Perché Carlos Tavares lascerà Stellantis ben prima del 2026

di Filippo Astone ♦︎ Teoricamente il ceo del grande gruppo franco-italiano dovrebbe lasciare a inizio 2026, ma è opinione consolidata che lo farà non appena sarà individuato il successore, cosa che potrebbe avvenire anche a fine 2025. Un cambio di management è imposto dalla situazione critica della casa automobilistica. Il toto nomi sospeso fra i sogni (De Meo e Mary Barra) e le concrete ipotesi di candidature interne, come Imparato, Francois, Filosa, Feuell.

Carlos Tavares, ceo di Stellantis.

Ufficialmente, Carlos Tavares dovrebbe lasciare l’incarico di ceo del gruppo automobilistico Stellantis all’inizio del 2026, cioè alla scadenza contrattuale del suo mandato. Il board della casa franco-italiana ha comunicato di essere alla ricerca del successore, e a questo proposito girano molti nomi, a cominciare da quello di Luca De Meo, attuale ceo del Gruppo Renault, che potrebbe avere il compito di finalizzare l’eventuale fusione tra Stellantis e Renault. Una fusione che produrrebbe la prima casa automobilistica europea, forte di 18 marchi e soprattutto in grado di investire a sufficienza per resistere allo shock dell’auto elettrica, avendo le risorse per creare veicoli compatti, competivi con i cinesi e dal prezzo abbordabile. Socialmente sarebbe una macelleria (soprattutto in Italia, visto che comanderanno i francesi), ma economicamente avrebbe molto senso. E servirebbe anche agli azionisti Agnelli-Elkann in caso di sconfitta della causa ereditaria con la madre Margherita Agnelli, che potrebbe far perdere a John Elkann il controllo delle sue holding.

Luca De Meo è già stato a Torino fra il 2002 e il 2009, come braccio destro di Sergio Marchionne. E’ stato prima a capo del marchio Lancia e poi di Fiat e Alfa Romeo, e gli si riconosce il merito di aver “inventato” la nuova 500.







Luca de Meo, attuale ceo di Renauilt Group, è tra i nomi che girano maggiormente per sostituire il partente Tavares. De Meo è già stato a Torino all’inizio del 2000 come braccio destro di Sergio Marchionne.

A parte il nome del sostituto, il fatto è che rumor molto insistenti – e fortemente attendibili secondo quanto risulta a Industria Italiana – danno per certo un addio del manager portoghese ben prima del 2026, forse già alla fine di quest’anno. Addio che avverrebbe con una sontuosa liquidazione, qualcuno parla di una cifra vicina ai 100 milioni di euro, assegnati in parte in cash e parte come partecipazione azionaria ad alcune società del gruppo Stellantis.

Al di là dei rumors, un cambio di ceo più vicino nel tempo sarebbe assai logico e razionale per un gruppo che si trova nella situazione critica di Stellantis. Se il board sta già cercando il successore, che senso avrebbe, una volta individuato il nome giusto, essere guidati da un ceo “anatra zoppa” (come si definisce il presidente americano uscente quando c’è già un presidente eletto pronto a insediarsi) per un periodo così lungo? Tantopiù che, come vedremo fra qualche riga, Stellantis vive oggi una crisi economica, finanziaria, industriale, manageriale e di identità. Dunque, che senso avrebbe trascinare questa situazione per molti mesi a venire?

Certo, nel momento in cui si è diffusa la notizia della ricerca del successore, il board non poteva che comunicare ufficialmente che l’avvicendamento ci sarebbe stato a fine mandato, ovvero a inizio 2026. I mercati finanziari e le logiche di stabilità di un gruppo da 189,5 miliardi di euro di fatturato imponevano una informativa di quel tipo, tenendosi “larghi” il più possibile. Ma una cosa è l’ufficialità, una cosa diversa lo svolgersi concreto dei fatti.

Il toto nomi: dal sogno De Meo o Mary Barra alla concretezza di interni come Imparato (il più gettonato), Francois, Filosa, Feuell

Tornando al toto-successori, il nome di De Meo è considerabile oggi come qualcosa di sospeso tra il sogno e la suggestione (anche se, con la carriera di grandi successi che ha, potrebbe essere perfetto per la rinascita industriale ed economica di Stellantis) così come l’ipotesi che qualcuno ha fatto di convincere Mary Barra, la manager americana artefice della rinascita di General Motors. Allo scorso Salone di Parigi, il presidente di Stellantis John Elkann ha dichiarato che per la successione «si guarderà più a un interno che ha un esterno». Posto che le dichiarazioni ufficiali sono sempre da prendere con le pinze, soprattutto nel mondo Stellantis/ex Fiat, in tal caso i nomi più gettonati sono due e sono ovviamente francesi. Il primo è quello di Jean-Philippe Imparato, ex ceo di Alfa Romeo (dove per la verità non ha riportato risultati brillantissimi) e attuale numero uno di Pro One (la divisione veicoli commerciali) e coo dell’Europa Allargata. Imparato viene considerato persona molto vicina a Psa, che è la parte di azienda che oggi comanda. Il secondo, ma un gradino più giù, è Olivier Francois, capo di Fiat e Abarth e chief marketing officer di tutto il gruppo. Altre ipotesi potrebbero essere Antonio Filosa (capo del marchio Jeep e coo del Nord America) e Christine Feuell, numero uno di Chrysler.

Il doppio primato di Tavares: il più pagato d’Europa e quello che guida l’azienda automobilistica in maggiore difficoltà

Carlos Tavares, ceo di Stellantis, si conferma come il manager più pagato sulla scena automobilistica europea: nel 2023 ha ricevuto uno stipendio 23,47 milioni di euro (al lordo delle tasse).

Oggi Carlos Tavares ha due primati: è il manager più pagato sulla scena automobilistica europea e guida la grande azienda in maggiore stato di difficoltà. Quanto al più pagato, basti dire che nel 2023 ha ricevuto un compenso di 23,47 milioni di euro al lordo delle tasse (13,5 di retribuzione e 10 di incentivo), mentre nel 2022 ha percepito 14,9 milioni di euro. Per fare un paragone, De Meo, che guida un gruppo come Renault in uno stato di salute ben più florido, ha percepito 3,2 milioni nel 2022 e 4,5 nel 2023.

Per quanto riguarda i problemi di Stellantis sono ben noti e richiedono con urgenza un nuovo capo azienda che vi metta mano. Certo, tutta l’industria automobilistica europea soffre ed è a rischio di sopravvivenza per la folla decisione della UE di imporre una transizione ecologica con tempi e modalità suicide. Tanto che Volkswagen ha annunciato la chiusura di tre stabilimenti e il licenziamento di 15 mila persona. Ma Stellantis soffre più degli altri, e vive una crisi di identità che – se non si inverte la rotta più velocemente possibile – potrebbe essere senza ritorno.

La situazione difficile di Stellantis si è palesata in tutto il mondo attraverso il profit warning di fine settembre, che ha dimezzato di botto la capitalizzazione di Borsa. Stellantis prevede di bruciare in tutto il 2024 fra 5 e 10 miliardi di flusso di cassa, e di ridurre la profittabilità al 5-6%, mentre prima era sempre stata a due cifre. Il terzo trimestre 2024, terminato a fine ottobre, ha visto ricavi netti per 33 miliardi di euro, in calo del 27% rispetto al terzo trimestre del 2023. E consegne consolidate, di 1.148 mila unità, diminuite di 279 mila unità, ovvero del 20% su base annua. In Italia la quota di mercato Stellantis a ottobre si è attestata intorno al 10%, ed è stata superata da Volkswagen e Toyota. A ottobre Stellantis ha perso un terzo dei volumi nel mese, ed è calata dell’8,5% da inizio anno. Drammatica la situazione del marchio Fiat, che ha perso il 43% dei volumi, il 13,5% da inizio anno.

Sullo sfondo della crisi Stellantis incombe la saga degli Agnelli-Elkann che vede contrapposti i figli John, Lapo e Ginevra Elkann contro la madre Margherita Agnelli per l’eredità di famiglia. Una sconfitta che potrebbe far perdere a Jonh Elkann il controllo delle sue holding.

Recente è anche la notizia che lo stabilimento di Mirafiori, che ha ripreso a funzionare lo scorso 4 novembre, chiuderà di nuovo il prossimo 29 novembre. Una ripresa successiva delle produzioni, eventualmente, è prevista a partire dal 7 gennaio. La scelta è stata di concentrare in in un mese tutti gli ordini di Fiat 500 degli scorsi tre mesi. Si prevede di produrre circa 170 vetture al giorno.

Oltre a ciò, a Tavares viene rimproverato di non aver saputo dialogare con il Governo Italiano (che non ha caso nella prossima Legge di Bilancio ha tagliato tutti i contributi all’auto) e di aver alimentato un clima di tensione con sindacati e partiti politici.

Dov’è svanita la storia gloriosa dell’industria italiana?

Come ha notato Bianca Carretto sul Corriere della Sera, negli ultimi tre anni Stellantis non ha messo sul mercato alcuna auto nuova su nuove piattaforme, più tecnologiche, che dovrebbero essere comuni a tutti i marchi del gruppo. Niente, insomma. Secondo la giornalista, storica firma dell’auto del quotidiano di via Solferino, quella attuale sarebbe la deflagrazione del sistema Tavares, fatto di prezzi alti verso l’esterno e compressione dei costi verso l’interno, con azioni aggressive e insistenti verso concessionari e fornitori.

«La depressione del mercato automobilistico europeo è un dato di fatto ma, registrando l’evoluzione delle immatricolazioni nuove nel Continente, nei primi nove mesi del 2024, non si può non notare il crollo di Stellantis. Dove sono finite le Fiat, le Lancia, le Alfa Romeo, dove è svanita la storia gloriosa dell’industria italiana?», ha scritto Carretto sull’Economia del Corriere della Sera lo scorso 4 novembre. Riferendosi ha Tavares, Carretto prosegue scrivendo che il «manager ha parlato di “errore umano”, senza assumersene la responsabilità, anzi colpevolizzando la squadra, senza aver visto, sin dal 2023, la produzione carente nelle fabbriche, un approccio di marketing calibrato e l’improvviso accrescimento delle scorte sui piazzali. (…) La Fabbrica Italiana Automobili Torino oggi è in discussione, dovuta alla dismissione industriale a cui Tavares ha dato un colpo micidiale.

Stellantis sembra intenzionata a bloccare nuovamente – a fine novembre – la produzione di vetture nello stabilimento di Mirafiori.

I volumi di produzione quasi nulli (da gennaio a settembre circa 387mila veicoli costruiti, una diminuzione del 31,7%) e il numero dei dipendenti si è ridotto già di 3mila persone, a giugno 2024, ma sono previste ulteriori 3.800 uscite incentivate. Si parla della Nuova Panda in versione ibrida ( non quella proposta attualmente che è solo un rimpasto) ma sarà in arrivo non prima della fine del 2025. Per Maserati nessun piano è previsto a breve, se non entro 4/5 anni e il ritardo della realizzazione delle piattaforme per Alfa Romeo porta direttamente il brand a non avere nessun elemento di competizione con i marchi concorrenti. Lo stabilimento di Grugliasco è ormai una landa desolata e Mirafiori ha l’immagine di un fantasma. Marchionne, nel giugno 2015, aveva annunciato 5 miliardi di investimenti per il Biscione, ora si cerca di vendere la Junior, una Peugeot ricarrozzata. E quanto è difficile pensare ad un futuro per Lancia, l’iconica griffe, quando si accenna a Delta e a Gamma che parevano in arrivo nel 2026 ma ora posticipate al 2027/ 2028 basate sulla piattaforma Stla Medium, in comune con Opel». Insomma: si potrà andare avanti così fino al 2026?














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