Acciaio: cause e conseguenze del rallentamento di un mercato chiave per l’Italia. Parla Carlo Mapelli

di Marco De' Francesco ♦︎ Il rallentamento della manifattura? Secondo l'esperto di siderurgia proseguirà anche nel prossimo semestre. E il calo del mercato dell'acciaio non è la causa, ma la spia di una situazione sfavorevole. Pesano il blocco di Superbonus e altri incentivi. Così come i bassi investimenti nel settore militare. La soluzione? Investire in settori strategici, come energia e infrastrutture

«È probabile che il rallentamento della manifattura italiana continui nel prossimo semestre. Quello dell’acciaio non è la causa ma la spia di una situazione sfavorevole». Lo afferma Carlo Mapelli, docente al dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano ed importante esperto di siderurgia. Peraltro, fino a maggio 2023 è stato consigliere designato di Acciaierie d’talia, l’ex-Ilva ora in amministrazione straordinaria costituita da Am InvestCo Italy e Invitalia. Com’è noto, a maggio 2024, l’indice destagionalizzato della produzione industriale ha fatto registrare un calo del 3.3% su base tendenziale, con alcuni settori manifatturieri in particolare difficoltà: la flessione dei beni strumentali è stata pari al 6,6%. Quanto all’acciaio, nel primo semestre del 2024, la produzione di acciaio in Italia ha subito un significativo arretramento del 5,5% rispetto allo stesso periodo del 2023 (dati Siderweb). E non si intravedono segnali di ripresa nel breve termine, con il settore siderurgico nazionale che continua a mostrare segni di debolezza. «Il calo della produzione di acciaio segnala un rallentamento più generale dell’economia e del settore manifatturiero. L’acciaio è fondamentale per molte lavorazioni, specialmente nella meccanica e nell’industria automobilistica. Quindi, una diminuzione nella produzione di acciaio indica che l’intera economia manifatturiera sta frenando» – continua Mapelli.

Ma a cosa è dovuto il rallentamento dell’acciaio in Italia? Per Mapelli, è principalmente legato alla disattivazione dei bonus e degli incentivi che, come il Superbonus 110%, avevano stimolato significativamente la domanda di materiali da costruzione, incluso l’acciaio. La loro rimozione ha provocato una contrazione del mercato. Inoltre, l’Italia sta investendo meno rispetto ad altri paesi europei in settori strategici come quello militare. Paesi come Germania, Francia, Svezia e Finlandia hanno aumentato notevolmente le spese in questo campo, mantenendo stabile la domanda di acciaio in quelle regioni. In Italia, invece, tutto ciò accade in misura assai minore. La soluzione? La ripresa del settore dell’acciaio potrebbe essere favorita più da investimenti mirati lungo alcune catene del valore piuttosto che da cambiamenti normativi. Investire nell’approvvigionamento energetico, nelle infrastrutture ferroviarie e portuali potrebbe stimolare la domanda di acciaio.







D: Il primo semestre dell’acciaio ha fatto registrare un – 5,5% per la produzione, in Italia; mentre all’estero questa è stabile (- 0,1% a livello globale). Quali sono le principali cause del calo nelle performance dell’industria dell’acciaio in Italia? Cosa sta succedendo?

Carlo Mapelli, docente al dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano.

R: Nel confronto con l’estero bisogna sempre considerare che la produzione italiana è molto più flessibile e meno rigida in quanto basata sui forni elettrici e non sui cicli integrati che producono a partire dal minerale, e quindi il sistema siderurgico si adatta più rapidamente alla domanda. Il rallentamento della produzione di acciaio in Italia è principalmente dovuto alla disattivazione dei bonus e degli incentivi, come il Superbonus 110%. Questi incentivi erano stati introdotti per stimolare il mercato interno e avevano sostenuto significativamente la domanda di materiali da costruzione, inclusi l’acciaio. La loro rimozione ha provocato una contrazione del mercato, riducendo notevolmente la domanda interna. Inoltre, l’Italia sta investendo meno rispetto ad altri paesi europei, soprattutto in settori strategici come quello militare, perché vista la particolare conformazione geografica necessita di sistemi di difesa diversi rispetto a quelli dei paesi alleati. Paesi come Germania, Francia, Svezia e Finlandia hanno aumentato notevolmente le loro spese per dispositivi militari tradizionali. Questo incremento degli investimenti ha contribuito a mantenere stabile la domanda di acciaio in quelle regioni. In Germania, ad esempio, il governo ha destinato ingenti risorse per modernizzare le forze armate e sviluppare nuove tecnologie di difesa. Questi investimenti non solo stimolano la produzione di acciaio, ma creano anche un effetto a catena che sostiene l’intera economia. In Italia, invece, la situazione è diversa perché i sistemi di difesa di una penisola circondata dal mare e protetta a nord dalle Alpi sono significativamente diversi. La rimozione progressiva dei bonus ha coinciso con un minor investimento in settori cruciali come quello militare, ma il PNRR sta cominciando a compensare la contrazione della domanda con gli investimenti in infrastrutture.

D: Quali conseguenze può avere questo calo dell’acciaio per l’economia nazionale?

R: Il calo della produzione di acciaio è un indicatore che segnala un rallentamento del comparto manifatturiero. L’acciaio è un materiale fondamentale per una vasta gamma di lavorazioni, specialmente nell’industria delle costruzioni, nella meccanica e nell’industria automobilistica e dei trasporti. La sua produzione è strettamente legata alla salute economica di questi settori, che a loro volta influenzano significativamente l’intera economia nazionale. Quindi, una diminuzione nella produzione di acciaio non causa direttamente un impatto economico, ma è un segnale, una spia, che l’intera economia manifatturiera sta rallentando.

Nei primi 5 mesi dell’anno, l’Unione europea ha prodotto 56,1 milioni di tonnellate di acciaio, per una variazione del -0,1% rispetto al dato cumulato a maggio 2023. Nella top 10 delle nazioni produttrici di acciaio si trova al settimo posto la Germania – a parimerito con la Turchia che questo mese ha sfornato il medesimo volume –, con una produzione di 3,2 milioni di tonnellate in maggio, il -1,9% rispetto a maggio 2023. (Fonte: Siderweb)

D: Dunque, sulla scorta dei risultati negativi dell’acciaio, dobbiamo attenderci un rallentamento della manifattura italiana?

R: Possiamo aspettarci che questo rallentamento possa continuare nel prossimo semestre, sebbene potrebbe essere in parte compensato dalla crescita in altri settori. Tuttavia, è probabile che il comparto manifatturiero tenda a stagnare.

D: Le attuali politiche e regolamentazioni europee, come i crediti di carbonio, stanno avendo un impatto sull’industria dell’acciaio?

R: Al momento, le normative e le regolamentazioni europee, come i crediti di carbonio, non stanno incidendo in modo determinante sull’industria dell’acciaio. Le nuove norme entreranno a pieno regime solo tra qualche anno, e di conseguenza il loro impatto diretto sul settore è ancora limitato. Il rallentamento attuale della produzione di acciaio in Italia è più legato alla mancanza di investimenti in settori chiave piuttosto che a ragioni regolatorie. Fortunatamente, i fondi del Pnrr offrono uno stimolo agli investimenti e stabilizzano la domanda di acciaio, ma l’Italia non ha lo spazio fiscale che hanno paesi come la Germania o i Paesi del Nord Europa per attivare altri investimenti, che per Germania, Svezia, Francia si stanno traducendo in un significativo incremento delle spese militari. In Italia, invece, l’assenza di simili investimenti ha contribuito al calo della domanda e della produzione di acciaio. Dunque, sebbene ci siano alcuni fattori regolatori che incidono marginalmente, come le norme sui veicoli a combustione interna, la causa principale del calo produttivo è l’inferiore intensità degli investimenti.

A causa della debolezza della domanda, sono calati i prezzi del rottame sul mercato nazionale; a testimonianza di ciò, lo Scrap Index arretra del 3,3% rispetto al livello del mese precedente. Per quanto riguarda l’acciaio inossidabile, secondo le rilevazioni dei prezzi di siderweb di giugno, le lamiere inox sono rincarate tra i 60 e i 90 euro la tonnellata. Lo Stainless Steel Index ha registrato un +1,55%.

D: Ci sono cambiamenti normativi che potrebbero favorire la ripresa del settore?

R: La ripresa del settore dell’acciaio potrebbe essere favorita più da investimenti mirati lungo alcune catene del valore piuttosto che da cambiamenti normativi.

D: Che genere di investimenti?

R: Ad esempio, investire nell’approvvigionamento energetico, nelle infrastrutture ferroviarie e nei porti potrebbe stimolare la domanda di acciaio, creando nuove opportunità di crescita per il settore. Questi investimenti sarebbero fondamentali non solo per aumentare la domanda di acciaio, ma anche per migliorare l’efficienza e la competitività delle infrastrutture italiane. Inoltre, una ricalibrazione della tassazione su prodotti chiave, come le automobili, potrebbe incentivare l’acquisto e riattivare il mercato. Ridurre le imposte su veicoli ecologici o su prodotti innovativi potrebbe spingere i consumatori verso nuovi acquisti, aumentando così la domanda di acciaio utilizzato nella produzione automobilistica. È fondamentale indirizzare gli investimenti verso settori che possano soddisfare le necessità economiche dei consumatori e di sicurezza dei paesi dell’Unione Europea. Questo approccio permetterebbe di creare un effetto moltiplicatore sull’economia, migliorando la competitività del settore manifatturiero nel suo complesso.

D: Quale effetto moltiplicatore sulla manifattura?

L’Italia sta investendo meno rispetto ad altri paesi europei in settori strategici come quello militare. Paesi come Germania, Francia, Svezia e Finlandia hanno aumentato notevolmente le spese in questo campo, mantenendo stabile la domanda di acciaio in quelle regioni. In Italia, invece, tutto ciò accade in misura assai minore.

R: Ad esempio, la costruzione di nuove infrastrutture energetiche non solo aumenterebbe la domanda di acciaio, ma favorirebbe anche la transizione verso fonti di energia più sostenibili. Inoltre, investire in progetti di ricerca e sviluppo per tecnologie innovative potrebbe aprire nuovi mercati e applicazioni per l’acciaio. Sviluppare nuovi materiali, come l’acciaio ad alta resistenza ad elevata concentrazione di alluminio e manganese o migliorare le prestazioni dell’acciaio attraverso l’ammodernamento delle linee di produzione e trasformazione, può portare a una maggiore diversificazione dell’offerta e a una maggiore competitività a livello internazionale. Questi investimenti potrebbero anche facilitare la transizione verso un’economia compatibile con le esigenze ecologiche, riducendo l’impatto ambientale dalla produzione di acciaio sino al suo utliizzo. Un altro aspetto cruciale è la necessità di migliorare le infrastrutture logistiche e di trasporto. Investimenti in questo ambito possono ridurre i costi di trasporto e aumentare l’efficienza della catena di approvvigionamento, rendendo l’acciaio italiano più competitivo sui mercati globali. Infine, è importante promuovere collaborazioni tra pubblico e privato per finanziare progetti di sviluppo infrastrutturale e tecnologico. Tali collaborazioni possono facilitare l’accesso a risorse finanziarie e a competenze tecniche avanzate, accelerando il progresso tecnologico e la crescita del settore.

D: Ci sono segnali di ripresa o indicatori positivi per il futuro prossimo nel campo dell’acciaio?

R: Finché i livelli salariali della popolazione resteranno invariati e i costi rimarranno alti, non vedo prospettive significative di ripresa nel mercato dell’acciaio. Una larga parte della popolazione oggi ha livelli salariali troppo bassi ed è esclusa dal mercato di molti beni. Aumentare l’efficienza dei sistemi di produzione, la produttività ed i salari dovrebbe essere la priorità per riattivare una domanda sana e non drogata da incentivi e da spiacevoli conseguenze sulle finanze pubbliche.

D: Le aziende che si occupano di acciaio possono adottare strategie per affrontare le attuali circostanze?

Le Minimill MiDa di Danieli sono mini-acciaierie a forno elettrico con laminatoio collegato direttamente ad una colata continua in presa diretta. Una delle principali risorse delle aziende italiane è la flessibilità produttiva, soprattutto per quelle che utilizzano forni elettrici. Questi impianti consentono alle aziende di adattarsi rapidamente alle variazioni della domanda e di modulare la produzione in base alle esigenze del mercato, mantenendo margini di profitto migliori rispetto ad altri sistemi produttivi.

R: Una delle principali risorse delle aziende italiane è la flessibilità produttiva, soprattutto per quelle che utilizzano forni elettrici. Questi impianti consentono alle aziende di adattarsi rapidamente alle variazioni della domanda e di modulare la produzione in base alle esigenze del mercato, mantenendo margini di profitto migliori rispetto ad altri sistemi produttivi. Questa maggiore flessibilità è un vantaggio competitivo significativo, poiché permette di ridurre i costi operativi e di reagire più prontamente ai cambiamenti del mercato. Le aziende possono aumentare o diminuire la produzione senza incorrere in costi eccessivi, garantendo una gestione più efficiente delle risorse e una maggiore resilienza di fronte alle fluttuazioni economiche.














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