Confindustria Brescia: nelle imprese bresciane le dimissioni volontarie passano al 6,8% nel 2023

Nello stesso anno lo smart working ha interessato il 39% delle imprese nella città lombarda e ha coinvolto il 22% dei dipendenti eligibili

Il valore riscontrato risulta ampiamente superiore ai livelli pre-Covid.

Centro Studi di Confindustria Brescia ha reso disponibile l’edizione l’edizione 2024 del HR Dashboard. Nel 2023 il tasso di turnover volontario rilevato tra le imprese bresciane aderenti a Confindustria Brescia si è attestato al 6,8%, in lieve incremento sul 2022 (6,7%). Il valore riscontrato risulta ampiamente superiore ai livelli pre-Covid, posizionandosi ai massimi da quando è disponibile la serie storica (anno 2019).

Il documento – che ha visto la partecipazione di 182 imprese bresciane che danno lavoro a circa 21.500 addetti – raccoglie i principali risultati dell’annuale “Indagine sul lavoro” realizzata dal Sistema Confindustria, sui vari temi che trattano la gestione delle risorse umane. Il monitoraggio ha visto il coinvolgimento di ben 25 Associazioni Territoriali del Sistema Confindustria (in gran parte localizzate nelle regioni nel Nord Italia), che hanno condiviso specifici approfondimenti sulle politiche di HR management. Più in dettaglio, il documento HR Dashboard utilizza le informazioni raccolte dalle aziende lombarde (840 per 164 mila dipendenti), tramite le nove Associazioni lombarde coordinate da Confindustria Lombardia, arricchito da dettagli relativi al contesto bresciano







«L’edizione 2024 dell’HR Dashboard conferma le indicazioni che stiamo raccogliendo negli ultimi anni, in particolare dopo la pandemia: siamo di fronte a un mondo del lavoro in profondo cambiamento – commenta Roberto Zini, vice presidente di Confindustria Brescia con delega a Relazioni Industriali e Welfare –. Brescia non fa eccezione, come testimonia il dato del turnover volontario, che si mantiene ai massimi storici. Da questo punto di vista, come sistema imprenditoriale, recepiamo quindi l’esigenza di costruire un nuovo sistema di relazioni tra lavoratore e azienda, costruito intorno al welfare e al benessere dei nostri collaboratori. In questo senso, penso di poter affermare che siamo sulla strada giusta, anche se occorre continuare a insistere su specifici strumenti come, ad esempio, la conversione in welfare del premio di risultato, ancora poco diffusa. Puntiamo, invece, a un cambio di passo sul tema del lavoro femminile, che può e deve rappresentare una risorsa fondamentale, ma su cui Brescia sconta ancora un ritardo rispetto ai territori europei di riferimento. Discorso analogo vale per l’immigrazione che, se gestita nel modo corretto, costituisce una risposta possibile alle sempre crescenti problematiche di mismatch, legate anche all’inverno demografico che stiamo attraversando».

La dinamica del turnover volontario (misurato dal rapporto fra i dimessi durante l’anno e lo stock di dipendenti a inizio periodo), che rappresenta quindi l’intensità con cui gli organici lasciano spontaneamente il proprio posto di lavoro, appare sostanzialmente coerente con quanto riscontrato, a livello bresciano, dai dati di fonte amministrativa (Inps) che, per l’anno 2023, rilevano un numero di dimissioni pari a 61.070, valore di poco inferiore al record storico raggiunto nel 2022 (61.691), comunque ben al di sopra di quanto sperimentato prima della pandemia (circa 39 mila nel quinquennio 2015-2019). Allo stesso tempo, va ricordato che la quota di dimissioni riscontrate nel 2023 sul totale delle cessazioni si è attestata al 38%, confermando l’accelerazione di tale fenomeno dal 2021 in poi.

Sempre nel 2023, lo smart working ha interessato il 39% delle imprese bresciane e ha coinvolto il 22% dei dipendenti eligibili. Si tratta di numeri più bassi rispetto a quanto sperimentato a livello lombardo, dove la diffusione del “lavoro agile” ha riguardato il 51% delle aziende, mentre la quota degli smart workers è stata pari al 26%. Il differenziale tra Brescia e la regione sarebbe imputabile a una serie di motivazioni, tra cui spicca la forte prevalenza, nel nostro territorio, di Pmi manifatturiere, contesti in cui lo smart working fatica a imporsi come modello organizzativo. Con riferimento alla estensione temporale del “lavoro agile”, il quadro delineato per Brescia e provincia vede un prevalente utilizzo dello smart working fino a 4 giorni al mese (56% delle aziende). Diffusa è anche la modalità “fino a 12 giorni al mese” (51% del campione), mentre solamente il 24% delle realtà intervistate concede più di 12 giorni al mese da remoto. Sul versante dei lavoratori, la maggioranza assoluta dei dipendenti (72%) può beneficiare fino a 12 giorni al mese e solamente il 2% gode di oltre 12 giorni al mese.

L’indagine ha poi affrontato anche il fenomeno della conversione in welfare dei premi di risultato. Tra le aziende bresciane che prevedono tale possibilità, solamente il 15% dei dipendenti ne ha effettivamente usufruito, contro il già basso 22% rilevato in Lombardia. Il dato locale è la sintesi fra il 22% fra i quadri e il 15% tra gli operai e impiegati. A Brescia, la quota di premio convertita è tuttavia particolarmente elevata (83% dell’importo complessivo), rispetto al 66% riscontrato in regione.

Il tasso di assenza dell’addetto medio, calcolato come rapporto tra ore perdute e ore lavorabili, nel 2023 è stato pari al 7,1%, caratterizzandosi per un’elevata eterogeneità fra i diversi inquadramenti (2,4% per i quadri, 5,0% per gli impiegati e 9,1% per gli operai) e per genere (6,8% fra maschi e 8,5% fra le femmine). La quota imputabile ai permessi concessi dalla Legge 104, una novità di questa edizione del rapporto, si attesta allo 0,6%. Le ore mediamente perdute nel 2023 sono state 119; la principale causale di assenza va ricercata nella malattia non professionale (65 ore), seguita dagli altri permessi retribuiti (18 ore), ambito che accoglie, fra l’altro, i permessi sindacali e tutti i permessi per visite mediche e altri motivi. A riguardo va segnalato che, fra le femmine, i congedi retribuiti, al cui interno sono contabilizzati i congedi parentali, istituto giuridico a tutela della gravidanza e della maternità, riguardano, in media, 49 ore, vale a dire il 2,9% delle ore lavorabili.

Da ultimo, la rilevazione si è soffermata sulle retribuzioni d’ingresso dei neolaureati. Nel contesto bresciano, un laureato triennale, al suo primo impiego, percepisce uno stipendio di 26.241 euro. Più elevate risultano le retribuzioni per i laureati magistrali, con punte di 27.985 per i profili tecnico-scientifici.














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