda e semplifichi sia il sistema Ets sia il meccanismo Cbam. Le imprese siderurgiche italiane devono essere protette dal rischio di carbon leakage attraverso politiche mirate che permettano loro di mantenere la competitività. Allo stesso tempo, è fondamentale che le norme non impongano ulteriori costi burocratici e amministrativi, che aggraverebbero ulteriormente il peso già significativo che queste aziende devono sopportare.

Un altro aspetto cruciale è la necessità di una maggiore equità nella competizione globale. L’UE deve lavorare per garantire che i produttori extraeuropei rispettino standard ambientali simili, per evitare una distorsione del mercato che penalizzi ingiustamente le imprese italiane ed europee. Per Orsini «le normative europee, se non riformate, rischiano di vanificare gli sforzi che l’industria siderurgica italiana ha già fatto in termini di decarbonizzazione. Molte imprese italiane hanno investito in tecnologie verdi, come i forni elettrici, e che le normative europee rischiano di appesantire ulteriormente il settore».














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