Competitività UE: più capitali privati e innovazione, meno regole. I commenti degli imprenditori italiani al rapporto di Draghi

di Barbara Weisz ♦︎ Innovazione tecnologica, sostenibilità coniugata alla crescita e più difesa. Questi i tre pillar per rendere l'UE competitiva secondo Mario Draghi. L'ex numero uno di Bce è stato l'ospite d'onore a un convegno al Kilometro Rosso, davanti a imprenditori, ricercatori, associazioni di settore. Giovanna Ricuperati, Confindustria Bergamo: «evitare fughe in avanti come quelle sull’automotive o sul Cbam». Giorgio Metta, Iit: integrare l'IA nell'industria per spingere la produttività. L'appello di Salvatore Majorana al Governo: investire sui parchi tecnologici, esclusi dal Pnrr. E sui dazi alla Cina...

A fare la differenza nella perdita di competitività del sistema economico e industriale europeo negli ultimi 20 anni è un unico settore: la tecnologia. «Se togliamo il segmento high-tech dal resto dell’economia Usa, vediamo che la produttività è analoga a quella europea. Anzi, negli ultimi dieci anni la produttività europea è stata un po’ superiore». Mario Draghi, ospite d’onore al convegno del parco tecnologico Kilometro Rosso dedicato al ruolo dei centri di innovazione per la competitività, insiste sull’accelerazione necessaria all’Europa per restare protagonista sul mercato globale. Nel rapporto sul futuro della competitività presentato nei giorni scorsi alla Commissione di Bruxelles, l’innovazione tecnologica, insieme a sostenibilità coniugata con la crescita e difesa, è indicata come uno dei tre ambiti su cui il Vecchio Continente deve puntare maggiormente per recuperare terreno. Draghi, davanti a una platea di imprenditori, ricercatori, associazioni di settore, sottolinea il senso d’urgenza che il suo rapporto imprime a quella che appare come una sfida epocale. Ora «la cosa più importante è decidere e agire».

La sua impostazione viene applaudita. Alberto Bombassei, fondatore di Brembo ma in questo caso padrone di casa in qualità di presidente di Kilometro Rosso, definisce «un messaggio di straordinaria forza l’appello di Draghi a realizzare con urgenza riforme senza precedenti, rivolto a governi e istituzioni». Giovanna Ricuperati, presidente di Confindustria Bergamo, critica l’Europa che dovrebbe «evitare fughe in avanti come quelle sull’automotive o sul Cbam, che rischiano di deindustrializzare l’intero continente. Non ci vogliono regolamenti, ma azioni di sviluppo, coinvolgendo territori e imprese».







Alberto Bombassei, presidente emerito di Brembo e presidente di Kilometro Rosso

Le critiche all’eccesso di regolamentazioni europee, oltre che alle direttive come il Green Deal che hanno individuato obiettivi troppo ambiziosi non accompagnati da adeguate strategie industriali, arrivano anche da Draghi. Ricuperati propone Kilometro Rosso come modello di trasferimento tecnologico che può «dare impulso dal basso alla politica industriale europea». Il direttore scientifico della struttura, Salvatore Majorana, sottolinea la richiesta al Governo di una maggior attenzione ai parchi scientifici, esclusi dai finanziamenti del Pnrr. «Abbiamo aperto un tavolo di confronto insieme a Innovup, che raccoglie startup e incubatori, ma dopo più di un anno non è ancora successo nulla».

L’innovazione tecnologica sta già portando e prevedibilmente continuerà a provocare cambiamenti anche sociali. «Questa profonda trasformazione dell’organizzazione industriale richiede un sistema di welfare forte», sottolinea Draghi. È un filone in cui si inserisce Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri: «abbiamo qualcosa in UE che forse non ha nessun altro, il sistema sanitario universale. Non c’è in Usa, in Cina, in India». La sua proposta, nell’ottica del nuovo salto in avanti che deve fare l’Europa secondo il report Draghi, è quella di un sistema sanitario europeo e una struttura pubblica europea per il farmaco che coordini ricerca, sviluppo e produzione.

L’Unione su cui insiste Draghi è invece quella del mercato dei capitali. L’ex banchiere centrale non ha dubbi: gli investimenti per il rilancio della competitività dell’Europa, stimati in 800 miliardi annui, arriveranno per lo più dal settore privato. «Ci sarà sicuramente creazione di debito pubblico comune, e anche di debito pubblico nazionale. Ma il protagonista sarà il settore privato. E perché questo avvenga, ci vuole un mercato unico dei capitali. La possibilità di poter investire, emettere, finanziarsi, prendere mutui, su scala europea». Davanti a una platea formata dal tessuto produttivo, insiste forse più su questo aspetto che non sugli eurobond.

Tecnologia: per competere con Usa e Cina servono capitali privati

Giorgio Metta, direttore dell’Iit di Genova.

La tecnologia è insieme il punto dolente del recente passato e l’occasione per il futuro. L’Europa ha perso terreno durante la prima rivoluzione digitale guidata da Internet, e non può commettere lo stesso errore nella nuova fase aperta dall’intelligenza artificiale. Negli Usa il rapporto fra i big della tecnologia con ricerca e sviluppo è strettissimo. «Il reparto ricerca e sviluppo di Google pubblica più paper delle università Mit, Stanford e Harvard messe insieme. L’interscambio fra università e imprese è continuo. I docenti passano periodi di studio in questi centri di ricerca». Al di qua dell’oceano, invece, le imprese all’avanguardia in R&S sono nell’automotive. «Questa era la situazione negli Usa 20 anni fa, insieme alle società farmaceutiche», rileva Draghi.

Sulle due sponde dell’atlantico c’è un rapporto inverso fra risorse pubbliche e private. «Negli Stati Uniti l’80% dei finanziamenti è privato e il 20% arriva dal settore pubblico. Da noi è l’opposto, 80% pubblico e 20% privato. In realtà, in percentuale al Pil il pubblico spende come il governo americano». Ma c’è una gestione meno efficiente. «Solo il 10% dei finanziamenti avviene a livello europeo, il resto è nazionale, con programmi frammentati».

C’è una grossa differenza anche nelle risorse che arrivano dal mondo produttivo. «Ogni anno le imprese private statunitensi spendono in ricerca e sviluppo 280 miliardi di dollari più di quelle europee». Quindi, «dobbiamo spendere di più in ricerca e innovazione».ì

Sul ruolo dell’IA si sofferma Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova: «è una tecnologia che scaricata a terra su applicazioni industriali può fare una grande differenza». Questo aspetto viene sottolineato anche dal report, secondo cui l’IA generativa, in forte evoluzione, offre ancora alle aziende UE l’opportunità di ritagliarsi una posizione di leadership, e l’integrazione verticale dell’IA nell’industria rappresenta un fattore critico per la produttività. Metta aggiunge un altro elemento: «l’IA impatta anche sul modo in cui facciamo scienza. La scienza di base si nutre dell’elaborazione dati dell’IA».

Per accelerare l’innovazione tecnologica in UE servono 800 miliardi. All’anno!

Per finanziare la rivoluzione tecnologica e sostenibile in base al rapporto l’Europa ha bisogno di 700-800 miliardi annui. Draghi ci tiene a sottolineare che queste cifre sono della Commissione UE e della Bce, il report si limita a recepirle, e si basano sui programmi. «Sono tutti impegni annunciati, su cui viene calcolato il fabbisogno di investimenti. Non sono investimenti nuovi, ma spese già previste. La domanda è: si faranno? Sono obiettivi approvati, e c’è un importante impegno politico per realizzarli».

A frenare la competitività dell’UE è la bassa produttività rispetto a Usa e Cina. Il problema del Vecchio Continente è che negli ultimi 20 anni è stato restio a investire sull’innovazione. Per recuperare il terreno perso servono investimenti per 700/800 miliardi all’anno. (Fonte: Bergeaud. A. Cette. G. & Lecat. Productivity Trends in Advanced Countnes between 7890 and 2012. Renew of Income and Wealth. Vol 62. No. 3)

La strada maestra da percorrere è il mercato unico dei capitali. Consentirebbe alle imprese di finanziarsi su scala europea. «Bisogna unificare borse, banche, il sistema di mutui. La discussione è ripresa da sette, otto mesi. In realtà, è però iniziata da 15 anni, nel senso che l’impegno di creare un mercato dei capitali unico è vecchio. E io sono ottimista, credo che si vada avanti».

Un mercato efficiente stimola la produttività delle imprese. Lo dimostrano i casi di Svezia, Danimarca, Olanda. «In Svezia, dove la produttività è alta, c’è un mercato dei capitali molto sviluppato – segnala Draghi -. L’economia svedese dipende più dal mercato che dalle banche. Il 70% degli investimenti è finanziato sul mercato e il 30% dalle banche. In Germania, le percentuali sono opposte, in Italia il 75% degli investimenti è finanziato da banche e solo il 25% dai mercati.

Attenzione: «la Svezia ha anche un settore high-tech molto sviluppato, in una varietà di settori industriali: biotecnologie, difesa, ingegneria, IA. In Olanda e Danimarca la situazione è simile».  Settore tecnologico e finanza sono due ingredienti base della ricetta per la competività dell’Unione Europea. Draghi è certo che si arriverà all’emissione di debito pubblico europeo. Argomento che ha trattato anche nel colloquio con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la quale si è espressa a favore degli eurobond.

Ma ci sono anche cose più modeste e rapide che si possono fare. «Il nostro report suggerisce l’introduzione di uno Statuto per le piccole imprese innovative, che avrebbero un’identità digitale europea unica con un sistema di leggi armonizzato.

Il caro energia frena l’innovazione. E sulla svolta green dell’UE…

Sul fronte della sostenibilità e dell’energia, l’Europa ha puntato per anni sull’energia a basso costo dalla Russia, e oggi pur avendo diversificato drasticamente l’approvvigionamento «paghiamo ancora l’energia da due a quattro volte più di Usa e Cina. Contemporaneamente, ci siamo dati gli obiettivi di cambiamento climatico più ambiziosi del mondo. Questi due aspetti insieme provocano disallineamenti far politica industriale, commercio estero, politica climatica. Una parte del rapporto individua questa mancanza di allineamento. È particolarmente rilevante nell’auto, ma riguarda anche altri ambiti».

«Nell’automotive sono stati fissati obiettivi al 2025, 2035, 2050. Ma non è stato chiesto lo stesso ai fornitori di energia per far andare i veicoli elettrici. Non sono state costruite le reti». Le infrastrutture dovranno essere parte di progetti pubblici, sulle reti serve un piano europeo.

Il conflitto fra Russia e Ucraina ha portato a ad aumenti importanti del prezzo dell’energia, fatto che sta pesando sulla competitività dell’ industria UE. Secondo Draghi, lLa decarbonizzazione deve abilitare la crescita, non rappresentare un ostacolo.

La decarbonizzazione deve abilitare la crescita, non rappresentare un ostacolo. E bisogna abbassare il costo dell’energia. «I due obiettivi sono strettamente collegati: ridurre la carbonizzazione e fornire l’energia a prezzi più bassi». Qui il punto è che «noi paghiamo troppo il gas». L’ex presidente dell Consiglio cita alcuni dati del ’22, anno in cui il gas ha rappresentato il 67% del costo di tutta l’energia europea, pur contando per il 22% nel mix utilizzato. Ora abbiamo ridotto la dipendenza dal gas russo, «ma importiamo gas liquido, che è più caro. Le rinnovabili costeranno meno, ma ne frattempo dobbiamo usare il gas. Uno dei suggerimenti nel rapporto è una riforma del mercato che disaccoppi gas e altre fonti energetiche». La tradizionale apertura dell’Europa verso altri mercati, sia come destinazioni delle proprie merci sia come fornitori, rappresenta in questa nuova fase geopolitica una debolezza.

I dazi alla Cina? Ci vuole cautela

«Oltre il 50% del pil europeo dipende dall’interscambio, rispetto al 27% degli Usa». Questo modello su cui si basa la metà del prodotto europeo «funziona bene se tutti osservano le stesse regole. Quando gli altri non le rispettano, noi siamo i più esposti».  La reazione deve però essere ponderata. «Non possiamo erigere muri tariffari come stanno facendo Usa e Cina proprio perché siamo più esposti alla risposta degli altri paesi». La strada indicata è «procedere con cautela, settore per settore», e in base a un principio chiaro: «se il prodotto cinese o della concorrenza costa meno ed è migliore, va bene. Il problema sorge quando la differenza di prezzo dipende da un intervento dello stato. In questo caso, la concorrenza è sleale, quindi va bene il dazio». Comunque, la strada negoziale è quella preferibile.

Le regole? Sono troppe e minano la competitività

Altra correzione in corsa necessaria in Europa: «contenersi nella legislazione che produce. La Commissione ha già colto questo invito. L’idea è quella di creare un ufficio per filtrare tutti i regolamenti, e chiedersi se effettivamente aumentano la competitività». Il mercato interno europeo conta 450 milioni di persone, una dimensione adeguata. «Ma è frammentato da standard diversi, leggi, regolamenti, tassazioni, leggi sull’insolvenza». La commissione deve concentrarsi sugli aspetti legati alla crescita della competitività e del mercato unico.

Più sostegno ai parchi tecnologici: l’appello di Kilometro Rosso al Governo

Salvatore Majorana, direttore Kilometro Rosso

Concludiamo con una considerazione di Salvatore Majorana, che porta avanti una battaglia per chiedere al Governo il riconoscimento dei parchi scientifici come soggetti riconosciuti del trasferimento tecnologico, che lei renda ammissibili ai finanziamenti come quelli del Pnrr. «Il rapporto Draghi sottolinea come gli investimenti in innovazione siano incoerenti con i piani di sviluppo europei. Il Pnrr ci ha dato risorse per il trasferimento tecnologico pari a 350 milioni di euro, ma queste risorse non sono accessibili ai parchi scientifici».

Majorana sottolinea che «nelle economie più avanzate i parchi scientifici sono al centro delle politiche di sviluppo. La Cina vede fiorire le città dell’innovazione. Negli Usa ci sono casi analoghi, pensiamo ai 39 miliardi di dollari per recuperare competitività nella microelettronica, che favoriscono i progetti dei parchi scientifici. Si muovono in questo senso anche le economie in via di sviluppo. La Turchia abbatte le tasse per le aziende dei parchi scientifici».














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