Report Cna Veneto: a giugno calano (-5%) le imprese artigiane a Padova

In termini di calo percentuale tuttavia la città conquista la seconda posizione per capacità di tenuta dopo Verona (-1,6%)

In termini di numerosità di imprese la provincia di Padova si riconferma la prima della regione con 85.308 aziende che hanno sede legale sul territorio

L’economia di Padova sta affrontando sfide, ma si mantiene meglio rispetto alla media veneta. Quasi tutti i parametri fondamentali mostrano segnali positivi, ad eccezione delle imprese artigiane, che rappresentano uno dei motori strategici dell’economia regionale e hanno contribuito alla ricchezza e allo sviluppo di questa zona del Paese. A fronte di una media regionale che vede un calo del 4% a giugno 2024, infatti, Padova registra un più allarmante -5% rispetto al dato prepandemico del dicembre 2019, attestandosi a quota 23.792 imprese. A dirlo sono i dati su base provinciale raccolti dall’Osservatorio economia e territorio di Cna Veneto secondo cui il Pil regionale, nel 2024, registrerà una crescita economica leggermente superiore all’anno precedente (+1,1%): una tendenza che dovrebbe consolidarsi nel 2025 con un Pil in aumento di 1,3%. Rispetto al periodo pandemico la crescita, su scala regionale, è evidente (+4,8%) ed è superiore a quella nazionale (+4,4%).

In termini di numerosità di imprese la provincia di Padova si riconferma la prima della regione con 85.308 aziende che hanno sede legale sul territorio (Verona è seconda con 83.742). Un numero che, pure flettendo dell’1,7%, rimane comunque inferiore a una media regionale pari al -2%. Nella speciale classifica delle province che hanno registrato un calo minore del numero delle imprese, Padova si colloca in quarta posizione dopo Venezia (-1%), Vicenza (-1,3%) e Treviso (-1,6%) ma prima di Verona (-2,2%), di Belluno (-3,5%) e di Rovigo, maglia nera in regione con un -6,7%. Sempre in negativo ma meno peggio della media delle 7 province del Veneto il dato relativo alle esportazioni al primo trimestre 2024. In questo caso Padova registra una flessione del -3,7% rispetto al primo trimestre del 2023 e ha esportato beni per oltre 3,3 miliardi di euro confermandosi in numeri assoluti la quarta provincia della regione dopo Vicenza (5,6 miliardi di euro), Treviso (3,86 miliardi di euro) e Verona (3,85 miliardi di euro).







In termini di calo percentuale tuttavia Padova conquista la seconda posizione per capacità di tenuta dopo Verona (-1,6%) e prima di Belluno (-4,3%), di Rovigo (-5,6%) ma anche delle più solide Vicenza (-5,6%) e Treviso (-6,7%). Malissimo va invece a Venezia dove l’export del primo trimestre del 2024 flette addirittura del 12%. In un contesto regionale caratterizzato da una brusca frenata negli investimenti (in Veneto al 1,4% nel 2024 contro il 4,5% del 2023) anche in questo caso Padova sembra reggere meglio di quasi tutte le altre province della regione (fatta eccezione per Belluno, -1,6%) e registra un calo dei prestiti alle imprese di un comunque non positivo -4% a quota 12,27 miliardi di euro. Una contrazione che rimane comunque sensibilmente inferiore ad una media regionale al -7,7%. Una nota positiva è il superamento da parte della città e della sua provincia della soglia dei 2 milioni di presenze turistiche (2,07 milioni) solo tra gennaio e maggio 2024 con una crescita del +5,2%. Una performance inferiore ad una media regionale del +8,4% ma che comunque conferma la provincia come la terza meta turistica veneta dopo Venezia (8,7 milioni di presenze e una crescita del +12,5%) e Verona (5,1 milioni di presenze e una crescita del +5,6%).

L’opinione di Luca Montagnin, presidente di Cna di Padova e Rovigo

«Se cala il numero delle imprese cresce sostanzialmente il numero dei dipendenti per ciascuna di esse – spiega Luca Montagnin, presidente di Cna di Padova e Rovigo. – Un dato che racconta, per lo meno in parte, anche il rafforzamento di quelle imprese artigiane che sono state in grado di crescere e dare lavoro sul territorio. Ma per leggere accuratamente questo dato negativo non si può non considerare anche la dinamica demografica di questi territori: dove ci sono meno giovani che si sposano e comprano casa, che acquistano un’auto e la devono mantenere c’è meno lavoro per gli artigiani che nel frattempo vedono sempre meno giovani in grado di prendere le redini delle loro aziende. Al di là dalle cause del fenomeno è inutile nascondersi dietro ad un dito: le imprese artigiane calano e questo rischia di essere una perdita per il territorio in termini di capacità di sviluppo, di distribuzione della ricchezza, di diffusione di quelle competenze che hanno fatto grande questo territorio».

Alla politica chiediamo di tornare a sostenere chi ha voglia di fare impresa tramite sgravi fiscali per chi parte con il proprio progetto, con il supporto per quelle strutture di accompagnamento che possono aiutarli a sostenere il proprio percorso imprenditoriale ma anche maggiore coerenze nell’intervento pubblico. Solo la coerenza e la stabilità delle scelte garantisce la programmazione degli investimenti anche ai giovanissimi e ai neo imprenditori. E invece che a nessuno interessi più il sostegno a quel pilastro dell’economia dei nostri territori che è l’artigianato. Una ricchezza di imprese e competenze che potrebbe ancora dare tanto alle nostre comunità e che invece viene sempre più dimenticato dai decisori”.














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