Allarme rosso! L’industria meccanica italiana sta andando a rotoli! Opinioni e dati di Federmeccanica

di Laura Magna ♦︎ L'industria metalmeccanica è la spina dorsale del nostro Paese, e non se la passa bene. Nel primo semestre 2024 il calo della produzione è stato del 3.4%, più di tutti gli altri Paesi UE. E lo stesso vale per l'export. In crescita, invece, la cassa integrazione. Che fare? Diego Andreis: puntare sulla competitività, abbattendo i costi e investendo in R&S. Ezio Civitareale: servono competenze tecniche tradizionali, non solo quelle digitali

Lo scheletro dell’economia italiana scricchiola. La meccatronica, settore trainante della nostra industria su cui si basa la crescita del Pil, soffre: e trimestre dopo trimestre ormai sperimenta quello che gli stessi vertici di Federmeccanica definiscono un “peggioramento continuo”. La preoccupazione è palpabile e inedita durante la presentazione 171ª edizione dell’Indagine congiunturale di Federmeccanica sull’Industria Metalmeccanica – Meccatronica italiana. Nel secondo trimestre del 2024 continua a calare la produzione industriale, l’export, aumentano le richieste di cassa integrazione (anche straordinaria), mentre l’indice Pmi (Purchasing Managers’ Index) – che misura il sentiment degli operatori su ordini e produzione – fa intravedere un orizzonte sempre più carico di nubi e di incertezze. Su questa situazione ha pesato la congiuntura: l’inflazione e i tassi in volo che hanno aumentato i costi per le imprese e la rottura delle supply chain che ha reso difficili le forniture e frenato la produzione anche mentre la domanda era in crescita. E sicuramente sui numeri che oggi Federmeccanica rende noti, ha avuto un impatto anche l’accelerazione della politica sulla transizione green che ha rappresentato un ulteriore costo per i produttori.

Ci troviamo così in una situazione di emergenza rispetto alla quale è necessario agire e farlo rapidamente. Perché a pagarne le spese è l’intera economia del nostro Paese.







Stefano Franchi
Stefano Franchi, direttore generale Federmeccanica.

«L’industria metalmeccanica e meccatronica è il cuore pulsante dell’economia italiana, la spina dorsale dell’industria – così Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica – Quando la metalmeccanica e la meccatronica vacillano, quando i risultati non sono buoni, inevitabilmente questo condiziona tutto il resto del settore industriale e la stessa economia». «Sono dati che non è piacevole commentare perché ci riguardano da vicino – aggiunge il vicepresidente Diego Andreis, vice presidente di Federmeccanica – non c’è altra via che puntare sulla competitività. Da un lato abbassando i costi e dall’altro incentivando gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione».

L’Italia fa peggio dei suoi omologhi europei: se nel nostro Paese nel semestre la produzione del settore metalmeccanico ha segnato un calo complessivo del 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2023, in Germania il produttivo è del 2,5%, in Francia del 2%. La media Ue mostra una riduzione del 2,6% nel primo semestre del 2024. E lo stesso vale per l’export: le esportazioni del settore dall’Italia sono diminuite del 4,7% su base annua, quelle dalla Germania hanno segnato una contrazione del 3,5% e la Francia è a -4%. Anche la Spagna ha fatto meglio di noi (-3,8%). E ancora, l’occupazione: l’Italia ha visto una riduzione dello 0,8%, la Germania dello 0,3% e la Francia dello 0,5%.

el nostro Paese nel semestre la produzione del settore metalmeccanico ha segnato un calo complessivo del 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2023. (Fonte: Federmeccanica)

Federmeccanica: nessun segnale positivo sui prossimi mesi. La visione del direttore generale Franchi è quella di un peggioramento continuo di tutti i parametri. Una situazione di emergenza alla quale bisogna porre un argine

All’orizzonte però al momento ci sono solo nubi che si addensano. «Analizzando tutti i dati della nostra indagine non c’è un solo segno che non sia negativo: e dunque non è possibile distinguere segnali positivi – dice senza mezzi termini Franchi – A partire dalla produzione industriale, dove il dato tendenziale mostra un calo del -3,5%, mentre quello congiunturale è a -1,4%. Impressionanti le performance dell’export. In passato, quando si parlava di industria italiana, eravamo abituati a vedere segni positivi a due cifre su questo dato. Ora, invece, il segno negativo è consistente, -4%. Oltre al dato negativo, c’è un peggioramento continuo: nelle nostre imprese siamo abituati a parlare di miglioramento continuo, ma qui stiamo assistendo al suo opposto, un peggioramento crescente di trimestre in trimestre».

Quando si parla di export, bisogna considerare il cambiamento delle rotte e della logistica, che è completamente mutato. «Oggi, ci sono posti anche in Italia, come il porto di Gioia Tauro, che vengono bypassati, e questo condiziona negativamente gli scambi commerciali – dice ancora Franchi – Dobbiamo sempre confrontarci con quello che stiamo vivendo e cercare soluzioni che possano riportarci a parlare di crescita. Oggi, però, non è possibile: i segnali non ci sono. Ci sono solo una serie di segni negativi, diffusi, che condizionano anche la fiducia del sistema imprenditoriale».

Andreis: bisogna puntare sulla competitività, che parte dei costi ma deve basarsi anche sugli investimenti in R&S

Diego Andreis, vicepresidente Federmeccanica.

Ovviamente la nostra industria e la nostra economia non sono le sole a soffrire, ma sono in buona compagnia: la Germania sperimenta gli stessi andamenti. «C’è un dato positivo ed è che negli ultimi anni siamo riusciti a ridurre almeno parzialmente la nostra dipendenza dalla Germania – dice Diego Andreis e questa diversificazione è un possibile punto di partenza per tornare a crescere. Ma essendo un Paese vocato all’export, vista la dimensione della nostra economia, ci confrontiamo ancora oggi con un problema di competitività in un mercato sempre più aperto. Questo rimane il nostro problema più importante».

In termini di competitività, l’Italia si trova in una posizione sfavorevole rispetto a Francia e Germania e alla media dell’Ue. Secondo l’indice di competitività regionale della Commissione Europea https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_23_1866, l’Italia è posizionata al 21° posto tra i 27 paesi UE, con un punteggio di 84,1, ben al di sotto della media europea fissata a 100. Questo punteggio riflette una tendenza alla regressione rispetto agli anni precedenti, dove l’Italia occupava il 18° posto nel 2019 e il 17° nel 2016. Solo la Lombardia ha un punteggio superiore a 100, ma comunque non è sufficiente a far guadagnare posizioni al Paese. La Francia, ha regioni molto più competitive, come l’Île-de-France, che si colloca al terzo posto a livello europeo. La Germania presenta anch’essa regioni altamente competitive, con aree come la Baviera e il Baden-Württemberg che superano di gran lunga la media europea.

La competitività è influenzata da diversi fattori. «Uno dei principali sono i costi, che sono aumentati notevolmente negli ultimi anni. Anche i costi del lavoro, a causa dell’inflazione, hanno pesato molto sulle imprese italiane che oggi, per accaparrarsi personale qualificato, devono spesso pagare stipendi ben al di sopra del valore di mercato – continua Andreis – un altro tema è quello del nanismo industriale. E le dimensioni delle aziende crescono solo se ci sono gli strumenti, le capacità e il coraggio. In questo momento di grande incertezza, tutto ciò viene meno». E c’è anche un tema di offerta che impatta sulla competitività. «Gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione sono la chiave di tutto – continua il vicepresidente – essere competitivi solo sui costi non sarebbe sufficiente. Ci vuole la capacità e il coraggio di fare investimenti che diano un ritorno nel medio-lungo termine. È difficile perché oggi le imprese sono costrette a focalizzarsi su numeri che parlano di breve termine». Ed è difficile anche perché la politica economica continua a rimanere restrittiva, nonostante il recente taglio dei tassi da parte della Bce, e non è ancora favorevole a un rilancio degli investimenti.

I dati del Fmi mostrano un’economia italiana in rapido indebolimento e che ha prospettive più negative rispetto alla Germania e all’Eurozona. Ecco come impattano sul Pil i numeri della meccatronica, secondo il direttore del centro studio di Federmeccanica Ezio Civitareale

Ezio Civitareale, direttore del Centro Studi Federmeccanica. (Fonte: LinkedIn)

E allora, con Ezio Civitareale, direttore del Centro Studi Federmeccanica, vediamo questi numeri che costringono la nostra industria trainante a navigare a vista. Il contesto è quello, che conosciamo, caratterizzato da una politica monetaria ancora restrittiva e dall’incertezza generata dalle tensioni internazionali. Le prospettive economiche rimangono deboli: per il 2024, la crescita mondiale è attesa intorno al 3,2%, secondo le ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale, guidata principalmente dai paesi emergenti, che si prevede cresceranno di un 4,3%. Al contrario, per le economie avanzate si conferma una situazione di stagnazione. Secondo Fmi la Germania sperimenterò una crescita stazionaria per l’anno in corso con un +0,2%, sebbene l’indicatore IFO abbia recentemente rivisto questo valore al ribasso. Per l’Italia, il Fmi prevede una crescita del +0,7%.

«Nonostante ciò – spiega Civitareale – il Global Composite Outlook Index (che dà il senso dell’evoluzione della congiuntura) mostra un’economia internazionale ancora positiva, ma segnala anche un arretramento negli ultimi due mesi, dovuto principalmente al settore manifatturiero. Questo è un segnale importante per il nostro settore, che si somma anche all’andamento del PMI globale della manifattura che ha registrato cali significativi. Vuol dire che i responsabili degli acquisti globali ritengono che questo settore non crescerà con forza nei prossimi mesi, soprattutto nell’Eurozona, in Giappone, e con preoccupazioni anche per gli Stati Uniti. Le preoccupazioni principali riguardano gli ordini, l’occupazione e i flussi commerciali».

Tra i Paesi che ci si attende performino meglio, sempre secondo il Global Composite del Fmi, c’è l’India al primo posto, accreditata di una crescita del 7% per il 2024, sempre secondo il Fmi. Scendendo, si trovano Paesi come il Regno Unito, la Corea del Sud e la Cina, che “galleggia” intorno alla soglia di stagnazione, con un 50,4%. La maggior parte degli altri Paesi, invece, è in decrescita: l’Italia presenta un’aspettativa negativa, e l’Eurozona è addirittura ultima in classifica, con Germania, Francia e Austria a fondo.

Se tutti i segmenti della meccatronica crollano a picco: allarme rosso per l’industria italiana e per l’evoluzione dell’economia del Belpaese

«Se queste sono le attese, è difficile immaginare un miglioramento nel breve termine – continua il direttore dell’Ufficio Studi – La produzione industriale, soprattutto quella del settore meccanico, continua a mostrare segni di debolezza. Temiamo che questa fase di discesa possa estendersi anche al terzo trimestre dell’anno». Focalizzando lo sguardo sull’Italia: l’indice della produzione metalmeccanica registra un calo netto nei primi due trimestri del 2024, con un valore di 96,8, ben sotto la soglia psicologica dei 100, riportandoci indietro nel tempo, con livelli simili a quelli del secondo semestre del 2016 (escludendo il periodo pandemico).

«Per comparti, la situazione non è migliore – specifica Civitareale – su sette settori, quattro mostrano segni negativi, con un peggioramento continuo, il che suggerisce che il ciclo di negatività possa continuare anche nel terzo trimestre. Tra i settori più colpiti, gli autoveicoli e rimorchi mostrano un calo a doppia cifra del -10%, peggiorando trimestre dopo trimestre».

Guardando ai dati tendenziali del primo semestre, tutti i comparti mostrano segni negativi:

  • Metallurgia: -2,4%
  • Prodotti in metallo: -3,5%
  • Computer, TV e apparecchi medicali: -3,3%
  • Macchine e apparecchi elettrici: -0,3%
  • Macchine e apparecchi meccanici: -3,8%
  • Autoveicoli e rimorchi: -16,2%

Export in crollo: la meccanica fa peggio della manifattura nazionale e anche peggio dell’economia. Una prima volta terrificante

«La situazione non è isolata all’Italia: vi è una sincronicità negativa con Francia e Germania, entrambe in calo. Anche la Spagna, che aveva sempre registrato buoni risultati, questa volta segna -0,7%. Il dato italiano, con -2,1%, è peggiore rispetto a quello tedesco (-1,3%)», precisa Civitareale.

A essere di difficile reperibilità non sono solamente le competenze digitali, ma anche quelle tecniche tradizionali: mancano saldatori specializzati. (Fonte: Federmeccanica).

Insomma, sta accadendo quello che era considerato impossibile: la meccatronica fa peggio dell’economia e dell’industria in generale. Accade con l’export. Il semestre mostra un calo dell’1,1%, mentre le importazioni registrano un crollo del 7,4%. Nel settore metalmeccanico, le esportazioni segnano un calo decisamente peggiore del -3,2% (con un -5,5% verso l’UE e un -0,5% extra-UE), mentre le importazioni calano del 6,5%. «La Germania rimane il nostro primo mercato di sbocco, ma registra una flessione dell’11,1%. Gli Stati Uniti, che sono il nostro secondo mercato, vedono un lieve aumento dell’1,7%, ma nei sei mesi precedenti hanno sempre avuto crescite a doppia cifra. Francia (-4,9%), Spagna (-1%), Svizzera e Giappone mostrano anch’essi arretramenti», continua Civitareale. Che invita anche a guardare i dati sull’occupazione.

I segnali positivi spariscono e ci si proietta verso nuove contrazioni della meccatronica. È una situazione di emergenza alla quale è necessario porre rimedio

«La cassa integrazione è in forte aumento: la cassa ordinaria segna un +70,1%, mentre quella straordinaria cresce del 3,5%, segno di un peggioramento delle condizioni lavorative. Le prospettive occupazionali a sei mesi restano pessime, con la curva che declina dal +9% a un -1%. I segnali positivi sono in calo, alimentando timori di ulteriori contrazioni».

La cassa integrazione è in forte aumento: la cassa ordinaria segna un +70,1%, mentre quella straordinaria cresce del 3,5%, segno di un peggioramento delle condizioni lavorative. Le prospettive occupazionali a sei mesi restano pessime, con la curva che declina dal +9% a un -1%. (Fonte: Federmeccanica).

E guardando al futuro questo non promette nulla di buono. Come fa tremare le gambe alla meccatronica, il portafoglio ordini, con saldi negativi per almeno -8%, e i giudizi degli operatori che continuano a peggiorare. «Le scorte sono in aumento del 2%, un dato generalmente negativo, ma in questo caso sospendiamo il giudizio poiché potrebbe essere influenzato dalle difficoltà geopolitiche del Mar Rosso e dai problemi sull’arco alpino i cui effetti non sono ancora visibili nei numeri», dice Civitareale. «Infine, la liquidità aziendale mostra anch’essa un peggioramento, con il 7% delle imprese che segnala problemi di liquidità. Questo si riflette anche nelle prospettive: l’8% delle imprese prevede ulteriori problemi di cassa, invertendo il trend positivo del trimestre precedente».

I rischi emergenti: le industrie meccatroniche hanno paura delle interruzioni della attività e della carenza di competenze di base. Servono saldatori oltre che esperti digitali

Quanto ai rischi emergenti, il 38% delle imprese che hanno risposto al sondaggio di Federmeccanica si dichiara preoccupato per una possibile interruzione delle attività nel prossimo futuro, un dato particolarmente negativo. «Un altro tema rilevante riguarda la forza lavoro disponibile sul mercato, e in particolare la sua carenza. Dal 2020, le imprese che dichiarano difficoltà nel reperire persone qualificate hanno raggiunto livelli molto alti: nel 2022, questa difficoltà è stata segnalata dal 71% delle aziende, e anche se leggermente attenuata nel 2024, il 69% delle imprese continua a incontrare problemi nel trovare personale qualificato – dice Civitareale – Questa difficoltà è inversamente proporzionale alla dimensione dell’azienda: le grandi imprese, soprattutto quelle con oltre 500 addetti, riportano meno difficoltà rispetto alle piccole e medie imprese, dove il problema è più sentito».

Le difficoltà si concentrano soprattutto nelle competenze tecniche di base tradizionali, che rimangono sempre superiori al 40% e che questa volta raggiungono addirittura il 48%. Anche qui, la correlazione tra dimensioni aziendali e difficoltà nel reperire personale è chiara: le aziende più piccole faticano di più.

Per quanto riguarda le competenze digitali, queste restano stabilmente sopra il 20% e nel 2024 sono al 27%. Le competenze trasversali, invece, sono al 19%, in contrazione rispetto alla norma. «Un aspetto critico è la difficoltà nel trovare competenze tecniche di base, come ad esempio quella del saldatore. Il digitale è sicuramente una competenza chiave, ma nel caso della meccatronica serve principalmente come supporto a alle competenze di base. E questo è un ulteriore elemento di riflessione per i decisori». Per immaginare politiche che salvino la nostra meccanica industriale e con essa l’economia dell’Italia.














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