Difesa, le 5 sfide di un’industria che continua a crescere. Con AlixPartners

di Laura Magna ♦︎ L’industria della Difesa vale 2.300 miliardi di euro nel mondo e circa 16 miliardi in Italia. E la spesa militare è in crescita, soprattutto in Europa. Un'opportunità per i player come Leonardo, Avio, Tecnam, Magnaghi Group, Boeing Defense, Space & Security, Northop Grumman, Raytheon, Lockheed Martin. E per i loro fornitori. Ma pesano cinque fattori: criticità nella supply chain, produzione in crescita, carenza di manodopera, decarbonizzazione del settore e crescenti tensioni politiche. Ne parliamo con Michele Mauri e Paolo Rinaldini

Lockheed Martin F-35 Lightning II

L’industria della Difesa vale 2.300 miliardi di euro nel mondo e circa 16 miliardi in Italia. Tensioni geopolitiche, conflitti in Ucraina e Medio Oriente e l’attenzione sempre maggiore alla sicurezza nazionale sono driver che continuano a trainare il settore. Ed è ovvio che questo rappresenti un’opportunità inedita e forse irripetibile per la miriade di piccoli e micro fornitori italiani – su cui dominano due grandi aziende come Leonardo e Avio Aereo, fornitori Tier 1 dei grandi produttori globali. Opportunità che sono connesse ad altrettante sfide epocali. «Prima fra tutte la rottura della supply chain che mette a rischio la produzione proprio in un momento di ramp-up, ossia la crescita dei programmi di difesa e commerciali, trainata dal forte aumento della domanda», spiega a Industria Italiana Michele Mauri, partner e managing director di AlixPartners Italia, società globale di consulenza. «E poi, l’industria deve affrontare una rinnovata attenzione per la qualità, lottare per accaparrarsi i pochi talenti disponibili e modificare le produzioni per rispondere a una domanda crescente di sostenibilità», aggiunge Paolo Rinaldini, anche egli partner e managing director della società di consulenza. Mauri e Rinaldini ci hanno illustrato i risultati dell’AlixPartners Aerospace, Defense and Aviation Outlook 2024 e fornito una chiave di lettura attraverso cui immaginare le future tendenze dell’industria globale e italiana.

Lockheed Martin, Boeing Defence, Northop Grumman e Raytheon Tech: i leader globali della Difesa che parlano americano

Chi sono i leader globali della Difesa? Si tratta di alcuni gruppi americani come Lockheed Martin, il più grande appaltatore della difesa mondiale, noto per la produzione di aerei da combattimento (es. F-35 Lightning II), sistemi missilistici, satelliti e tecnologie di difesa avanzate. Boeing Defense, Space & Security, la divisione di Boeing che si occupa di velivoli militari come il F-15, satelliti e tecnologie spaziali. Northrop Grumman, con focus su droni militari, tecnologie radar avanzate, satelliti e sistemi di difesa missilistica o Raytheon Technologies, che dei sistemi di difesa missilista, avionica e tecnologie spaziali è uno dei più grandi fornitori mondiali. E di aziende europee come la britannica Bae Systems, che costruisce l’Eurofighter Typhoon o la francese Thales Group nei sistemi di comando e controllo, radar, satelliti e tecnologie di comunicazione per applicazioni militari; e ancora la franco-tedesca Airbus Defence and Space (Francia/Germania), divisione dell’omonimo gruppo specializzato nella costruzione di arei commerciali, che è attivo anche nella costruzione di elicotteri militari come il NH90. E infine la tedesca Rheinmetall, leader nella produzione di veicoli blindati e artiglieria terrestre, come il carro armato Leopard e il sistema di artiglieria PzH 2000.







Leonardo, Avio, Tecnam, Magnaghi Group: un tessuto composito di industrie che fanno dell’Italia uno dei pochi Paesi al mondo a possedere le competenze per costruire un intero aeromobile. Ma il nanismo industriale rischia di essere un freno

Paolo Rinaldini, partner e managing director di AlixPartners.

L’Italia che è uno dei pochi Paesi al mondo che possiede tutte le competenze per costruire un aeromobile nella sua interezza. Ma sarà dunque cruciale investire in R&S, innovazione tecnologica, sostenibilità, formazione e collaborazioni internazionali. Solo attraverso un approccio integrato e proattivo, l’industria e italiana della difesa potrà continuare a crescere e mantenere la sua competitività a livello globale.

«Abbiamo aziende eccellenti in grado di progettare e costruire ogni parte di un velivolo, dalla struttura al motore, all’elettronica. Tuttavia la maggior parte di queste Pmi mancano della scala e delle risorse necessarie per partecipare direttamente a programmi internazionali di Difesa e questo è un grosso freno – spiega Rinaldini – diciamo che le fortune del substrato di fornitori sono ancora largamente legate a quelle di Leonardo, che è il principale contractor di difesa attivo su piattaforme proprie e internazionali».

Leonardo nel tempo ha coagulato al suo interno molte competenze e tecnologie italiane, acquisendo, per esempio Agusta, azienda fondata a Palermo nel 1923 e poi trasferita a Varese e oggi diventata Leonardo Elicotteri. In Leonardo era confluita anche nel 2002 Alenia Aermacchi. Ancora, Atr, joint venture paritetica tra Airbus e Leonardo, è un’altra eccellenza italiana che sviluppa i modelli Atr 42 e 72 turboelica. I fornitori e subfornitori sono un vero e proprio esercito: come le Costruzioni Aeronautiche Tecnam, fondata in Campania nel 1986 e attiva nella produzione di parti di aeromobili per Boeing e ATR e con una propria gamma di velivoli (il gruppo ha consegnato oltre 5.500 aerei in tutto il mondo). Nel napoletano ha sede anche Magnaghi Group, con attività in Brasile e Stati Uniti, e all’attivo la produzione di oltre 20mila carrelli di atterraggio per più di 7mila velivoli.

La manifattura italiana rifornisce di componenti anche i motori Rolls-Royce (che insieme a GE è il maggior fornitore di motori per velivoli a lungo raggio), che equipaggiano la maggior parte degli Airbus (palette, turbine, strutture in titanio, tubi). Ad esempio il gruppo Forgital con sede vicino a Vicenza è da tempo un fornitore partner di Rolls-Royce per strutture forgiate critiche e di grandi dimensioni, ad esempio il “mount ring”, l’anello che sostiene i motori alle ali degli aeromobili a lungo raggio.

E a proposito di GE, Avio Aero è il centro d’eccellenza torinese del gruppo, con focus sulle trasmissioni meccaniche e le turbine di bassa pressione. Avio Aereo produce componenti per motori per aerei commerciali e militari come il già citato Eurofighter Typhoon.

Le sfide che ha di fronte a sé l’industria della Difesa, in un contesto di domanda crescente. I trend che traineranno il mercato nel lungo termine e le strategie per cavalcarli

Michele Mauri, partner e managing director di AlixPartners Italia.

Per capire le dinamiche in atto nel mercato e le spinte a cui è sottoposta l’industria, è opportuno fare un piccolo passo indietro. A marzo 2020, con l’esplosione del Covid, sono stati interrotti tutti i voli commerciali. La produzione di aerei è calata e c’è stata una forte decrescita della domanda, che ha colpito anche la Difesa, seppur in misura minore. «Poi la domanda è ripartita, ma in un momento in cui erano ancora presenti problemi nella supply chain, ovvero difficoltà nell’ottenere materiali e parti dai fornitori – dice Mauri – difficoltà che si protraggono ancora oggi. Il traffico aereo è poi tornato a regime e ha alimentato una forte domanda di aeromobili commerciali, che i costruttori Airbus e Boeing stanno cercando di soddisfare aumentando i livelli di produzione. Purtroppo, stanno incontrando vari problemi, oltre a quelli della supply chain, ad esempio la mancanza di personale qualificato o l’incremento del costo del denaro, che penalizza gli operatori della filiera nel fare investimenti o nel gestire il normale aumento delle scorte in fase di crescita della produzione». Lo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022 e la situazione instabile in Medio Oriente sono stati poi due driver di forte crescita della spesa militare. Una serie di eventi che si sono susseguiti in maniera vertiginosa e che oggi, a fronte di una domanda record, mettono l’industria di fronte a forti sfide.

Sono cinque in particolare, secondo AlixPartners:

  1. Interruzioni nella catena di approvvigionamento: sebbene i tempi di consegna post-Covid stiano migliorando, persistono criticità legate a colli di bottiglia e alla qualità dei fornitori, che influenzano l’intera filiera della Difesa. “Il primo punto è che la supply chain è sotto stress dappertutto, con colli di bottiglia che bloccano la produzione – dice Mauri – Ci sono problemi legati a materie prime come ad esempio il titanio, difficile da reperire perché uno dei principali fornitori è la Russia”
  2. Incremento della produzione: l’industria aeronautica, sia nel settore commerciale che in quello militare, fatica a soddisfare la crescente domanda. I livelli produttivi stanno aumentando, ma non al ritmo che sarebbe necessario
  3. Carenza di manodopera: la carenza di personale qualificato rimane un ostacolo cruciale per l’industria. “Questo vale soprattutto in UK e USA, dove durante il Covid i tagli sono stati feroci ed è stato difficile poi recuperare – dice Mauri – La situazione è stata meno grave in nazioni come Italia, Francia e Germania, dove il Covid è stato gestito con ammortizzatori sociali, mantenendo le persone in stand-by”. Ma l’esperto evidenzia che la “guerra per i talenti” continuerà nei prossimi anni, rendendo più difficili i processi di crescita e sviluppo tecnologico
  4. Tensioni geopolitiche: oltre alla guerra in Ucraina, le crescenti tensioni a livello globale, come la crisi tra Israele e Palestina e le tensioni attorno a Taiwan contribuisce all’incertezza geopolitica e aumenta la pressione sull’incremento della produzione militare
  5. Sostenibilità: l’obiettivo di emissioni nette zero entro il 2050 per le aerolinee, insieme a nuove normative e incentivi, sta imponendo a tutta la catena del valore dell’aerospazio di perseguire strategie di decarbonizzazione.

I numeri della Difesa: la spesa militare continua a crescere in maniera continua ed esponenziale. Le aziende quotate crescono più dell’indice e le prospettive sono brillanti

E tutte queste sfide dovranno essere affrontate e vinte in un contesto in cui il mercato domanda sempre più produzione. La spesa militare globale ha raggiunto un nuovo massimo storico di 2.300 miliardi di dollari nel 2023, segnando il sesto anno consecutivo di crescita a partire dal 2017 (che chiudeva un triennio di spesa stabile dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014). In particolare, nel 2023 la spesa militare è cresciuta del 6% rispetto a un incremento medio annuo dell’1,8% dal 2014 al 2022. Gli Stati Uniti rimangono il leader indiscusso, con il 38% della spesa globale ma con un bilancio stabile.

La spesa militare globale ha raggiunto un nuovo massimo storico di 2.300 miliardi di dollari nel 2023, segnando il sesto anno consecutivo di crescita. Nel 2023 la spesa militare è cresciuta del 6% rispetto a un incremento medio annuo dell’1,8% dal 2014 al 2022. (Fonte: AlixPartners)

L’Europa, invece, ha assistito a un cambio di paradigma con un aumento senza precedenti della spesa militare (+14% in un anno). L’Ucraina ha registrato la crescita più forte, con un aumento del 51%, e la sua spesa militare rappresenterà più del 36% del suo PIL nel 2023. La Russia ha visto un aumento annuale della spesa militare del 29% nel 2022 e del 23% nel 2023, raggiungendo il 6% del Pil.

La guerra in Ucraina ha fatto impennare le spese militari in Europa, facendole crescere del 15% all’anno circa nel 2022 e 2023. (Fonte: AlixPartners)

La Cina continua la crescita delle spese militari (28 anni di crescita continua) e punta a diventare il contrappeso mondiale alle nazioni occidentali. Gli effetti del conflitto tra Israele e Palestina non sono ancora pienamente visibili nei numeri del 2023, ma si attende che porteranno ad un incremento significativo della spesa in tutta l’area del Medio Oriente.

Le esportazioni globali dell’industria della Difesa sono diminuite complessivamente del 3%, soprattutto a causa delle minori esportazioni da parte della Russia (-53%) e della Cina (-5%). Al contrario, le esportazioni sono aumentate da parte degli Stati Uniti (+17%), dell’Europa (+5%) e della regione Asia-Pacifico (+13%), con forte crescita della Corea del sud. Germania e Francia sono tra le prime 5 nazioni per export, ma mentre la Francia ha aumentato l’export del 47%, la Germania lo ha ridotto del -14%, aumentando la differenza tra le due nazioni.

Stati Uniti e Russia sono i paesi dominanti nell’export dei diversi segmenti militari; in Europa l’industria della Difesa francese è quella meglio rappresentata nei vari segmenti. La crescita è prevista in tutti i segmenti, ma è particolarmente pronunciata per i missili e l’artiglieria. «I produttori sono pienamente consapevoli dei loro obiettivi e stanno impiegando risorse significative per soddisfare un aumento senza precedenti dei volumi di produzione, guidati dalle esigenze dei Paesi NATO, ma anche da ordini interni che ora si stanno concretizzando», afferma Rinaldini.

Germania e Francia sono tra le prime 5 nazioni per export, ma mentre la Francia ha aumentato l’export del 47%, la Germania lo ha ridotto del -14%, aumentando la differenza tra le due nazioni. (Fonte: AlixPartners)

«Per quanto riguarda il total shareholders return, chi avesse investito 100 dollari nell’S&P 500 a dicembre 2018 ne avrebbe ottenuti 207 a fine 2023 – precisa Mauri – poco più dei 200 dollari che avrebbe ottenuto investendo nel settore della difesa medio (raddoppio del valore in cinque anni). Chi avesse invece investito nei top contractor USA (escluso Boeing) avrebbe ottenuto un 10% in più, ovvero 220 dollari. Le aspettative di crescita del settore difesa per il periodo 2023-2027 sono positive, sia in termini di ricavi che di profitti».














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