Due giorni in rally dopo una settimana vissuta pericolosamente: è il riassunto delle ultime performance di borsa di Leonardo che ha chiuso la scorsa ottava con le azioni di poco sopra i 4 euro e che invece adesso si ritrova stabilmente sopra i 5. Perché? Il bilancio presentato ai mercati non è stato particolarmente positivo e la posizione debitoria al 30 settembre è cresciuta del 36% arrivando a oltre 5,8 miliardi. Senza contare che l’amministratore delegato Alessandro Profumo ha vissuto giornate tormentate a causa del suo coinvolgimento nelle vicende di Mps.
La performance più che positiva ha due motivi ben precisi, uno economico e uno politico. Partiamo dal primo: si sono fatte sempre più insistenti le voci che vorrebbero quotare la controllata americana Drs alla borsa di NewYork. Non si tratta più di semplici chiacchiere, ma di una strategia confermata dal fatto che Leonardo ha dato mandato a Goldman Sachs per provare a studiare il collocamento. Equita Sim ha dichiarato che nonostante la cessione non sia stata «esplicitata nel business plan di Leonardo presentato nel 2018, riteniamo sia uno scenario possibile dato che la cessione di una quota di Drs era già stata ipotizzata nel 2017 dall’allora Ceo Moretti prima che concludesse il suo mandato».
Quanto vale Drs? Il 100% sarebbe intorno ai tre miliardi (nel 2008 l’allora Finmeccanica la pagò 3,4 miliardi), una quotazione reputata interessante dai mercati visto che in 12 anni solo gli ultimi tre si sono chiusi in positivo. Dunque Leonardo metterebbe a disposizione degli investitori una quota di circa il 40% per un valore intorno al miliardo. Una quotazione di questo tipo, inoltre, rappresenterebbe l’87% dell’intero market cap di Leonardo che, incassando la cifra preventivata, dissolverebbe in un lampo le perplessità sulla cassa.
La motivazione politica riguarda invece la vittoria di Joe Biden alle ultime elezioni (o almeno, la quasi certezza che questo sia avvenuto viste le resistenze di Trump). L’ex vice di Obama ha deciso di continuare nell’opera del suo predecessore per quanto concerne “America first”, ovvero l’incentivazione di quella politica che si oppone al depauperamento di intere aree urbane, come Detroit, per delocalizzare. Il reshoring non è più procrastinabile, tanto che Biden vorrebbe aggiornare le norme sull’interscambio e spingere sul reshoring (cioè il ritorno in patria) della produzione in cambio di incentivi fiscali. Si parla di un credito d’imposta al 10% per chi produrrà negli Usa dando lavoro agli americani e un’aggiunta del 10% per chi invece lo farà all’estero. Si tratta di 700 miliardi di dollari da impiegare in appalti pubblici e ricerca e sviluppo che andranno di pari passo con il nuovo mantra, cioè “Buy American”.
Che c’entra Leonardo in tutto questo? Il nodo è che diversamente da altre aziende che operano sul mercato americano senza avere società con sede legale e ragione sociale a stelle e strisce, Drs è a tutti gli effetti Usa. E gli investitori non sembrano particolarmente preoccupati neanche dal fatto che Biden abbia annunciato l’intenzione di non dare soldi al comparto difesa. Si tratta probabilmente di slogan che andranno ammorbiditi quando diventerà inquilino alla Casa Bianca, anche perché il Senato a maggioranza repubblicana lo costringerà a provvedimenti meno progressisti del previsto. E l’azienda di Profumo può quindi guardare al futuro con un po’ di ottimismo in più, consapevole che l’amministrazione americana sarà un alleato valido su cui puntare.