Marco Gay (Unione Industriali Torino): «Puntiamo sul nostro vero patrimonio, l’intelligenza industriale»

Lo ha dichiarato il presidente nella sua relazione all'Assemblea pubblica di Unione Industriali Torino. Nel suo intervento ha discusso anche del ruolo di Torino come crocevia dell'Italia in Europa, della crisi dell'automotive e delle principali leve per fare impresa

Il presidente Marco Gay all'Assemblea pubblica di Unione Industriali Torino.

Pubblichiamo una parte della relazione presentata dal presidente Marco Gay all’Assemblea pubblica 2024 di Unione Industriali Torino.

Il Centro studi Confindustria ha confermato che il Pil nel 2024 crescerà dello 0,8% e nel 2025 dello 0,9%: sono diverse le condizioni che frenano la crescita, a partire dalla crisi dell’automotive di cui nessuno più di noi conosce la dimensione e l’impatto per imprese e famiglie. Su questo tema torno tra poco. Ma molto dipenderà anche dall’attuazione del Pnrr e dalla ripresa della dinamica degli investimenti. Il Pnrr è e resta la grande opportunità di modernizzazione di questo paese e non solo per la portata degli investimenti. Non sono più rimandabili le riforme necessarie a rendere più efficienti e adeguati ai tempi che viviamo la nostra PA, la giustizia, il fisco. Il nostro è un sistema economico che ha urgenza di essere innovato. A partire dai suoi fondamentali.







Insieme

Le sfide che abbiamo di fronte richiedono la partecipazione di tutti gli attori istituzionali, economici, sociali. Abbiamo il dovere di ritrovarci comunità. Lo sviluppo di Torino sarà determinato dagli investimenti decisi dai privati e facilitati dal pubblico, nei settori dove la città ha già un vantaggio competitivo (l’aerospazio), dove lo può conquistare con uno sforzo pianificabile (la robotica e l’intelligenza artificiale) e dove ci sono condizioni ideali per far nascere un nuovo vantaggio competitivo (l’economia medicale). Non ci sono scorciatoie e non ci sarà un sostituto del settore dell’auto, perché le condizioni che generarono quell’addensamento non si verificheranno mai più. La concordia istituzionale tra Comune e Regione, che spesso citiamo, per noi è un valore ed una leva su cui costruire efficacemente lo sviluppo del nostro territorio.

Torino, oltre la crisi dell’automotive

Secondo la classificazione delle città europee adottata dall’Ocse e dall’Unione Europea, ci sono ben 83 città medie che competono con noi. Tra venti anni metà di loro sarà diventata piccola, l’altra metà ce l’avrà fatta. Da che parte vogliamo stare? Il nostro destino non è già determinato, è frutto delle scelte che facciamo oggi. Noi torinesi – tutti: cittadini, imprenditori, politici – siamo chiamati a decidere adesso quale futuro vogliamo per la nostra città, per i nostri figli. Torino è una città grandiosa e non solo per i tanti primati che ci piace ricordare. Qui, si radicano sapere e capacità. Ingegno e concretezza. La bellezza e la virtuosità. Siamo un connubio di storia e futuro, in un circolo virtuoso che si alimenta quotidianamente. Torino affonda le radici nell’industria e nell’impresa. Il suo essere una città discreta ha contribuito a renderla concreta, ricca di passioni da cui è generato nel tempo valore per i suoi cittadini e per l’Italia. Non c’è settore e non c’è filiera in cui non abbiamo dimostrato le nostre capacità. Siamo protagonisti nella meccanica, nella meccatronica, nella gioielleria, nell’alimentare, nell’arte, nella moda, nella chimica e nella tecnologia. A Torino la cultura e l’ingegno guidano l’idea: un connubio di creatività e sapere che sappiamo tradurre in sostanza, in saper fare. Ovunque, nel mondo, c’è un pezzo della nostra città: ciascun di noi può con orgoglio riconoscere il frutto del suo lavoro girando per strada, guardando al cielo o entrando in un negozio. Qui vive e cresce un’industria eterogenea che ha saputo reagire con resilienza ai momenti più difficili, diventare protagonista a livello internazionale e crescere. Torino è e sarà sempre la casa dell’industria. Ma la cifra del nostro essere non è nel nostro passato. È in una parola: innovazione. Per creare sviluppo e posti di lavoro è necessario avere il coraggio di realizzare una politica industriale per le filiere capace di esaltare le potenzialità di grandi, piccole e medie imprese che insieme caratterizzano la nostra industria. Questi sono mesi complessi e certamente lo saranno anche i prossimi. La crisi del settore automotive è un fatto. Non è un problema solo italiano, ma qui colpisce di più e profondamente un’intera filiera. Proprio per questo è urgente una politica industriale europea sul settore, un mobility act: come è accaduto con il chips act, con le giuste condizioni, Torino non potrà che essere il “centro di competenze” per tutta l’Europa. Non possiamo pensare a politiche di sviluppo che non mettano al centro la produzione e l’industria italiana ed europea, partendo da obiettivi comuni ma con una parola d’ordine: neutralità tecnologica! Diciamocelo chiaramente: le nuove regole europee hanno colpito una filiera di eccellenza della manifattura. Le catene di fornitura sono fortemente integrate e le scelte obbligate delle case automobilistiche stanno già incidendo sulla nostra industria meccanica. Il NO ai motori termici ha significato fare una scelta deterministica, abbandonando il metodo scientifico che ha guidato tutte le innovazioni nei secoli.

I dati attuali mostrano, infatti, che le auto elettriche rappresentano solo il 14% del mercato europeo e appena il 3,3% in Italia. È evidente che le previsioni non si sono realizzate e la concorrenza cinese è forte, e questo, lo sappiamo bene, non riguarda solo il settore automotive. Non solo, l’incertezza blocca la vendita di tutte le auto in Europa e questo genera, a cascata, l’interruzione degli impianti e la cassa integrazione degli occupati delle nostre aziende. E da qui al 2035 è inevitabile che la crisi del settore sarà ancora più forte. Oggi abbiamo bisogno di tempo, con un unico obiettivo: alleggerire le sanzioni a carico dei produttori e riaprire ad altre opzioni tecnologiche in grado di garantire una maggiore sostenibilità del settore, non solo economica, ma anche industriale e sociale, nonché in ottica di economia circolare. Ci consentirebbe di ripensare le produzioni evitando uno shock industriale oltre che emotivo. Non è una posizione di retroguardia o negazionista. Tutt’altro: vogliamo ribadire la forza della ragione e far sì che sia la conoscenza a guidare le scelte per il futuro nostro e dei nostri giovani, dando spazio alla concorrenza, quella sana, in cui siamo tra i più bravi se non i migliori! Puntiamo quindi sul nostro vero patrimonio: L’“intelligenza industriale”. Oggi un’auto non è più solo un motore. È un articolato “server” ricco di componenti, di dati, di software e di elementi digitali. Non solo l’esperienza di guida è diversa da quella di anni addietro, ma l’evoluzione dell’auto spinge verso modelli di servitizzazione, agganciati alle smart cities. La libertà che l’auto ha consegnato a milioni di cittadini nel mondo resta tale, ma si coniuga con altri bisogni di libertà incentrati sul valore del tempo alla costante ricerca di un equilibrio vita-lavoro.

Se guardiamo ai dati, la ricerca e sviluppo nel settore automotive nel mondo nel 2022 valeva 169 miliardi di dollari all’anno. Francia e Italia sviluppano circa 3 miliardi di ricerca ciascuno, 6 miliardi in tutto, il 3,8% del totale mondiale insieme. La storia postbellica dimostra che nel lungo termine il successo nel settore si è concentrato, in decenni diversi, su coloro che hanno investito di più nella ricerca. È il caso dei giapponesi, dei tedeschi almeno fino agli anni d’oro del diesel. Ciò che sta succedendo in Cina è esattamente questo: se oggi sono leader nell’elettrico non è solo per le policy favorevoli o per le lobby: è una questione di innovazione e ricerca. La crisi dell’automotive non si risolverà mettendo a disposizione incentivi, salvaguardie temporanee. C’è bisogno di guardare con serietà al contesto e ritornare a investire nella ricerca e nell’innovazione, con una politica industriale dell’offerta concreta, seria e duratura per la transizione e l’innovazione. Proiettare Torino nel futuro non vuol dire abbandonare l’auto. Ma mettere insieme il nostro enorme capitale di conoscenza nel settore con l’innovazione tecnologica in cui ancora possiamo e sappiamo dire molto. Questa strategia, però, deve riguardare tutti i settori produttivi della nostra città. Dobbiamo continuare ad investire e crescere in quelli a più alto valore aggiunto e contenuto di creatività e tecnologia. Crescere nella dimensione delle imprese. Crescere nelle aziende capaci di proiettarsi internazionalmente, ossia di esportare, anche nei servizi. Torino produce un valore aggiunto di 68 miliardi, che rappresenta il 55% del Piemonte e il 4,2% dell’Italia. Questi numeri vanno consolidati e potenziati per far sì che la nostra ampia diversificazione produttiva trovi nuova linfa vitale. La sfida per la competitività passa per la tecnologia e per il digitale, ce lo ha ricordato Mario Draghi. Voglio essere provocatorio: passiamo dalle citazioni del piano ai fatti e mettiamo insieme le nostre eccellenze e l’innovazione per inventare nuovi prodotti, aprirci a nuovi mercati. Innovare è una condizione, non una possibilità. D’altronde due dei settori più importanti per la competitività tecnologica trovano casa qui. Pensiamo all’aerospazio: il Piemonte conta circa 450 aziende che danno lavoro a quasi 35.000 addetti con un output di 8 miliardi. Ed è solo l’inizio. La aerospace economy è protagonista delle politiche mondiali e non è solo uno spettacolo da guardare in tv: a pochi metri da noi si costruiscono aerei, moduli spaziali e tanta tecnologia che un giorno useremo quotidianamente. È un pezzo della nostra industria e noi siamo pronti a fare la nostra parte e prendendoci le nostre responsabilità: Torino è l’aerospace city italiana. Altro settore su cui possiamo fare la differenza è l’energia. L’energy mix ha casa qui. Qui abbiamo tutte le fonti necessarie per contribuire all’indipendenza energetica del nostro Paese e abbattere il costo dell’energia per le imprese. Qui a Torino lo sviluppo del nucleare di quarta generazione sta diventando realtà: siamo convinti che sia una strada da percorrere senza indugio.

Le nostre leve: università, ricerca e innovazione

Per chi fa ricerca nelle università, prima dei brevetti arrivano il confronto, la condivisione e, per dirla in digitale, l’open source. Non c’è nuova idea che nasca chiusi in una torre. Non dobbiamo proteggerci dalla curiosità. La nostra Torino è una città aperta. Torino è una zona economica strategica! Guardare l’erba del vicino non serve se non consentiamo al vicino di guardare anche il nostro giardino. Facciamoci vedere, apriamo le nostre porte e mostriamo all’Italia e al mondo quali sono le nostre virtù, le nostre capacità e le nostre intelligenze. Siamo già uno dei cento migliori ecosistemi emergenti per le start up a livello mondiale: giochiamoci le nostre carte! Non è un caso se tanta industria sia nata e continui a nascere a Torino e qui si sia affermato uno dei politecnici e università migliori al mondo. Le nostre università, anche internazionali, hanno consentito e consentono a tanti giovani di acquisire competenze chiave nelle materie Stem, nelle materie sociali ed economiche. Competenze che hanno messo a disposizione della nostra città per far crescere l’industria e che, al contempo, abbiamo esportato nel mondo. Centoventimila studenti su una popolazione di quasi un milione di abitanti sono un patrimonio su cui investire. Sappiamo bene che competere sulle produzioni di massa sarà sempre più difficile, ma raggiungere il nostro livello di sapere richiede anni di studio e di ricerca su cui fondare ogni avanzamento scientifico. Per questo dobbiamo e possiamo attrarre i talenti, perché siamo noi a poter offrire loro il meglio di ciò che abbiamo. Solo così saremo in grado di creare valore aggiunto e quindi di ridistribuirlo.

Voglio farvi un esempio: a Torino ospitiamo la fondazione AI4Industry. Dobbiamo avere l’ambizione di renderla una fucina di competenze internazionali, di know how di livello mondiale. Un luogo dove tutto il nostro sapere nel campo dell’IA e della manifattura tradizionale – dall’automotive allo spazio, dalla costruzione dei macchinari di precisione ai servizi a valore aggiunto – possa incrociare le migliori eccellenze. Vogliamo attrarre qui il meglio perché sia di stimolo a fare di più, a essere ancora più competitivi. Vogliamo e possiamo essere la casa del trasferimento tecnologico ed industriale! Ma dobbiamo essere incisivi sui progetti locali che hanno un respiro internazionale: le nostre città della salute e dell’aerospazio sono poli di innovazione, di ricerca e di industria irrinunciabili! Dell’aerospazio ho parlato prima. Guardando alla sanità, questo settore parla sempre più digitale: i progetti Pnrr su telemedicina e Fse ne sono una prova e gran parte dell’industria farmaceutica, ospedaliera e dei dispositivi medici fonda i suoi servizi e prodotti su una profonda integrazione. Noi possiamo essere una città leader in questi campi, ma bisogna volerlo. Con determinazione e convinzione. Occorre superare le difficoltà che bloccano la realizzazione delle due città e fare delle scelte in tempi rapidi e con tempi certi: chiediamo alla politica di definire una roadmap e lavorare insieme a noi per rendere questi progetti realtà. Non avremo una seconda chance!

Le nostre “leve”: Torino crocevia dell’Italia in Europa

Una città che sia aperta al mondo deve essere una città connessa, accessibile e sostenibile. Per un territorio che sia sicuro e accogliente. Stiamo assistendo ormai da anni a fenomeni climatici non più occasionali e di eccezionale portata, con danni per persone e aziende. Permettetemi di abbracciare gli amici dell’Emilia Romagna a cui va tutto il nostro sostegno.
Il territorio è un bene prezioso che va manutenuto in una logica di sviluppo. Realizzare le infrastrutture che servono e farle bene fa parte della cura. Dai nostri stabilimenti, partono ogni giorno prodotti destinati ai mercati nazionali ed internazionali. Parlare di infrastrutture non deve essere un tabù, né dovrebbe essere un terreno di scontro. Tanto meno è accettabile continuare a rimandare decisioni necessarie sulle infrastrutture che servono al Piemonte e a Torino. Bisogna agire in modo veloce e con responsabilità. La Metro2, uno dei progetti più importanti per la città è finalmente iniziato, ne è un esempio e rappresenta un’opportunità di sviluppo e coinvolgimento per le nostre piccole, medie e grandi imprese oltre che un tassello per la crescita della nostra Torino. La stessa determinazione deve riguardare Tav e valichi transalpini. Per il Fréjus gli interventi previsti non consentiranno di tornare a una normalità fino a metà del 2025. Un’eternità. Per il Bianco è imperativo il potenziamento dell’infrastruttura oltre che la manutenzione, l’attenzione posta dal governo regionale e nazionale su questo tema merita un plauso ed insieme vogliamo che i tempi siano definitivamente certi. La Tav vive di rinvii continui: il primo Frecciarossa per Genova partirà nel 2026 e la Torino-Lione vedrà la luce se tutto va bene nel 2033. Tempi lunghissimi se si pensa alla posta in gioco. Non è solo la città a pagare il prezzo. Ma l’Italia intera. Una rete logistica e di trasporto che funziona nei suoi terminali verso l’esterno, abilita la crescita economica, perché consente a tutte le merci e alle persone di viaggiare, di aprire nuovi mercati, e ai viaggiatori di scegliere facilmente il nostro territorio e il nostro Paese come destinazione. La mobilità è un fattore competitivo e ce lo insegnano Anversa, Rotterdam e Barcellona. Dobbiamo scegliere se è una priorità o no. Perché il tempo scorre e noi non vogliamo restare solo un punto su una mappa europea.

Le nostre “leve”: investimenti, capitali e persone

Noi vogliamo essere “un punto di arrivo ed anche un punto di partenza” per i giovani, per gli investimenti e per i capitali. Vogliamo essere attrattivi, diventare meta di interesse. I privati devono guardare a Torino, scoprendo qui un terreno fertile per creare ricchezza e opportunità. Non possiamo far affidamento su politiche di bilancio pubblico generose che tra incentivi e aiuti di stato hanno supportato in maniera spesso inefficiente il nostro modello economico. E, in generale, abbiamo sofferto più l’incertezza, la complessità della burocrazia che l’assenza di idee o di potenzialità. I fondi di investimento, le grandi risorse finanziarie disponibili nel mondo non verranno qui per un incentivo o due. Verranno qui se sapranno di poter realizzare concretamente ciò in cui credono. Se il sistema saprà accoglierli! Oltre a innovazione, ricerca e infrastrutture, occorrono una burocrazia e una politica fiscale di attrazione che non ci deprimano rispetto ad altri paesi europei. Vale per il costo del lavoro e più in generale per tutta la tassazione delle imprese. Qui ci aspettiamo risposte concrete dalla legge di bilancio. Certo, molto dipende da quello che succederà a Bruxelles e a livello nazionale – come dimostra il dibattito intorno al Rapporto Draghi – ma nulla toglie che l’amministrazione locale e regionale possono contribuire con forza a stimolare investimenti in innovazione, rimuovendo ogni ostacolo che dipende dalle proprie responsabilità amministrative.

Includere per crescere

La crisi demografica che stiamo vivendo non farà che acuirsi: ma senza giovani, non avremo futuro. Il pattern di consumi di un ragazzo o una ragazza è totalmente diverso da quello di un over 60. Pensare di fare a meno dei giovani è condannarsi al declino economico e culturale. Mettiamo al centro della politica della nostra città la questione migratoria e demografica. Non abbiamo paura di affrontare questi temi! Una città aperta che ha accolto generazioni di uomini e donne ha nel suo dna i valori dell’accoglienza e dell’integrazione.
Dobbiamo e vogliamo essere voce verso Roma e verso Bruxelles, consapevoli della necessità di investire su formazione e politiche di inclusione sociale per far sì che tutti abbiano una chance. La scuola è il luogo dove si forma la nostra società: inclusiva e capace di integrare e rendere parte di un sistema coeso tutte le sue componenti, vecchie e nuove, nessuna esclusa. Di giovani, d’altronde, si parla sempre, ma poco si fa. Vogliamo essere chiari, non sono la classe dirigente del futuro ma senza alcun dubbio sono il nostro presente. L’invecchiamento della popolazione rischia di farci vedere come lontane le esigenze di ragazze e ragazzi che, soprattutto dopo la pandemia, faticano a trovare un proprio posto nel mondo. Penso ai nostri universitari: dai nostri studenti vengono tante idee imprenditoriali che diventano start up, spin off universitari su cui il mercato può decidere di scommettere. Sono proprio le start up a mettere insieme innovazione e tradizione. Qui a Torino abbiamo industria, università, istituti di credito capaci di innescare un’ondata di innovazione imprenditoriale su cui orientare le risorse di investitori finanziari e corporate. Abbiamo anche il dovere di accelerare i percorsi di inclusione femminile nel mercato del lavoro. Tutte le statistiche ci dicono che le donne partecipano troppo poco al mercato del lavoro. È utile ribadire l’ovvio. È necessario dotarsi di tutte le strutture che possano favorire una migliore conciliazione vita-lavoro delle famiglie per evitare che il lavoro venga negoziato con la genitorialità. Le persone, per noi, devono essere la priorità. Mentre si discute dei posti di lavoro che verranno meno con l’intelligenza artificiale, cala il silenzio su come dare mezzi e strumenti ai nostri lavoratori per far sì che la tecnologia ne amplifichi e ne complementi le capacità. Non apriremo un dibattito sulle politiche attive del lavoro, ora. Dico solo che gli strumenti di protezione possono poco se non li associamo a investimenti nella formazione delle persone per la nuova economia. Anche qui possiamo immaginare percorsi specifici, in collaborazione pubblico-privato che mirino al reinserimento oltre che alla tutela. Permettetemi una sentita e doverosa considerazione su un tema che abbiamo a cuore: la sicurezza sul lavoro. Investire per rendere sicure le nostre fabbriche e i cantieri è una garanzia di affidabilità e di serietà. Non possiamo fare sconti a chi vede nella sicurezza un costo, ma certo ci impegneremo perché la sicurezza non si riduca a un fatto burocratico.
È un patto che stringiamo con le parti sociali e con la città, con lo sguardo rivolto ai tanti giovani di ogni nazionalità che lavorano nelle nostre imprese. Condividiamo l’importanza della “Carta di Lorenzo”, firmata giovedì scorso dal presidente Orsini, perché sia ancora più manifesto il nostro pensiero su un tema così cruciale.

L’Unione Industriali Torino

Affrontare le sfide che stiamo vivendo e che vivremo richiede impegno e collaborazione. Servirà la partecipazione di tutti, a partire dalla nostra Unione. La nostra associazione è la casa dell’impresa e degli imprenditori, dai grandi gruppi alle start up. Vogliamo essere una casa sempre più aperta, un luogo di confronto delle idee con tutti gli stakeholders, a disposizione della città, affermando sempre più la nostra vocazione responsabile, contribuendo a risolvere i problemi e a portare idee e proposte ai decisori istituzionali e ai tanti attori che possono essere al nostro fianco per rendere Torino orgoglio del Paese.
Attraverso il dialogo con tutte le parti sociali, partecipiamo alla costruzione di una visione per Torino che muova dalla nostra storia industriale e che sposi le frontiere dell’innovazione e della modernità. Sentiamo la responsabilità di proporre e contribuire alla Torino che vogliamo essere e abbiamo bisogno che vengano prese le decisioni politiche che ci permettano di costruire la nostra crescita e che il melting pot di sapere ed industria qui trovi casa anche in futuro e possa continuare a crescere.

Conclusioni

Sono e siamo fermamente convinti che possiamo accelerare e catalizzare tutte le migliori energie della città offrendo loro una prospettiva condivisa di sviluppo, concreta e possibile.
Sappiamo rialzarci quando cadiamo, senza paura di affrontare nuove sfide. Tocchiamo le corde dell’entusiasmo! Lavoriamo duramente, senza negare le difficoltà, ma affrontandole avendo consapevolezza dei nostri mezzi; ripartiamo dal nostro orgoglio del fare impresa, che è tanto ed è palpabile. Mettiamo a sistema le nostre leve: università, ricerca e innovazione, investimenti, capitali, persone e industria. La passione vive e vivrà ancora qui, e noi industriali siamo pronti a essere a fianco di Torino e dei cittadini per costruire insieme il nostro futuro.














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