Sps Italia Position Paper 2024: IA, servitizzazione e platform thinking al centro della twin transition

di Barbara Weisz ♦︎ In occasione di Sps Italia è stato presentato il nuovo Position Paper, un documento che fornisce le linee guida per la trasformazione 5.0. Al centro l'IA, di cui tutti parlano, ma che pochi hanno integrato in azienda. E la maggior parte ammette di non avere competenze interne per adottarla al meglio. L'approccio platform thinking al sistema. Il ruolo della servitizzazione. Se ne è parlato all'evento di presentazione del position paper con Gabriele Guzzetti (Galbusera), Maurizio Mangiarotti (Gsk), Alberto Simoncelli (Kenvue), Paolo Foglio (Iveco Group), Stefano Faccio (Marelli Automotive Lighting) e Oronzo Lucia (Sps Parma)

«Un algoritmo che elabora set dati complessi e di grandi dimensioni e apprende con il tempo». È la definizione di intelligenza artificiale fornita dalla maggioranza delle imprese del comitato scientifico di Sps Italia. Un panel che per il secondo anno di seguito viene interpellato nell’ambito di una survey inserita nel Position Paper messo a punto dallo stesso comitato scientifico, che vuole fornire indicazioni e linee guida per le imprese alle prese con la trasformazione 5.0. Presentato a Parma, nel corso della più importante fiera dedicata all’automazione e digitalizzazione industriale, e giunto alla seconda edizione il report cerca di rispondere alla seguente sfida: «cosa si può fare perché le tecnologie generino valore aggiunto». Qualche risposta? Sicuramente introdurre l’intelligenza artificiale, perché anche se le aziende ne conoscono la definizione corretta «la strada è ancora lunga per arrivare a una completa maturità in questo campo». Più in generale, definire una precisa strategia nell’ambito della quale prendere decisioni sull’adozione delle tecnologie, un aspetto già toccato nella prima edizione e ora ulteriormente approfondito anche in relazione al salto in avanti dell’IA dell’ultimo anno. Infine, esplorare i nuovi modelli di business che vengono abilitati proprio dalle tecnologie, dalla servitizzazione al platform thinking.

Il tutto, tenendo presente il contesto in cui le aziende si muovono, caratterizzato da complessità, velocità di cambiamento anche digitale, continuo aggiornamento. E qui siamo a un altro focus contenuto nel Position Paper: l’anno scorso si parlava ancora di Industria 4.0, oggi siamo a Transizione 5.0, un modello di «fabbriche con il fattore umano al centro, sostenibili e resilienti» sintetizza Oronzo Lucia, coordinatore del comitato scientifico di Sps Parma. Questo non implica solo l’acquisto di macchinari e software che risparmiano energia, ma determina, si legge nel report, «uno spostamento e un orientamento su come la tecnologia debba diventare strumento per garantire all’uomo il miglioramento dell’ambiente di lavoro». Certo, «sviluppando contestualmente le performances dei processi produttivi, ma anche l’umanità del lavoro stesso e dell’ambiente in cui si svolge». È una vision che il Position Paper vuole proporre alle imprese, ben sintetizzata dal titolo: “Linee guida per una trasformazione digitale umano-centrica nell’era dell’intelligenza artificiale“.







Vediamo allora in cosa consistono queste indicazioni, anche in base a qualche domanda al coordinatore, Oronzo Lucia e al dibattito che si è sviluppato in sede di presentazione fra i membri del comitato scientifico Gabriele Guzzetti, operation director Galbusera, Maurizio Mangiarotti, vp engineering automation global supply chain di Gsk, Alberto Simoncelli, senior principal engineer di Kenvue, Paolo Foglio, manufacturing systems integration di manager Iveco Group e Stefano Faccio, head of machinery safety industry 4.0 & digital manufacturing operation di Marelli Automotive Lighting.

I membri del comitato scientifico di Sps Italia: Gabriele Guzzetti (Galbusera), Maurizio Mangiarotti (Gsk), Alberto Simoncelli (Kenvue), Paolo Foglio (Iveco Group), Stefano Faccio, (Automotive Lighting).

Il Position Paper 2024 si compone di tre volumi: il primo di carattere generale, che va dalla visione strategica all’individuazione dei nuovi modelli di business, il secondo alle architetture a supporto di sistemi e processi, e il terzo dedicato all’automazione avanzata e al passaggio da Industria 4.0 al 5.0.

La survey del Position Paper: le imprese conoscono l’IA ma sono pochissime ad averla già implementata, il primo ostacolo sono le competenze

Il punto di partenza è il livello di digitalizzazione delle imprese italiane. Negli ultimi anni hanno sicuramente fatto grossi passi avanti in questo senso, secondo un’analisi dei digital innovation hub di Confindustria basata su un test del Politecnico di Milano, la maturità digitale delle imprese è pari a 2,85 in una scala da 1 a 5. Fra i settori più avanzati, mezzi di trasporto, mobilità e logistica, Ict, servizi digitali e innovativi, meccatronica e metalmeccanica, scienze della vita e farmaceutico, chimica, gomma e plastica, agroalimentare, metallurgia, industria cartiera e del legno, tessile e moda, commercio, edilizia e costruzioni. Restringendo il campo alla sola adozione dell’intelligenza artificiale, il discorso cambia, in base alla survey del comitato scientifico di Sps Italia circa i due terzi delle imprese, il 78%, non ha ancora utilizzato questa tecnologia nei processi aziendali, o si è limitata a iniziative pilota, e il 51% ha integrato solo a livello minimo o parziale l’IA nei prodotti e servizi, mentre solo il 2% vanta già un’ampia offerta. E soprattutto, il 91% delle imprese ammette una mancanza di solide competenze interne.

il 78% delle imprese italiane non ha ancora adottato l’IA o si è limitata a iniziative pilota. Il 51% ha integrato solo a livello minimo o parziale l’IA nei prodotti e servizi. Il 91% delle imprese ammette una mancanza di solide competenze interne.

Proprio questa carenza di risorse adeguate è considerato il maggior ostacolo all’adozione dell’IA, 23,6%, con una percentuale nettamente più alta rispetto agli altri tre forti fattori frenanti: inerzia al cambiamento, rischi per la sicurezza dei dati, costi di implementazione. Sono tutti aspetti su cui il position paper cerca di fornire indicazioni sia strategiche sia pratiche. Sul nodo delle competenze, si insiste molto sulla necessità di fare formazione, sia sulle tecnologie e sulla loro adozione, sia sulla visione aziendale. In particolare parlando di intelligenza artificiale, che con ChatGpt è diventata alla portata di tutti, e sul cui impatto nella vita sociale come in quella lavorativa il dibattito è ampio e, forse, ancora agli inizi, il coinvolgimento dei dipendenti nelle scelte aziendali può fare la differenza. Fra i suggerimenti, quello di pensare eventualmente a una funzione aziendale di gestione del cambiamento, change agent.

Le motivazioni per cui le imprese pensano ad implementare l’IA sono l’esigenza di automatizzare i processi aziendali, semplificare le operazioni, abilitare risparmi ed efficienza in produzione, e risolvere problemi non affrontabili con altre tecnologie.

Come fare i primi passi nella Twin Transition, strategia e obiettivi di business vanno definiti prima di pensare alle tecnologie

Stefano Faccio, head of machinery safety industry 4.0 & digital manufacturing operation di Marelli Automotive Lighting Italy

Ma il primo passo da fare è coordinare l’adozione delle tecnologie con gli obiettivi e la mission aziendale. «Bisogna affrontare la twin transition in modo strategico, declinandola nella visione che l’azienda ha del proprio futuro – spiega Guzzetti -. Le aziende che hanno un production system, un sistema integrato di produzione, magari ispirato al tpm, total product maintenance, o al wcm, world class manufacturing, dimostrano che la digitalizzazione sta diventando un pilastro nuovo. I temi vengono affrontati esattamente come in tutti gli altri reparti, con un team multifunzionale. Si fa analisi delle perdite che la non digitalizzazione comporta, e si comincia a eliminare queste perdite».

«Non tutte le fabbriche sono uguali, per cui non esiste una soluzione valida per tutti. Le tecnologie vanno calibrate, senza fare il passo più lungo della gamba, e soprattutto bisogna inserirle in processi già ottimizzati» rileva Stefano Faccio di Marelli Automotive Lighting, che avverte: «la strategia ha un traguardo a 5 o 6 anni. Un orizzonte lungo per un’azienda, ma in questo caso è un fattore importante».

Maurizio Mangiarotti di Gsk individua i primi step del percorso, «prima si definiscono le business capability, e poi le capacità tecniche». Il position paper chiarisce che «la definizione delle business capability necessarie aiuterà a identificare i processi aziendali da digitalizzare». Questi andranno «prima ridefiniti con un approccio di tipo lean manufacturing per garantirne la massima efficienza e solo successivamente andranno evidenziate le technical capability necessarie e le tecnologie abilitanti ad imprimere un cambiamento ottimale».

L’IA e la catena del valore, cliente al centro e nuovi modelli di business: platform thinking e servitizzazione

Perché torna sotto i riflettori il tema del collegamento fra digitalizzazione e business? Non era già stata sufficientemente chiarito con il passaggio a Industria 4.0? A parta il fatto che anche sul 4.0 in realtà non sono poche le imprese ancora indietro, il punto è che le ultime tecnologie stanno dando una spinta decisiva all’economia dei dati. La digitalizzazione impatta sulla catena del valore, la rende una costellazione con il cliente al centro, può coinvolgere fornitori e altri partner della filiera.

Pensiamo al platform thinking. Si basa sull’idea di una piattaforma aperta, intorno alla quale si sviluppa un ecosistema, con l’interazione e lo scambio di valore tra diversi partecipanti. Quando si parla di platform thinking si pensa subito a modelli come Uber, Booking, ma in realtà il principio di base è applicabile a tutti i settori, compreso il manifatturiero. Prendiamo l’esempio di una scocca in lamiera. La sua fattura dipende dalla qualità della lamiera in entrata. Ma la lamiera la comprano gli acquisti, la trasportano i terzisti e la salda il processo. Condividere i dati sulla qualità iniziale del materiale, e su tutte le altre fasi, può aiutare il processo a regolare correttamente i parametri funzionali della linea di saldatura. In sintesi, una piattaforma di automazione industriale può facilitare la collaborazione tra diversi attori nella catena di produzione.

Il concetto di platform thinking si basa sull’idea di una piattaforma aperta, intorno alla quale si sviluppa un ecosistema, con l’interazione e lo scambio di valore tra diversi partecipanti.

Anche la servitizzazione impatta sul rapporto con il cliente, che non si esaurisce con la vendita ma ha un carattere più duraturo nel tempo. Gli Oem che adottano questo modello di business non vendono più solo il macchinario, ma i servizi collegati ad esso, dalla manutenzione all’aggiornamento al monitoraggio del risparmio energetico. Hanno quindi l’opportunità di differenziarsi attraverso un’offerta di servizi che è destinata ad arricchirsi sempre più con l’IA e i large language model. Ma questo richiede notevoli cambiamenti organizzativi: bisogna garantire affidabilità nel medio-lungo termine, strutturare bene i dati e analizzarli continuamente, prevedere revisioni periodiche del progetto macchina per implementare costantemente il servizio, aggiornare la contrattualistica.

Stesse considerazioni, lato end user. Si riducono costi fissi e investimenti in capitale, c’è meno necessità di supporto e manutenzione interna, ma si crea un forte legame con un unico fornitore, ci sono rischi legati alla condivisione di dati e conoscenze, e si riducono le competenze interne.

Come si vede, le imprese possono decidere di implementare una tecnologia, ad esempio l’IA, pensando a un’adeguata infrastruttura di sensori, rete, strumenti di simulazione e via dicendo. Grazie a queste scelte possono modificare anche profondamente non solo il prodotto o il servizio ma anche lo stesso modello di business. Ed è per questo che il tutto va ricondotto nell’ambito di una precisa visione d’insieme, con decisioni che riguardano il reparto tecnico (meglio se ci sono un chief digital officer, o chief automation officer), il ceo, quindi l’amministratore delegato che imprime la direzione all’impresa, e il cfo, che si occupa degli investimenti.

Le tecnologie della Trasformazione 5.0: intelligenza artificiale, perché non pensare a linee guida per le imprese? 

La tecnologia comunque è centrale, e la Trasformazione 5.0 parte dall’intelligenza artificiale. Qui il position paper suggerisce strategie anche a livello di sistema paese. L’Italia è fra i principali costruttori di macchine al mondo, e potrebbe dotarsi di linee guida per l’adozione dell’IA in ambito industriale affrontando aspetti normativi che rappresentino un terreno certo su cui muoversi per le imprese. La proposta è di formare un consorzio fra aziende Oem, per il tramite di associazioni di categoria (Ucimu, Ucima, Acimag, Anipla), Confindustria, e lavorare anche con università e competence center.

Nell’Industria 5.0, l’intelligenza artificiale viene declinata in soluzione di machine learning, deep learning, alle quali ora si aggiunge l’IA generativa, come abbiamo visto ancora agli albori. Per usare un esempio di immediata comprensione, pur molto riduttivo: i robot e i macchinari non solo imparano dall’esperienza e dagli errori, ma interagiscono con l’uomo in linguaggio naturale. Le altre tecnologie portanti di un’architettura IT/OT: edge e cloud computing, microservizi e containerizzazione del software, virtualizzazione dell’hardware, digital twin, protocolli di trasmissione dei dati, industrial IoT, modularizzazione, sensori di controllo e regolazione intelligenti e sistemi d visione, sistemi di trasporto flessibili.

Fondamentale un approccio corretto dell’implementazione di una piattaforma IT nel manufacturing, che va valutata e portata avanti in base alle reali esigenze operative. Altrettanto importante proteggere gli asset digitali e i dati sia con soluzioni tecnologiche sia formando le persone e coinvolgendo nella strategia di cybersecurity l’intera filiera produttiva.

Qualche dato sul comitato scientifico di Sps Italia

Oronzo Luciam coordinatore scientifico del comitato scientifico di Sps Italia

Il Comitato scientifico di Sps Italia è stato fondato nel 2010 da una ventina di aziende del settore, e oggi conta oltre 150 soci. Presieduto da Carlo Marchisio, il coordinatore scientifico è Oronzo Lucia, riunisce esperti, responsabili dell’automazione, aziende del machinery e utilizzatori finali, università. Fra i soci: Artsana, Barilla, Biesse, Carpigiani, Coca Cola Hbc, Fameccanica, Fedegari, IMA, Iveco Group, Michelin, Oleificio Zucchi, Peroni, Salvagnini, Scm, Tetra Pak, Vhit.

Organizza incontri periodici presso le aziende, con visite agli stabilimenti, mette a punto i temi dei convegni scientifici le cui migliori memorie ricevono il premio Sps Award Roberto Maietti.














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